mercoledì 30 novembre 2022

Le 21 rose della Costituente

  

VII° incontro - Le 21 rose della Costituente - Prof.ssa  Angelica De Felice - 23.11.2022


Vorrei iniziare questa chiacchierata ponendovi una domanda: c’è un momento storico, della storia del nostro Paese o della storia mondiale, in cui avreste voluto essere presenti? Che avreste voluto vivere? Io ci ho pensato diverse volte e, da appassionata di storia, i momenti per me sono tanti, ma ce n’è uno che spicca su tutti. Proprio questo momento descritto perfettamente da Pietro Calamandrei:

” Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del Fascismo, il 2 giugno 1946: questo popolo, che da 25 anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta in cui andò a votare dopo un periodo di orrori. Io ero a Firenze, queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio Paese, del nostro Paese, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro Paese”.

Il 2 giugno del 1946. Un giorno importantissimo per la nostra storia repubblicana. Per usare un termine moderno, può essere definito un “election day”. Come racconta Calamandrei, gli italiani furono chiamati a votare: dopo vent’anni poterono nuovamente esprimere la propria opinione, disporre delle proprie sorti, delle sorti del nostro Paese. 

La prima cosa per cui furono chiamati a decidere fu quale forma di governo dare al Paese; così, attraverso un referendum istituzionale, si doveva scegliere tra monarchia e repubblica. Vinse la repubblica, anche se per pochi voti. 

Il 2 giungo del ’46, inoltre, gli italiani furono chiamati ad eleggere l’Assemblea Costituente, un organo legislativo i cui membri avevano l’onore e l’onere di scrivere la nuova Carta Costituzionale italiana perché lo Statuto Albertino non era più adatto alla nuova veste repubblicana. La Costituente, formata da 556 membri, si insediò il 25 giugno 1946 e lavorò fino al dicembre del ’47. La nuova Costituzione verrà votata il 22 dicembre e il 27 firmata dall’allora presidente della Repubblica Enrico De Nicola; entrerà in vigore il 1° gennaio 1948. 

Il 2 giugno 1946 fu anche una giornata fondamentale per quanto riguarda la politica al femminile perché, non furono chiamati a votare solo gli italiani, ma anche le italiane che, per la prima volta nella storia del nostro Paese, poterono esercitare il diritto di voto attivo e passivo. Si compiva, quindi, nella storia d’Italia, il suffragio universale. 

Bisogna fare un passo indietro, però, perché bisogna specificare che la legge che dava il diritto di voto alle donne italiane era il Decreto legislativo Luogotenenziale n° 23 del 1 Febbraio 1945. Questa legge, però, concedeva soltanto il diritto di voto attivo, cioè la possibilità per le donne di eleggere, ma non di essere elette. Una dimenticanza cui si pose subito rimedio con il Decreto Legislativo Luogotenenziale n ° 74 del 10 Marzo 1946 che sancì, definitivamente, anche il diritto di potersi candidare e, quindi, essere elette. Si fece giusto in tempo perché nella primavera del ’46, tra Marzo e Aprile, si svolsero in alcune regioni italiane le elezioni amministrative, cui molte donne parteciparono ottenendo anche un buon risultato. 

Il raggiungimento di questo importante traguardo nel cammino verso l’emancipazione femminile era il frutto di lunghe battaglie che, in Italia, si intensificarono nel periodo post – bellico e furono portate avanti da associazioni come l’ UDI (Unione donne italiane) o il CIF (Centro italiano femminile) che si riunirono in un comitato pro – voto. Questo risultato, però, fu raggiunto perché le donne si erano conquistate sul campo questo loro diritto e, ora più che mai, non si poteva non riconoscerlo e accettarlo. 

Molti dirigenti politici avevano paura che l’estensione del voto alle donne avrebbe favorito l’astensionismo, ma dovettero ricredersi perché la partecipazione fu, invece, massiccia. Dovettero, quindi, accettare qualcosa che avrebbe dovuto essere scontato da tempo e riconoscere, inoltre, che nel delicato periodo storico che stavano vivendo, in un momento di “Ricostruzione”, le donne furono il fulcro della rinascita morale, civile, sociale del nostro Paese. 

