domenica 24 febbraio 2019

UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
U N I T R E
UNIVERSITÀ DELLE TRE ETÀ

Mercoledì 27 Febbraio 2019
alle ore 18.30
presso la Biblioteca Comunale
il Prof. Franco Scarfiello
terrà la seguente conferenza:
“Cefalonia: l’eccidio”



Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati



U N I T R E
Sede di Oppido Lucano (PZ)
Via M. Pagano,- 85015 OPPIDO LUCANO (PZ)
E-mail: unioppido@gmail.com
Associazione di Promozione Sociale - Articolazione territoriale dell’Associazione Nazionale


17° incontro - 22/02/2019 –dott. rocco balsamo
“Tematiche del lavoro”
Incontro fuori programma, organizzato in fretta per ospitare il Dr. Rocco Balsamo, figlio del nostro socio Antonio, residente da molti anni in Portogallo ed in visita, per alcuni giorni, alla famiglia.
Egli ha voluto salutare gli amici dell’Uni-Tre, che aveva incontrato già alcuni anni fa; questa sera ha svolto una brillante relazione sulle tematiche del lavoro.
Ha iniziato parlando della dignità del lavoro: ogni tipo di lavoro ha la sua dignità. Non c'è un mestiere o una attività più o meno dignitosa di un altra, ma è il modo con cui viene svolto che dà la misura della dignità del lavoro e dell'uomo che lo compie.
Un valente contadino, un artigiano, un operaio meritano più rispetto di un medico che curi male i propri pazienti.
Tanto meno si deve attribuire maggiore o minore dignità ad una professione a seconda dei guadagni che essa procura.
Tutti devono avere un lavoro che attribuisca possibilità di una vita decorosa e dignità nel contesto sociale.
La donna dovrà essere libera di esercitare una professione oppure, soprattutto se è moglie e madre, di dedicarsi ai lavori domestici, altrettanto importanti e dignitosi.
L’automazione del lavoro, con l’introduzione di macchine sempre più sofisticate, che hanno sostituito molti lavori manuali usuranti, non deve spaventare poiché a tali lavori si sono sostituiti lavori di ingegneria e di conduzione ad alta specializzazione.
In una società civile ben ordinata si deve tendere a “lavorare tutti e lavorare di meno”; i lavoratori avranno maggior tempo libero da dedicare alla famiglia, ad utili attività culturali e ricreative ed anche ad attività di volontariato, senza fini di lucro, a favore della società.
Vi è un detto molto importante in proposito: “lavorare per comprare il tempo libero”.
Il Dr. Balsamo ha letto infine due lettere di autori classici latini, Seneca e Lucinio, che trattano di problematiche sociali e del lavoro, molto belle, che hanno interessato tutti i presenti.

