venerdì 30 dicembre 2016

12° Incontro 21/12/2016 “Poesie, canti e…Dolcezze di Natale” a cura di Maria Caterina De Bonis eTanuccio Palumbo
Una bella serata di poesia e musica che ci ha introdotti all’inesauribile magia del Natale. Tanuccio Palumbo ha letto le seguenti poesie, accompagnate in sottofondo dalle note musicali di Maria Caterina: “Dono di Natale” di D. Mc Arthur Rebucci, “La stella” di Edmond Rostand, “Natale" di Zietta Liù”, “I pezzenti” di Rocco Scotellaro, “Natale” del nostro Parroco emerito Mons. Giuseppe Greco.
La  maestra Maria Caterina De Bonis, tra una poesia e l’altra, ha cantato, con la sua splendida voce, i seguenti canti natalizi: “Astro del Ciel”, “What child is this?”, “In notte placida”, “My Lord, what a morning!”, “Fermarono i cieli”, “Cantique de Noel”.
Sullo schermo intanto scorrevano le immagini delle più belle Natività, dipinte da grandi pittori, da Giotto a Botticelli, ai maestri del Rinascimento Italiano e Fiammingo, scelte e proiettate da Leonardo Mancusi.
Si è fatta poi una foto di gruppo con il nostro socio decano Donato Mancuso.
E” seguito un piccolo rinfresco, con scambio di auguri ed un arrivederci all’11 gennaio per la ripresa delle attività dopo una lunga e meritata vacanza.

G.D.F.

sabato 24 dicembre 2016

Immagine correlata
IL PRESIDENTE 

ED   

IL CONSIGLIO DIRETTIVO

AUGURANO 

A TUTTI I SOCI

Immagine correlataUN SERENO NATALE

ED


UN FELICE ANNO NUOVO
11° Incontro - 14/12/2016 - Dott.ssa Daniela RUSSO - Erbe spontanee della Basilicata

La serata è stata introdotta dalla seguente presentazione del Presidente:
“Ho il piacere di presentare la dott.ssa Daniela Russo, assistente e collaboratrice di Luigi Milella, Professore di Farmacologia e Botanica presso l'Università della Basilicata e che ha all'attivo diverse pubblicazioni di carattere scientifico, molte delle quali in collaborazione con importanti Istituti di ricerca a livello internazionale.
Questa sera ci parlerà delle erbe spontanee della Basilicata.
C’è un rinnovato interesse, non solo in Italia, per le piante selvatiche commestibili e medicinali, causato dalla necessità di preservare la biodiversità della flora spontanea, di valorizzarla e di studiarne i benefici che si possono trarre da questo immenso patrimonio che la natura mette a disposizione dell’uomo.
Abbiamo preparato qui una piccola mostra di 40 piante che crescono nel nostro territorio in questa stagione, senza alcuna pretesa di intento scientifico, ma con il solo scopo di rintracciare quelle specie che i nostri antenati, in tempi di miseria, raccoglievano per nutrirsi e curarsi.
La raccolta e l'esposizione è stata curata dai soci Melina Di Caro, Anna Cervellino, Maria Donata Viola e Leonardo Mancusi. Di molte è stato indicato il nome dialettale, poi quello in italiano e in latino. Di alcune non si è riusciti ad una esatta individuazione. Ci siamo proposti di continuare questo studio che si dovrebbe concludere con la redazione di schede su cui riportare, per ogni singola pianta, oltre la descrizione e l’immagine fotografica, il modo di utilizzo nel passato e la possibilità, direi l'opportunità, di riprenderne l’uso, arricchite di detti popolari e curiosità varie. Ribadisco ancora che il nostro interesse per questa ricerca è esclusivamente di carattere storico:  si è indagato sul dialetto, sui canti popolari e su altri aspetti della nostra piccola storia; ci è sembrato opportuno, con la nostra modesta iniziativa di fornire agli storici locali lo stimolo ad applicarsi ad un altro campo d’indagine altrettanto importante.
Vedo qui tra noi la dott.ssa Angela Calocero di Cancellara che saluto e ringrazio di essere presente e che l’anno scorso ci ha tenuto una bella conferenza su ”Antropologia dell’alimentazione: senso e sensi del gusto”.
Saluto anche il Dott. Canio Lancellotti che pure ci ha parlato di problemi ambientali: “La salvaguardia dei Boschi”.
Siamo informati che il giovane Michele Stefanile, studente di Chimica presso l'UNIBAS si appresta a condurre un campo sperimentale per la coltivazione delle piante officinali in collaborazione con l’ALSIA, che noi ci proponiamo di seguire”.