Grazie all’impegno profuso nell’associazionismo e alle battaglie politiche e civili, il 2 Giugno del ’46, furono elette all’Assemblea Costituente 21 donne. Quante di queste 21 donne conosciamo? Certo, alcune sono un po’ più famose di altre perché ricoprirono delle cariche istituzionali, come Nilde Iotti, o Lina Merlin, famosa per aver abolito le case di tolleranza, la famosa «Legge Merlin». Altre le conosciamo perché legate a uomini politici importanti, come Rita Montagnana, moglie di Togliatti. E le altre? Eppure tutte hanno dato un contributo fondamentale alla vita politica e civile italiana, sono state le pioniere della vita politica italiana al femminile. Ecco, il mio intento, questa sera, è quello di celebrarle, ma anche di dare un piccolo contributo per la loro conoscenza per evitare che cadano nell’oblio.

Su 226 candidate solo 21 entrarono a far parte dell’Assemblea Costituente. Di costoro, 9 appartenevano alla Democrazia Cristiana, risultato che rappresentò, rispetto alle candidature, il maggior successo, 9 al Partito Comunista, 2 al Partito Socialista e 1 al Fronte dell’Uomo Qualunque, un partito affermatosi negli anni successivi alla guerra e che aveva riscosso, per qualche tempo, un certo successo. Delle 21 donne, cinque entrarono a far parte della Commissione dei 75, contribuendo direttamente alla stesura della proposta di Costituzione. Furono scelte perché avevano partecipato direttamente alla Resistenza: Angela Gotelli, Maria Agamben Federici, Nilde Iotti, Angela Merlin, Teresa Noce. 

In alcune foto d’epoca, le vediamo immortalate nel giorno di insediamento dell’Assemblea Costituente, I visi sereni e composti che quelle donne ostentano con fierezza stanno a testimoniare una novità dirompente per la democrazia e per il costume del nostro Paese. La mimica di quei volti, l’intensità di quegli sguardi, l’espressività del portamento parlano da soli. Loro sono lì, colte nell’attimo di un passaggio storico, consapevoli di essere protagoniste, ma disinvolte, leggere, festose. Tutte indossano un fiore bianco appuntato sul petto. 

Al di là delle divisioni politiche, queste donne ebbero delle matrici comuni sia di ordine culturale sia generazionale. Anzitutto individuano anagraficamente tre generazioni: la prima, delle nate a fine Ottocento, ebbe la possibilità di vivere gli ultimi anni dello stato liberale prima dell’avvento del regime; la seconda generazione risale al primo quindicennio del secolo, mentre l’ultima agli anni del Fascismo. La più giovane è Teresa Mattei 25 anni, la più anziana è Angela Merlin.

Le donne della prima generazione parteciparono alla vita politica anche senza diritto di voto, come Rita Montagnana che si iscrisse al Partito Socialista nel 1915, seguita da Angela Merlin e Teresa Noce nel 1919; come Angela Guidi che si iscrisse al PPI nello stesso anno. In seguito, alcune scapparono all’estero mentre altre, soprattutto le cristiane, si impegnarono nell’Azione Cattolica. Quelle della seconda generazione vissero la dittatura fascista: le comuniste si rifugiarono fuori dall’Italia, mentre le cattoliche entrarono nella FUCI, l’organizzazione degli universitari che sarebbe stata l’ambiente di formazione della futura classe dirigente cattolica. La guerra di liberazione le riunì tutte.

Geograficamente provenivano da tutta la penisola e la maggior parte di loro era sposata e con figli, a testimoniare che l’attività politico era consentito anche alle madri di famiglia. Avevano tutte studiato conseguendo un diploma di scuola superiore se non il titolo universitario: fra di loro c’erano 14 laureate. Molte erano figlie d’arte, come Elisabetta Conci, ma non si può certo dire che rimasero all’ombra degli uomini: possedevano ciascuna un’intensa vocazione e una passione politica interiore che permisero loro di superare anche gli ostacoli più duri.

Sicuramente, aldilà delle differenze politiche, nella formazione politica di tutte fu determinante la partecipazione alla Resistenza. Alcune furono combattenti di prima linea, come Laura Bianchini, Teresa Mattei e Nilde Iotti; altre si impegnarono nella seconda linea come crocerossine e staffette tra i partigiani: Maria Federici e Angela Guidi a Roma, Lina Merlin a Milano; altre ancora vissero con coraggio la loro resistenza in carcere e poi al confino, come Elettra Pollastrini, Adele Bei, Maria Maddalena Rossi, Lina Merlin, Rita Montagnana e Teresa Noce.