G.D.F.
15° incontro - 13/02/2019 –ins. domenico maglione
“Balvano: la galleria della morte”
Il relatore di questa sera, M. Maglione, ha tenuto un interessante incontro intrattenendo i soci su un argomento ai più sconosciuti: Il disastro ferroviario della “Galleria delle Armi” di Balvano, sulla linea Napoli-Potenza, in cui persero la vita circa seicento persone.
Inizialmente è stato proiettato un video-documento che ricostruisce la vicenda sulla base delle testimonianze dei pochi superstiti, intervallato da brevi interruzioni durante le quali il relatore approfondiva ed esplicitava i contenuti del video.
la storia: Siamo in pieno inverno del 1944; nel luglio dell’anno precedente le prime forze militari alleate sbarcano sul suolo siciliano. Durante la loro avanzata incontrano i segni dell’aggressiva e spesso vendicativa ritirata nazista: rovine ovunque e una popolazione ridotta alla miseria. Gli italiani hanno subito numerose violenze, soffrono la fame e fanno ressa per ottenere un pugno di farina, i forni sono spesso presi d’assalto e a volte non bastano i soldati a respingere quelle folle. L’Italia è divisa in due tronconi: Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio al sud liberato dagli alleati, e, al centro-nord, la “Repubblica Sociale Italiana” di Benito Mussolini. La popolazione italiana, i meridionali, come tutti gli altri, erano trattati come il nemico ancora combattente dagli alleati, e come traditori dai tedeschi, quindi da combattere.
Alla popolazione del sud Italia, per potersi sostentare non rimane che un unico mezzo: il baratto. A Napoli ed in Campania in generale i generi alimentari scarseggiavano e l’unica possibilità di procurarsi del cibo era data dal baratto: scambiare alcuni oggetti presenti in casa con generi alimentari posseduti dalle popolazioni a sud di Napoli, in Basilicata o in Calabria. Con il baratto si poteva portare a casa qualcosa da mettere sotto i denti e far sopravvivere i propri figli. Da Napoli, una volta a settimana, partiva un treno passeggeri con destinazione Potenza-Taranto che era letteralmente preso d’assalto dai numerosissimi viaggiatori diretti in Basilicata in cerca di cibo. Moltissime persone rimanevano a terra, per cui, spesso, si risolvevano a saltare abusivamente sui treni merci. E così avvenne anche quel pomeriggio del due marzo 1944.
Il “treno merci speciale 8017” parte da Napoli con 23 carri stracarichi di persone e ad ogni stazione si susseguivano gli assalti a cui partecipavano anche madri di famiglie con bambini, perché quello era un treno letteralmente di disperati.
Alla stazione di Salerno, dove la rete ferroviaria non è più elettrificata, si ricorre alla trazione a vapore, con due locomotive, la 480 e la 476. Quest’ultima avrebbe dovuto essere posizionata in coda al treno, perché, dopo il tratto pianeggiante verso Eboli, il treno avrebbe dovuto affrontare un tratto di montagna assai ripido e ricco di molte gallerie.
A Battipaglia, dove al convoglio vengono aggiunte altri 24 carri merci, per un totale di 47, ci fu l’intervento della polizia militare alleata, molto violento, a base di colpi di sfollagente e anche di colpi di mitra sparati in aria con l’intento di far scendere dal treno alcuni passeggeri, che scesero da un lato, per risalire dall’altro.
Alle 19:00, il treno 8017 partì dalla stazione di Battipaglia, in direzione di Potenza. Tra i passeggeri non vi erano solo contrabbandieri, anzi, ci fu persino qualcuno che pagò regolarmente il biglietto, c’erano anche i commercianti regolari, studenti, insegnanti medici, come un docente dell’università di Bari che insegnava patologia chirurgica e propedeutica clinica e che non aveva abbandonato il servizio all’ospedale San Carlo di Potenza e al Sant’Anna di Eboli, con una novantina dei suoi studenti campani. E i suoi ragazzi erano con lui quella notte perché stavano tornando insieme a Bari per riprendere le lezioni. Alla stazione di Eboli ci fu il solito tentativo di far scendere i passeggeri, ma per i pochi che scendevano, moltissimi salivano. Alle 19,15 il treno riparte con il suo carico di oltre settecento persone. Iniziava il tratto più impegnativo, in salita, con molte gallerie tra le gole delle prime montagne della Lucania. Il treno sbuffava, arrancava, svogliato e lento e raggiungeva Balvano alle 00,12, mentre la gente, ignara di quanto stava per accadere e spossata da quel viaggio iniziato ormai da troppe ore, aveva ceduto alla stanchezza e al sonno e si era addormenta, ammucchiata una sull’altra. Alle 00,50, dopo una sosta di 38 minuti il treno riparte. Stazione dopo stazione il treno merci 8017, ormai stracarico di viaggiatori clandestini, avanza verso Potenza. La notte è cupa umida, pioviggina e di tanto in tanto cade anche nevischio. Dopo qualche minuto, si presentò alla Galleria delle Armi, letteralmente invasa di vapore ristagnante per il precedente passaggio di un’altra locomotiva a vapore. Il freddo e l’umidità avevano impregnato tutto, i binari erano scivolosi e la presa delle locomotive era insufficiente per cui si bloccarono. I macchinisti, quando si resero conto delle difficoltà di salita del treno, per far muovere i vagoni, tentarono di dare più energia e più vapore alle due locomotive cercando di portare la pressione alla massima potenza.
Il personale della seconda macchina, si rese conto delle difficoltà e capì che l’unica soluzione era quella di portare il treno fuori della galleria facendolo scivolare a ritroso e, prima che il monossido di carbonio lo stordisse, cercò di fare marcia indietro. In questo modo, nel momento critico, i due macchinisti, nell’impossibilità di comunicare, agirono in modo opposto, il primo per cercare di avanzare e il secondo per cercare di tornare indietro.
In coda, il frenatore, quando vide scivolare il treno azionò il freno e scese. Entrò in galleria, fece qualche passo verso la testa del treno, ma intuì cosa stesse succedendo e corse verso la stazione di Balvano per chiedere aiuto.
Quando finalmente raggiunse la stazione, in condizioni pietose, allo stremo delle forze, lacero, infreddolito, atterrito, cadde in ginocchio ansimante e disse solamente: “là sono tutti morti”.
Il capostazione di Balvano fece sganciare la locomotiva del treno 8025, giunto in stazione e in attesa del “via libera”, e dispose una ricognizione alla galleria, quindi partì con la sola locomotiva dell’8025.