La Dott.ssa Russo ha iniziato quindi la sua relazione confermando che a livello scientifico vi è grande interesse per lo studio delle erbe officinali, alcune particolarmente ricche di componenti utili all’uomo. Ha ricordato che lei stessa è impegnata in ricerche di laboratorio presso l’Università in questo ambito di studio. Ha poi mostrato un file con le immagini e la descrizione delle seguenti specie: Ortica, Gramigna, Melissa, Malva, Cicuta, Cicoria, Coriandolo, Finocchio, Ginepro, Agrifoglio, Anice, Bardana, Borragine, Calendula, Camomilla, Cardo mariano, Iperico, Alloro, Rafano, Salvia, Sambuco, Lavanda, Menta, descrivendo di ciascuna le zone di diffusione in Basilicata, le caratteristiche agronomiche, i componenti chimici, l'utilizzo che se ne fa. Ha risposto esaurientemente alle osservazioni e alle domande dell’attento uditorio, ha lodato l’iniziativa della raccolta delle erbe esposte, ha incoraggiato a continuare le ricerche fino alla realizzazione di un vero e proprio erbario.
La serata si è conclusa con i festeggiamenti per il socio Donato Mancuso che ha compiuto 95 anni ed ha voluto offrire ai soci un piccolo rinfresco.
G.D.F. 

martedì 20 dicembre 2016







Mercoledì 21  Dicembre 2016

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale


“Poesie, canti e…
Dolcezze di Natale”

A cura di

Maria Caterina De Bonis

Tanuccio Palumbo

















Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.






U N I T R E
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Via M. Pagano,- 85015 OPPIDO LUCANO (PZ)
E-mail: unioppido@gmail.com


Associazione di Promozione Sociale - Articolazione territoriale dell’Associazione Nazionale

lunedì 19 dicembre 2016



10° INCONTRO - 07 DICEMBRE 2016 Sig. Vito  MARONE

“A.D. MCMVIII”- Cronaca di una sciagura -

L’incontro di questa settimana ha avuto due distinti momenti, entrambi toccanti: il primo in cui il nostro Presidente ha voluto ricordare due nostri soci che ci hanno lasciato ed il secondo in cui il sig. Vito Marone ha rievocato la tragedia di Capialvo.

1° Parte - Commemorazione di due soci defunti letta dal Presidente.
“Questa sera voglio ricordare due nostri amici e soci che non sono più qui con noi. Non a caso ho scelto questa settimana la massima “Un vecchio che muore è un'intera biblioteca che brucia” che dedico idealmente a Michele ed Antonio. Significa che ogni persona, di qualsiasi condizione sociale e culturale, quando muore, lascia insegnamenti ed esempi che forse non riusciremmo ad apprendere dalla lettura dei libri. E noi, di questi due amici scomparsi, cercheremo di conservare il ricordo e l’esempio.
Michele Pepe era sempre presente qui ai nostri incontri: uomo buono e semplice, interessato alla storia del nostro paese che - mi raccontava - da giovane ascoltava dal maestro Michele Cervellino il quale, nel Centro di Lettura, leggeva ai frequentanti la storia di Oppido di Francesco Giannone. Quasi mi suggeriva di fare altrettanto qui e sarebbe stato - sarebbe- un’ottima cosa considerati gli insegnamenti che quella storia potrebbe dare anche a noi oppidani del 21° secolo. Condivideva con me anche l’interesse per la genealogia delle famiglie e spesso ne parlavamo qui insieme. Lo frequentavo per motivi professionali: aveva una discreta azienda agricola che conduceva direttamente con la moglie Chella, negli ultimi anni con grande sacrificio, nè lo potevano aiutare le figlie lontane. Ne apprezzavo la serietà, la laboriosità, l’onestà. Quando nelle vacanze veniva ad Oppido il nipotino, si metteva al suo servizio, lo accompagnava e lo viziava; io li guardavo con tenerezza ed affetto.
Antonio Giacinto lo conoscevo da sempre: era il mio barbiere e mio caro amico. Lo ricordavo apprendista nella barberia di Cervellino e Caputo, quando strimpellava la chitarra. Ho seguito poi tutta la sua carriera lavorativa, prima nella scuola, poi nell'Ospedale. Lo ammiravo per la sua intelligenza, il suo desiderio di conoscenza, la sua voglia di viaggiare che assecondava spesso e volentieri. Non era un turista per caso: ovunque andasse non mancava di visitare i luoghi di interesse storico, culturale ed artistico. Ne tornava sempre arricchito di nuove conoscenze ed esperienze. Aveva frequentato negli anni giovanili un corso di parrucchiere per signora a Napoli, dove aveva risieduto per qualche mese e di questa città aveva visitato tutto quanto c'era da vedere; era diventato una guida per i paesani che incontrava. Si teneva aggiornato leggendo i giornali ed ascoltando i programmi culturali della radio, con lui si poteva parlare di tutto, dall’attualità alla sinfonie di Gustav Malher, non facili, che egli, come me, conosceva ed ammirava.
In ospedale era divenuto amico dei medici e del personale; in campagna coltivava con competenza e passione il suo piccolo orticello.
Spesso lo rimproveravo benevolmente, perchè mi aveva trascinato qui all'Uni-tre, che mia moglie già frequentava e a cui io ero riluttante ad aderire. Gli dicevo “per colpa tua e di Mingo Lioi (che era suo e mio carissimo amico) mi trovo in quest’imbroglio dell'Uni-tre”. Infatti da quando, prima collaborando con P. Adelmo e poi con gli attuali miei collaboratori, mi occupo di questa nostra Associazione, preoccupato della riuscita dei nostri incontri settimanali, mi rivolgevo a lui ed anche solo con uno sguardo ci capivamo: mi tranquillizzavo quando mi diceva, o mi faceva capire, “tutto bene, andiamo avanti così”.
Ora vado a trovarlo al Cimitero, ci sono stato anche domenica scorsa e riflettevo come stranamente il caso ha voluto che fosse sepolto vicino a P. Adelmo che non gli era caro in vita. Pensavo come la morte - la livella, diceva Totò- appiana ogni divergenza, acquieta divisioni e rancori, e questo è un ulteriore insegnamento che Antonio, senza volerlo, ci ha lasciato”.