Non fu facile mettere insieme tutte quelle teste. Ma oltre allo scontro tra partiti, tra ideologie, ci fu anche uno scontro di genere tra le donne che avevano acquisito i diritti politici da poco e che cercavano in tutti i modi di difenderlo e di aprire la strada ad altri diritti. Una delle battaglie che unì trasversalmente molte di loro, ad esempio, fu quella inerente all’accesso delle donne alle cariche pubbliche e alla Magistratura. 

Si occuparono non solo di tematiche tipicamente “femminili”, come la famiglia e il principio di parità di genere, ma anche temi non direttamente collegati alla condizione della donna, come il sistema scolastico, il diritto di proprietà, il diritto al lavoro, ecc.


Adele Bei: 1904- 1976, Cantiano (Pesaro). Comunista. Contadina, militante, esule, partigiana, carcerata, confinata, sindacalista, costituente, parlamentare.

Nel 1948 entrò di diritto in Senato, come la legge prevedeva per tutti coloro che erano stati in carcere per almeno cinque anni durante il Fascismo. Si occupò di lavoro (sindacalista) e donne (sostenne la legge sul divieto di licenziamento di  chi sta per sposarsi). L’impegno parlamentare finisce nel 1963 a chiusura della III Legislatura, ma non finisce il suo attivismo politico.


Bianca Bianchi: 1914 – 2000, Vicchio (Firenze). Socialista (una delle due socialiste alla Costituente, insieme alla Merlin). Laureata in Lettere e Filosofia e poi Pedagogia. Partecipò alla Resistenza. Il 2 giugno, gli elettori premiano le idee, l’impegno e il carattere di Bianca Bianchi: viene eletta alla Costituente e designata segretaria di presidenza, insieme a Teresa Mattei. Viene eletta nel ‘48 nella I legislatura. Tra le altre cose, si impegnò a favore di una legge per la tutela dei figli illegittimi. Il partito non la ricandiderà più e lei torna alla sua passione di sempre: la scuola. Ci sarà una piccola parentesi come assessora al Comune di Firenze negli anni ‘70.


Laura Bianchini: 1903 – 1983, Castenedolo (Brescia). Democristiana. Laureata in Magistero all’Università Cattolica di Milano, docente.  

Durante la Resistenza è coordinatrice di un giornale clandestino «Il ribelle» e fa parte de «Le fiamme verdi», formazione partigiana autonoma di ispirazione cattolica. 

Nel ‘44 la DC le affidò il compito di organizzare i primi Gruppi di difesa della donna (GDD). Fu eletta alla Costituente, ma cessò la sua attività politica nel ‘52.  


Elisabetta Conci: 1895 – 1965, Trento. Democristiana. Laureata in Filosofia. Figlia di Enrico Conci, senatore. 

Eletta alla Costituente, fa parte della Commissione dei 18, che aveva l’incarico di integrare e armonizzare gli articoli prodotti dalle tre Sottocommissioni prima che essi venissero presentati all’Assemblea. 

In seguito, sarà eletta deputata nelle prime quattro legislature, fin quando una grave malattia la costringerà a lasciare il Parlamento nel 1965. Tra le varie leggi, è cofirmataria di una proposta di legge a sostegno dei giovani meritevoli che non possono portare avanti gli studi.


Filomena Delli Castelli: 1916 – 2010, Città Sant’Angelo (Pescara). Democristiana

Laureata in Lettere all’Università Cattolica di Milano. Entra nella Resistenza da crocerossina, prendendosi cura dei profughi. 

Viene eletta alla Costituente e, poi, nel ‘48 nella I legislatura e farà parte della commissione Istruzione e Arte. Farà parte anche della II legislatura perché ripescata al posto di un collega che sarà nominato giudice della Corte Costituzionale. È stata anche sindaca di Montesilvano. 


Maria Agamben Federici: 

1899- 1984, L’Aquila. Democristiana. Laureata in Lettere alla Sapienza di Roma, lavora come insegnante  all’estero nelle scuole che hanno adottato il metodo Montessori. 

Aderisce alla Resistenza romana e si occupa dell’assistenza ai reduci, ai perseguitati, ai profughi  e alle donne in difficoltà. Un lavoro di cura alle persone fragili che la accompagnerà per tutta la vita. 

