12° INCONTRO -
17/01/2018 – DOMENICO MAGLIONE
“Brigantaggio al femminile”
“Il ruolo delle brigantesse nella storia del brigantaggio”.
Il relatore, Mimmo Maglione ha illustrato il ruolo
sostenuto dalle donne nel seguire i loro uomini che per motivi diversi si erano
dati al brigantaggio. Ha iniziato la sua relazione tratteggiando brevemente la
storia del brigantaggio fin dal suo nascere, illustrandone i motivi che avevano
dato origini a questo fenomeno fin dal XV e il XVI secolo, per poi illustrare il brigantaggio che si era
manifestato, nel 1799, contro i francesi ed i loro sostenitori locali. Ha
parlato, quindi, del fenomeno del brigantaggio
femminile visto anche come una prima forte ribellione allo stato di soggezione
delle donne al “potere Uomo”, per cui
esso fu una prima inconscia ribellione “femminista” allo stato di subordinazione
atavico e tradizionale della donna. Ha fatto riferimento ad episodi e personaggi relativi a due diverse epoche che
generarono questo fenomeno e cioè la repressione, da parte di Re Ferdinando IV
di Napoli, nei confronti dei sostenitori della Repubblica Napoletana e la reazione
post unitaria nei confronti dei Piemontesi.
Ha
illustrato il ruolo che ebbero Pimentel De Fonseca e Luisa Sanfelice, - non
proprio delle brigantesse- nel sostenere la Repubblica Napoletana, ruolo che
portò entrambe al patibolo, e quello di tante brigantesse vere che avversarono prima i francesi e
poi i piemontesi.
Le
brigantesse furono feroci, spesso più degli uomini. Abili, leste di coltello e
di fucile, coraggio ne avevano da vendere. Furono passionarie, eroine, crudeli,
sottomesse e più spesso indipendenti e libere, fiere di combattere per se
stesse, per la propria terra e per l’indipendenza del Sud. Seppero affrontare
il martirio, le sevizie, le crudeltà del nemico, andando spesso incontro alla
morte con grande dignità.
Il relatore ha
tracciato una distinzione tra la “donna del brigante” e la “brigantessa” vera e
propria, mettendo in risalto come, mentre la prima, madre, moglie, o amante era
semplicemente una stretta collaboratrice del proprio uomo, la seconda, invece,
aveva un ruolo specifico all’interno della banda alle cui azioni partecipava in
prima persona.
Non
sempre, però, diventare brigantessa era una scelta, poiché talvolta capitava di
essere rapite dai briganti, e di essere costrette a rimanere al loro fianco,
per non andare incontro a guai più seri. Alcune si adeguarono a recitare questo
ruolo, mentre altre covarono dentro di sé la rabbia ed il desiderio di vendetta
che seppero attuare nel momento propizio. Comunque quando una banda era
seriamente organizzata, si poteva essere certi che le donne c’entravano in
qualche modo. Erano le confidenti più sicure, le messaggere meglio mimetizzate,
le più fedeli custodi dei segreti. Coraggio e determinazione ne avevano da
vendere, e nella ferocia non erano certamente inferiori ai loro uomini, come è
emerso dalle gesta di alcune di
esse: la rivolta anti unitaria di Gioia del Colle durante la quale le donne, rivoltose contro i liberali ricorrono alle
più raccapriccianti sevizie: una di esse, moglie di un fuoruscito arrestato dai
garibaldini, ebbra di vendetta, inzuppa il pane nel sangue dello sventurato
giovane, assassinato per aver fatto il proprio dovere, e se ne ciba, mentre
un’altra intinge le dita nel sangue del “nemico” e se le porta alle labbra, “forbendole
con ferocia cannibalesca”.
Ha
proseguito, poi, con altri esempi: Francesca la Gamba che si vendica in modo
cruento delle angherie subite da un ufficiale francese, M. Licciardi, che dopo
aver represso per lunghi anni dentro di sé il desiderio di vendetta nei
confronti del brigante che l’aveva rapita, riesce a soddisfare il suo desiderio
di vendetta uccidendo il suo uomo, il brigante Bizzarro, consegnandone, poi, la
testa alle autorità per incassare la taglia che su di esso pendeva. Altri
episodi sono stati raccontati: quelli relativi a L. Cannalonga, a Maria
Maddalena De Lellis, detta la Padovella,
a Filomena Pennacchio, Marianna Oliviero, detta Ciccilla, per finire con Michelina De Cesare.
D. M.