2° parte - Relazione del sig. Vito Marone
Vito Marone ha iniziato il racconto della terribile sciagura di Capialvo, avvenuta il 4-12-1908, ricordando la cattiva situazione igienica del paese, per la mancanza di un acquedotto pubblico. Le poche fontane che venivano utilizzate per attingere acqua e lavare i panni erano fuori del paese; la più vicina era quella tuttora esistente che noi ancora chiamiamo “la fontana”. D’inverno però, essendo anche questa ubicata fuori dal paese e in zona molto fredda, si preferiva andare andare a Capialvo, dove scorre un corso d’acqua più lontano dal paese, raggiungibile a mezzo di un tratturello impervio, ma luogo più riparato e con acqua meno fredda. La mattina del 4 dicembre 2008 nove donne si erano dato appuntamento “mpied la terra” nei pressi della Chiesetta dell’Annunziata per andare tutte insieme, in allegra compagnia, a lavare i panni a Capialvo. Sulla testa, come si usava, portavano la cesta con l’occorrente: i panni da lavare, il sapone, un pezzo di pane e forse un po’ di companatico per affrontare una giornata di duro lavoro. La più anziana era Sciaraffia Filomena di anni 63, la più giovane Giannone Carmela di anni 13 che andava a lavare  i panni per la prima volta e non aveva portato nulla da mangiare forse per l’estrema povertà della sua famiglia. Le altre avevano dai 17 ai 46 anni.
Si può immaginare l’armonia di quel gruppo di sole donne: i pettegolezzi, le risate, qualche canto; forse la più anziana le rimproverava benevolmente e le invitava a recitare pure qualche preghiera.
Giunte sul posto, si misero la lavoro. Angela Maria De Felice, di anni 17 ed unica superstite, si accorse che Carmelina Giannone era sfinita: corse allora verso la sua cesta per prendere qualcosa da mangiare per portarla a Carmelina.  Fu quello il momento in cui una grossa frana si staccò dalla sovrastante ripa e si abbatté sul gruppo delle donne: un atto di generosità la salvò.
I primi ad accorrere furono i frati del Convento, vicino in linea d'aria: P. Salvatore Zottarelli e Fra Umile, che avevano sentito il fragoroso boato, le urla di Angela Maria e i gemiti sempre più flebili della sepolte.
Oltre le tre donne già citate, le altre erano: Lancellotti Maria Antonia, Leone Anastasia, Manniello Maria, Lioi Carmela, Russo Giovanna e Pepe Maria Nicola.
Accorsero dal paese molte persone, i vigili urbani, i parenti, i Carabinieri. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era indescrivibile, si scavò anche la notte al lume di fiaccole. Le salme furono allineate per terra, i parenti tenuti a stento lontani.
Si consumò così una tragedia che è rimasta indelebile nella memoria collettiva del nostro paese e che meriterebbe un riconoscimento ufficiale con una targa da apporre nei pressi del luogo del disastro.
G. D. F.



mercoledì 14 dicembre 2016







Mercoledì 14 Dicembre 2016

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale


la Dott.ssa Daniela Russo

terrà la seguente conferenza:


“Erbe spontanee della Basilicata”

















Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.