Dal 1945 al 1950 presiede il CIF (Centro italiano femminile) che insieme all’Udi formerà un unico grande fronte per l’estensione del diritto di voto alle donne. Viene eletta alla Costituente e farà parte della Commissione dei 75. Sarà un punto di riferimento per le costituenti democristiane e si batterà per la tutela e la dignità delle donne nella famiglia, ma soprattutto per l’accesso delle donne alle cariche pubbliche e alla Magistratura. Questa la vedrà scontrarsi con gli uomini del suo stesso partito e fare, invece, fronte comune con le altre costituenti, come la Iotti e la Gotelli. Sarà eletta solo nella I legislatura.


Maria De Unterrichter Jervolino: 1902 – 1975, Ossana (Trento). Democristiana. Laureata in Lettere e Filosofia alla Sapienza. Sposa Angelo Raffaele Jervolino, fondatore del PPI e poi della DC, la loro sarà una delle cinque coppie all’interno della Costituente (Rita Montagnana e Palmiro Togliatti; Angela Maria Guidi e Mario Cingolani; Nadia Gallico e Velio Spano; Luigi Longo e Teresa Noce). 

Alla Costituente, farà parte della Commissione dei Trattati internazionali  dove segue la delicata trattativa con l’Austria sull’Alto Adige per tutelare gli abitanti di lingua tedesca sul territorio. 

Viene eletta nelle successive tre legislature e sarà sottosegretaria all’istruzione in tre governi. Nel 1963 lascia la politica attiva, ma continua ad occuparsi di cultura e istruzione.


Nadia Gallico Spano: 1916 – 2006, Tunisi. Comunista. Inizia gli studi di chimica a Roma, ma dopo due anni deve tornare a Tunisi per paura di persecuzioni: la sua famiglia è di religione ebraica,  anche se non praticante, e i suoi fratelli sono militanti.

A Tunisi conosce Velio Spano, esponente di primo piano del PCI, cui anche lei è iscritta. A causa della sua attività antifascista, sarà condannata a sei anni di carcere. 

Sarà tra le fondatrici dell’UDI, di cui sarà anche presidente. Si occupa delle donne, in particolar modo sarde. 

Il 2 giungo del ‘46, nel giorno in cui compie 30 anni, viene eletta alla Costituente. Nei lavori dell’Assemblea, la sua attenzione è rivolta alla famiglia, al sostegno delle donne, alla parità dei ruoli e alla battaglia per l’eliminazione della vergognosa doppia N che marchia i figli illegittimi. Farà parte delle prime due legislature, ma nel 1964, dopo la morte del marito, lascerà la politica attiva, pur continuando ad occuparsi di iniziative , soprattutto a sostegno delle donne.


Angela Gotelli: 1905 – 1996, Albareto (Parma). Democristiana

Laureata in Lettere classiche all’Università di Genova. All’indomani dell’8 settembre, entra nella Resistenza, un lavoro di supporto e fiancheggiamento  a chi combatte. 

Alla Costituente entrerà solo in seguito nella Commissione dei 75, in sostituzione di un collega e farà parte della Prima sottocommissione dedicata ai «Diritti e doveri dei cittadini». Anche lei, come la Agamben Federici e la Iotti, sosterrà la legge sull’accesso alle donne nella Magistratura. 

Sarà eletta nelle prime tre legislature e numerose saranno le proposte di legge avanzate in dieci anni di vita parlamentare, tutte concentrate sull’assistenza, la scuola, ecc. Parallelamente all’attività parlamentare, dal 1951 al 1958, è sindaca di Albareto, il suo  paese di origine.


Angela Maria Guidi Cingolani: 1896 – 1991, Roma. Democristiana. Laureata in Lingue e Letterature slave all’Università di Napoli, ma prima di finire gli studi si occupò di assistenza (profughi della Prima guerra mondiale), delle condizioni delle lavoratrici (diventa ispettrice del lavoro presso il ministero dell’economia nazionale).  Sposa Mario Cingolani, già deputato del Partito Popolare. Insieme daranno un contributo concreto alla lotta antifascista. 

Una delle sue battaglie principali fu quella per l’estensione del diritto di voto alle donne, infatti, fece parte del comitato pro - voto. Grazie a questo, approda alla Costituente. Sarà eletto anche il marito. Si occuperà principalmente di lavoro. Farà parte della I legislatura nel ‘48 e tra anni più tardi sarà la prima donna ad essere nominata sottosegretaria all’Industria e al commercio, nel VII governo De Gasperi. 