All’imbocco della Galleria delle Armi si intravide il fanale di coda del treno disperso; il personale a bordo della locomotiva 8025 fermò il mezzo, scese, entrò nel tunnel e si rese conto del disastro.
In questa tragedia perdono la vita oltre cinquecento persone. Furono espletate delle indagini e fatte inchieste non tanto per far luce sull’accaduto, per stabilirne le cause ed accertare eventuali responsabilità, ma, soprattutto, per dare un colpo di spugna ed insabbiare il tutto. All’epoca c’erano problemi più impellenti, figurarsi se poteva interessare la morte di persone comuni, siano state esse 500, 600 o 1000.
Il verbale della stessa Commissione, nel SOMMARIO, in merito al numero dei morti dice testualmente: ”I morti sono 517. Tutto il personale ferroviario addetto al treno è deceduto, all'infuori di un fuochista. Tutti gli altri erano viaggiatori di frodo”.
Per quanto riguarda la causa primaria che provocò la tragedia, anche i risultati dell’inchiesta, svolta dalla Commissione Alleata, giunsero alle stesse conclusioni: “pessima qualità di carbone fornito dagli Alleati”.
La necessità più impellente era quella di chiudere al più presto la vicenda, per cui il Procuratore del re di Potenza concluse che l’incidente era avvenuto per la cattiva qualità del carbone; il carbone era difficilmente perseguibile e questo fece comodo a tutti.
Per molti anni non si è più parlato di questa tragedia, dei morti nella “Galleria delle Armi”, fino a quando una donna, Luisa Cozzolino, vedova Palombo, non iniziò un'azione per risarcimento danni, citando le Ferrovie dello Stato. Ad essa si aggiunsero le citazioni di altre 300 famiglie.
Le Ferrovie dello Stato sostennero che, dato l’allora vigente regime di occupazione militare da parte del governo alleato, e dato il fatto che agli occupanti dell’8017 non poteva essere riconosciuta la qualifica di viaggiatori regolari, in quanto occupanti di un treno non destinato al trasporto di passeggeri, nessuna responsabilità poteva essere addebitata all'amministrazione.
Per spegnere sul nascere una vertenza che avrebbe potuto trascinarsi per anni, intervenne il Ministero del Tesoro che sancì l'emissione di un risarcimento alle famiglie in base alla legge speciale (N. 10, del 9 gennaio 1951) che prevede “un'indennità per danni immediati e diretti causati da atti non di combattimento, dolosi o colposi, delle Forze armate alleate", danni provocati dal conflitto, come se si trattasse di vittime di guerra.
£. 320.000 per ogni vittima, 320.000 lire per ogni vita spezzata, 320.000 lire erogate dopo oltre 15 anni e solo ad alcuni.
Si chiude così un a vicenda che, ancora oggi, presenta vaste zone di ombra. Ma la cosa più avvilente e mortificante, a distanza di 75 anni, è che essa è pressoché sconosciuta alla moltitudine delle persone e anche agli organi di stampa. Su di essa, nel tempo, hanno taciuto intellettuali, sindaci, presidenti regionali, primi ministri e presidenti della repubblica. Tranne pochi casi circoscritti nella zona, a ricordare la tragedia, per tutta la penisola non ci sono piazze, vie, lapidi, monumenti, ricorrenze…, niente.
Quei volti segnati dagli stenti, dalle sofferenze, dalla fame, quei morti accatastati sulla banchina della stazione di Balvano e poi gettati nelle fosse, senza un funerale, senza una preghiera, senza un segno di croce, non servivano a nessuno, perché non avevano appartenenza, non avevano colore politico, solo l’insignificante particolare di essere “Italiani”.