Dal ‘53, non proseguirà l’esperienza politica in Parlamento, ma si dedicherà all’impegno amministrativo, diventando prima cittadina di Palestrina, nel Lazio.


Leonilde Iotti: 1920 – 1999, Reggio Emilia. Comunista. Laureata in Lettere all’Università Cattolica di Milano.. Partecipa alla Resistenza come staffetta portando documenti, volantini, medicinali, cibo. Diventa responsabile dei Gruppi di difesa della donna della sua regione e scrive sulla rivista «Noi donne». 

Nel Marzo del 1946 diventa consigliera comunale del Comune di Reggio Emilia e a Giugno viene candidata ed eletta all’Assemblea Costituente. Qui, non solo entra a far parte della Commissione dei ‘75, ma diventa anche membro della Prima Sottocommissione dedicata ai «Diritti e doveri dei cittadini», il cuore della Carta costituzionale. Nella stessa sottocommissione, lavora Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista, con cui inizierà una relazione. Alcuni punti di cui si occuperà nella Sottocommissione: l‘uguaglianza morale e giuridica dei coniugi; l’uguaglianza giuridica dei figli legittimi e illegittimi; la protezione della maternità; cose che poi saranno alla base della riforma del diritto di famiglia del ‘75. 

La carriera politica della Iotti può essere divisa in due parti: prima e dopo la morte di Togliatti, nel 1964. Soltanto dopo la morte del segretario verrà accettata fino in fondo e ne verranno riconosciute le qualità e lo spessore. La sua autorevolezza è sancita dall’elezione , al primo scrutinio, alla Presidenza della Camera dei Deputati, nel 1979. la prima donna a ricoprire tale carica. Carica che guiderà fino all’Aprile del 1992.


Teresa Mattei: 1921 – 2013, Genova (toscana di adozione). Comunista. Proveniente da una famiglia borghese in cui fin dall’infanzia respira i valori di pace e democrazia, fin da subito diventa attiva tanto che a 16 anni va in missione a Nizza a portare soldi e messaggi ai fratelli Rosselli. Viene intercettata ed arrestata. In seguito, mentre frequentava il blasonato liceo Michelangiolo di Firenze,  viene espulsa da tutte le scuole del Regno perché si ribella alle leggi razziali. Solo grazie all’intervento di Calamandrei, potrà finire il liceo e poi iscriversi all’università, laureandosi in Lettere e filosofia. 

Milita nel PCI  e partecipa alla Resistenza. È tra le prime aderenti all’UDI. Viene candidata dal partito ed eletta alla Costituente. A 25 anni, la più giovane eletta. La più giovane ma non la più timida. Nell’Assemblea, la Mattei fece sentire la sua voce su diversi temi, molti inerenti sempre all’emancipazione femminile. Durante una discussione inerente all’accesso delle donne alla magistratura, seppe tenere a bada un suo collega che ne era contrario. <<Signorina, le vuole ammettere le donne alla magistratura! Ma non sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano?>>. <<No! Ma so che molti uomini come lei non ragionano tutti i giorni del mese!>>. 

Partecipò solo alla I legislatura perché dal ‘48 in poi i rapporti con il partito si incrinarono, prima per motivi personali (la sua relazione con Bruno Sanguinetti, sposato con tre figli e separato) e, in seguito, per motivi politici: nel ‘55 critica aspramente la politica sovietica e venne, quindi, radiata per dissenso politico.


Angelina Livia Merlini: 1887 – 1979, Pozzonovo (Padova). Socialista. Laureata in lingue e letterature straniere. Insegna, ma rifiutandosi di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista, viene confinata in Sardegna. Dopo essere tornata dal confino, si trasferisce a Milano, dove si impegna nella lotta antifascista, accanto a personalità come Sandro Pertini, e fa parte dei GDD. 

Dopo la Liberazione, entra nella direzione del partito e viene candidata all’Assemblea Costituente. Fa parte della Commissione dei 75. Nella terza sottocommissione si occupa delle garanzie economico – sociali per l’esistenza della famiglia. elabora e ottiene l’introduzione al primo comma dell’articolo 3 dell’inciso “senza distinzioni di sesso”. Dopo la Costituente, sarà eletta nelle prime tre legislature. Il suo nome è legato alla legge n° 75 del 20 febbraio 1958, quella inerente all’abolizione delle case chiuse. Fu cofirmataria anche di altre leggi: la legge 1064 che elimina la doppia NN per i figli illegittimi e la legge che cancella la clausola di nubilato nei contratti di lavoro.


Angiola Minella: 1920 – 1988, Torino. Comunista. Laureata in Lettere all’Università di Torino, anche se voleva iscriversi a Medicina, ma la mamma glielo vietò. Durante gli studi aveva frequentato anche un corso da crocerossina che le servirà durante la Resistenza, diventando una partigiana combattente. 

Diventa una delle colonne del PCI, contribuisce alla fondazione dell’UDI e, dopo una breve parentesi di assessora al Comune di Savona, viene eletta alla Costituente. 

È una delle promotrici dei «treni della felicità», un’operazione destinata ad aiutare i bambini colpiti maggiormente durante la guerra. 

Successivamente, sarà eletta alla Camera (I e III legislatura) e al Senato (dal ‘63 al ‘72). Si occuperà, principalmente, di sanità. Fu, però, anche la prima firmataria di una legge sulla costituzione di asili – nido, necessari per le donne lavoratrici. Per la legge, però, bisognerà aspettare il ‘71.



Rita Montagnana: 1895 – 1979, Torino. Comunista. A 14 anni, inizia a lavorare ed è nel mondo del lavoro che matura una coscienza politica che la porterà ad iscriversi al Partito Socialista. Le ragioni dei lavoratori, la conquista di orari e retribuzioni adeguati, la battaglia per le lavoratrici improntano l’impegno di una vita. Nel 1921, con la scissione di Livorno, aderisce al neonato PCI. 

Il suo valore e l’esperienza politica, però, saranno offuscate dalle vicende personali: una donna che ha vissuto da protagonista la vita pubblica della prima metà del ‘900 sarà relegata al ruolo di «moglie di Togliatti». Avranno un figlio, ma la loro famiglia non avrà pace perché con l’avvento delle leggi fascistissime saranno costretti a rifugiarsi a Mosca. Viaggeranno anche in altri Paesi, come la Francia e la Spagna, dove durante la Guerra civile combatteranno a fianco dei Repubblicani contro Franco. Dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, tornano in Italia. Rita entra nella direzione del PCI,  dirige il settore femminile e fonda l’UDI. Viene eletta alla Costituente, ma il suo profilo non è ritenuto adatto per nessuna delle commissioni. Viene eletta al Senato nella I legislatura.


Maria Nicotra Verzotto: 1913 – 2007, Catania. Democristiana. Sin da giovane, si avvicina all’associazionismo cattolico. Non frequenta l’università e, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, si offre di lavorare come infermiera nella Croce Rossa a Catania, rivelandosi capace e utile tanto da guadagnarsi la medaglia d’oro al valore civile. La forte sensibilità sociale e la fede cattolica orientano le sue scelte nell’esperienza politica.

Viene eletta alla Costituente ed è una delle Costituenti più riservate: di poche parole, ma parlano le sue azioni, a partire dalle importanti commissioni di inchiesta di cui è stata componente, durante le varie legislature. Eccone alcune: Commissione parlamentare sulle condizioni dei detenuti nei penitenziari; Commissione sulla miseria in Italia sui mezzi per combatterla. Fu cofirmataria di diverse proposte di legge, come quella per la protezione degli scolari dalla tubercolosi o quella per la realizzazione di case popolari da assegnare alle famiglie che vivevano in baracche, ecc. Emerge quindi la sua inclinazione ai temi legati all’assistenza.


Teresa Noce: 1900 – 1980, Torino. Comunista. . Sindacalista. «Rivoluzionaria professionale», così viene definita ed è un titolo decisamente indovinato per una donna dalla vocazione battagliera come poche che ha vissuto sul campo le tragedie del XX secolo, ha contribuito alla fondazione del PCI, ha fatto sentire la sua voce, prima alla Costituente e poi in Parlamento. Insieme al suo marito, Luigi Longo, da cui avrà tre figli, è costretta a fuggire all’estero in diverse città (Mosca, Parigi, ecc.). In seguito, sia lei che il marito verranno arrestati e lei sarà  internata nel campo di concentramento di Rieucros e poi in altri campi. Tutto finisce nel ‘45 con la Liberazione. 

Prima ancora di entrare alla Costituente, è una delle promotrici dei «treni della felicità».