D.M.

domenica 17 febbraio 2019

UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
U N I T R E
UNIVERSITÀ DELLE TRE ETÀ

Mercoledì 20 Febbraio 2019
alle ore 18.30
presso la Biblioteca Comunale
il Dott. Michele Mancuso
terrà la seguente conferenza:
“Autonomie locali: Regioni e Comuni”



Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati



giovedì 14 febbraio 2019

14° incontro - 06/02/2019 –dott. domenico viola
Il ruolo delle Banche nell'economia e nella società”
La relazione del Dottor Viola è stata introdotta dal Presidente Giuseppe De Felice il quale ha ricordato che la Banca Popolare dell'Emilia Romagna ha deciso di chiudere quattro sue filiali nella nostra Regione, suscitando malcontento che a Rotondella è sfociato in una protesta popolare.
Da questa notizia il Dottor Domenico Viola ha preso l'avvio per spiegare come le Banche sono società che, pur avendo per fine un'attività economica di rilevante interesse sociale, devono conseguire utili di gestione per ricompensare i soci che hanno investito nell'impresa.
Nei nostri piccoli centri vi è purtroppo un costante calo demografico con conseguente riduzione di attività economiche, che non giustifica la presenza di una filiale di importanti Istituti Bancari, come è appunto la Banca Popolare dell'Emilia Romagna.
Ben diversa è la situazione delle Banche di Credito Cooperativo - come quella di Oppido - le quali non hanno fine specifico di lucro ed infatti non distribuiscono l'eventuale utile ai soci, ma lo destinano all'aumento del capitale sociale ed al finanziamento di opere di carattere sociale attive nei territori di loro competenza.
Molto importante è la territorialità di queste Banche che non possono operare al di fuori del loro territorio, dai cui abitanti ricevono in deposito i risparmi che vengono poi destinati alla concessione di prestiti agli operatori economici ed alle famiglie, anche questi residenti nel territorio.
Si è soffermato brevemente sulla storia della Banca di Credito Cooperativo di Oppido, nata oltre 50 anni fa come Cassa Rurale ed Artigiana per soddisfare le esigenze delle due categorie economiche del paese, gli agricoltori e gli artigiani, ed ora cresciuta e con ben 5 filiali operanti nella Provincia.
Altra caratteristica importante di queste Banche è che sono amministrate dai soci che si alternano nel Consiglio di Amministrazione ed alla Presidenza, stabilendo un legame con il territorio; pur osservando le norme stabilite dagli organi di controllo, la conoscenza personale dei richiedenti i prestiti, agevola il Consiglio nella decisione della concessione degli stessi.
Il relatore ha poi parlato dell'evoluzione dei servizi offerti ora dalle Banche, come il Bancomat ed altri strumenti informatici, al passo con le trasformazioni soprattutto in campo commerciale, che riguardano l'intera società civile.
Molti presenti sono intervenuti durante lo svolgimento della relazione del Dottor Viola che è risultata una discussione a più voci, molto vivace ed apprezzata da tutti.
G.D.F.


sabato 9 febbraio 2019

UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
U N I T R E
UNIVERSITÀ DELLE TRE ETÀ

Mercoledì 13 Febbraio 2019
alle ore 18.30
presso la Biblioteca Comunale
l’Ins. Mimmo Maglione
terrà la seguente conferenza:
“Balvano: la galleria della morte”



Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati



U N I T R E
Sede di Oppido Lucano (PZ)
Via M. Pagano,- 85015 OPPIDO LUCANO (PZ)
E-mail: unioppido@gmail.com
Associazione di Promozione Sociale - Articolazione territoriale dell’Associazione Nazionale


lunedì 4 febbraio 2019

UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
U N I T R E
UNIVERSITÀ DELLE TRE ETÀ

Mercoledì 06 Febbraio 2019
alle ore 18.30
presso la Biblioteca Comunale
il Dottor Domenico Viola
terrà la seguente conferenza:
"Il ruolo delle banche nell'economia e nella società"



Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati



U N I T R E
Sede di Oppido Lucano (PZ)
Via M. Pagano,- 85015 OPPIDO LUCANO (PZ)
E-mail: unioppido@gmail.com
Associazione di Promozione Sociale - Articolazione territoriale dell’Associazione Nazionale


13° incontro - 30/01/2019 –prof. rocco basilio
“8 settembre 1943 - Armistizio e sbandamento”
Il Prof. Rocco Basilio ha iniziato la sua brillante relazione descrivendo la drammatica situazione del nostro paese nel 1942 e nei primi mesi del 1943.
La popolazione civile era allo stremo: scarseggiavano i viveri e la tessera annonaria non riusciva ad assicurare i mezzi di sostentamento.
Sul fronte militare la situazione era preoccupante, malgrado l'ostentato ottimismo dei due alleati, Mussolini ed Hitler, il quale sperava nella fabbricazione, nei suoi arsenali, di una nuova arma micidiale.
Le grandi città del Nord erano bersaglio dei bombardamenti degli eserciti alleati, mentre le truppe dell'Asse subivano disastrose sconfitte in Nord Africa e in Russia, dove i nostri soldati, componenti dell'Armir, dovettero affrontare una tragica ritirata nel gelo delle steppe con enormi perdite.
In Italia si dubitava della possibilità della vittoria e si auspicava un ricambio alla guida del paese con la destituzione di Mussolini. Esponenti dell'antifascismo e del fascismo più moderato facevano pressione sul Re Vittorio Emanuele III acchè intervenisse.
Si arrivò così alla convocazione del Gran Consiglio del Fascismo il 25 Aprile 1943.
Il Prof. Basilio si è soffermato su quella drammatica giornata della nostra storia descrivendone bene la preparazione e lo svolgimento, con la discussione e la votazione dell'ordine del giorno di Dino Grandi, che fu approvato con 19 si, 1 astenuto e 6 contrari. Il Re fu costretto a sostituire alla guida del Governo il Duce, che venne arrestato ed escì momentaneamente di scena, con il Generale Badoglio.
Iniziano subito le trattative per l'Armistizio, portate avanti dal Generale Castellano con gli Anglo-Americani, i quali costringono l'Italia ad una resa incondizionata non accettando le più miti condizioni richieste dai nostri.
Si arriva così alla firma dell'armistizio avvenuta l'8 settembre 1943 e comunicato agli Italiani per radio con voce affranta dal Generale Badoglio alle ore 19,30 dello stesso giorno.
Seguono giornate di grande confusione, con le nostre truppe dislocate in tante parti d'Europa ormai prive di comandi, mentre Hitler ordina ai suoi generali di invadere l'Italia per contrastare l'avanzata dell'Esercito Anglo-Americano ormai insediato nell'Italia Meridionale.
Il Re, con la famiglia, ministri ed alti dirigenti dello Stato, dopo una rocambolesca fuga raggiungono Brindisi già liberata.
La speranza della fine della guerra viene subito meno: in Italia inizia una sanguinosa e crudele guerra civile fomentata dai fascisti raccolti nella Repubblica Sociale Italiana di Salò con a capo un Mussolini ormai marionetta guidata da Hitler e la popolazione civile sostenuta dai partigiani, mentre i nostri soldati vengono fatti prigionieri prima dagli Anglo-Americani e poi dai Tedeschi che li avviano ai campi di lavoro in Germania. Pochi riescono a fuggire e ritornare alle loro case, man mano che il paese viene liberato.
Il Prof. Basilio ha raccontato i tragici avvenimenti di quegli anni come non realmente accaduti ma come un dramma pensato e scritto da un autore tragico, descrivendo personaggi e situazioni con un pathos che ha tenuto avvinti tutti i presenti, che hanno seguito con grande attenzione.

G.D.F.