Alla Costituente, fa parte della Commissione dei 75 e della Terza Sottocommissione che si occupa delle garanzie economico – sociali per l’esistenza della famiglia. 

Viene eletta nelle legislature del ‘48 e del ‘53. É la prima firmataria della legge sulla maternità, n° 860 del 1950. Non mancano siparietti divertenti, come quando, in una discussione sul periodo di riposo retribuito, Teresa zittisce un luminare della medicina il quale affermava che la donna potesse riprendere a lavorare dopo 15 – 20 giorni. Gli dice: <<Lei ha partorito? No! Quindi non ha nemmeno mai allattato! Allora, taccia!>>. 


Ottavia Penna Buscemi: 1907 – 1986, Caltagirone. Fronte dell’Uomo Qualunque. Di famiglia aristocratica, era una donna controcorrente, tanto da non nascondere la propria fede monarchica nel cuore della nascente Repubblica. La sensibilità di Ottavia e l’amore per la sua terra, la spingono ad aiutare i suoi conterranei che, durante la guerra, erano ridotti in povertà, senza lavoro, senza mezzi e con un orizzonte incerto. 

La necessità di provare a dare un contributo per migliorare la società la spinge ad accettare la proposta di Giannini, fondatore di questo movimento antipolitico e populista,  Fronte dell’Uomo Qualunque, e quindi a candidarsi alla Costituente. 

Si mantenne sempre distante dalla politica dei partiti e anche con le altre 20 Costituenti legò poco. Addirittura il 28 giungo del ‘46 fu candidata al Quirinale e Giannini, con un’azione certamente provocatoria, fece confluire su di lei tutti i voti dei qualunquisti e così prese 32 voti.


Elettra Pollastrini: 1908 – 1990, Rieti. Comunista. Diplomata alla scuola tecnica.

Per motivi economici, e non solo, la sua famiglia si trasferì in Francia dove si avvicinò al Partito Comunista. Venne a contatto con diversi esuli, tra cui Teresa Noce. È difficile immaginare la forza e la temerarietà di questa donna, che provò l’esperienza dei campi di concentramento, e che mise in gioco tutto per seguire gli ideali di democrazia e libertà. La candidatura alla Costituente fu quindi,  scontata e più che meritata. Il suo temperamento venne fuori anche nelle successive attività parlamentari o nelle varie manifestazioni, tutte improntate verso il miglioramento dei lavoratori e delle donne.


Maria Maddalena Rossi:1906 – 1995, Pavia. Comunista. Laureata in chimica

Partecipa alla Resistenza e per questo viene arrestata e confinata nel Pesarese. La pluralità degli interessi coltivati dalla Rossi e delle battaglie condotte in trent’anni di politica, nazionale e locale, ne fa una delle Costituenti intellettualmente più vivaci. Si è occupata di parità di genere, accoglienza dei bambini nel dopoguerra (procedure di adozione più agibili), risarcimento delle vittime di stupro (le marocchinate), tutela dell’ambiente e sviluppo turistico sostenibile.


Vittoria Titomanlio: 1899 – 1988, Barletta. Democristiana. Diplomata all’Istituto Magistrale. I lavoratori artigiani da un lato, la scuola dall’altro, l’importanza dell’autonomia regionale anche per il Mezzogiorno, il faro della fede cattolica. Le priorità per Vittoria Titomanlio sono ben delineate e per esse si spende nel corso di una lunga vita parlamentare (sarà, infatti, eletta in quattro legislature della Repubblica 1948, 1953, 1958, 1963). Durante i suoi 20 anni in Parlamento, fece parte di diverse Commissioni  e fu firmataria o cofirmataria di 350 progetti di legge (introduzione del casco obbligatorio per le moto, nel 1967).


Attraverso piccoli cenni biografici, ho cercato di raccontare esperienze di sacrificio, eroismo, dedizione, sofferenza, prigionia, passione e forza di volontà e, soprattutto, ho voluto dare l’immagine di un’umanità esemplare, incarnata in persone reali: le nostre 21 rose della Costituente. Donne che hanno certamente operato in una fase storica fuori dall’ordinarietà e che ci hanno fornito un ottimo esempio di chi ha ostinatamente tradotto in fatti concreti gli ideali.

Ho cercato di raccontare queste 21 vite, diverse tra loro ma convergenti in un unico scopo: realizzare, con la parità tra cittadine e cittadini, la libertà e la dignità di ogni essere umano.


                                                                                           Angelica De Felice






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