U N I T R E
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Via M. Pagano,- 85015 OPPIDO LUCANO (PZ)
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8 INCONTRO 23-11-2016  Dott. MICHELE PALUMBO

Bob Dylan, premio Nobel per la letteratura 2016 - Tematiche e testi"

     
Il Dott. Michele Palumbo ha tenuto la sua relazione parlando del premio Nobel per la letteratura recentemente assegnato a Bob Dylan.
Il premio Nobel è un'onorificenza di valore mondiale attribuita annualmente a persone che si sono distinte nei diversi campi dello scibile, «apportando considerevoli benefici all'umanità» per le loro ricerche, scoperte e invenzioni, per l'opera letteraria, per l'impegno in favore della pace mondiale.
Il premio fu istituito in seguito alle ultime volontà di Alfred Bernhard Nobel (1833-1896), chimico e industriale svedese e inventore della dinamite e della balistite. La prima assegnazione dei premi risale al 1901, quando furono consegnati il premio

per la pace,
per la letteratura,
per la chimica,
per la medicina e
per la fisica.

Non esistono invece il premio per la matematica, ma solo dal 1969 la Banca di Svezia assegna il premio per l'economia in memoria di Alfred Nobel, creando ancora numerosi fraintendimenti.
I premi sono generalmente assegnati in ottobre e la cerimonia di consegna si tiene a Stoccolma presso il Konserthuset ("Sala dei concerti") il 10 dicembre, anniversario della morte del fondatore, con esclusione del premio per la pace che si assegna anch'esso il 10 dicembre a Oslo.
I premi Nobel nelle specifiche discipline, (fisicachimicafisiologia o medicinaletteratura e impropriamente economia) sono comunemente ritenuti i più prestigiosi assegnabili in tali campi. Anche il premio Nobel per la pace conferisce grande prestigio, tuttavia per l'opinabilità delle valutazioni politiche la sua assegnazione è stata qualche volta accompagnata da accese polemiche.
Il Nobel prevede l'assegnazione di una somma di denaro. Fino al 2011 consisteva in 10 milioni di corone; dal 2012 la somma è stata ridotta del 20%, passando a 8 milioni di corone (poco meno di 900 mila euro). I premi vengono ancora finanziati grazie agli interessi ottenuti sul capitale donato dall'industriale Alfred Nobel, inventore della dinamite, all'inizio del secolo scorso.
La motivazione del nobel a Bob Dylan è la seguente:
“Per aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana”

BOB DYLAN

Nato il 24 maggio 1941 Robert Allen Zimmerman, famiglia ebrea di origini russe.
Il contesto storico e sociale nel quale si sviluppano la poetica e la musica di Dylan è quello dell’america degli anni 60, durante i quali gli USA  mostrano la loro forza ed il loro orgoglio agli occhi del mondo. Questo però è anche un periodo di forti conflitti sociali interni come lee lotte delle minoranze interne e le lotte per i diritti della classe operaia.
Dylan ispirandosi alla tradizione ed in particolare a Withman e Guthrie tratta i temi delle lotte sociali, del pacifismo e della natura.
Il primo periodo della carriera di Dylan è segnato da una forte influenza della canzone popolare che lo porta a diventare il maggiore esponente del folk music revival.
A questo periodo appartengono i primi tre album di Dylan.
Dopo questi album arriva la svolta poetica di Dyla, che lascia da parte i temi sociali per una poetica rivolta ai sentimenti ed all’introspezione.
Questa svolta deriva probabilmente dalla presa di coscienza dell’impossibilità da parte dell’uomo di cambiare il corso e le logiche della storia.
Dylan allora tenta di parlare al cuore delle persone, non più ai potenti della terra.
Gli album successivi segnano anche una svolta dal punto di vista musicale che porterà la poesia nelle liriche rock, modificando per sempre il panorama della musica leggera americana e mondiale.
La poetica di questo periodo è ispirata alla beat generation. Dylan diventa la voce della generazione dei giovani e del loro disagio nella società. Vengono trattati i temi della droga e delle distorsioni mentali che essa provoca, delle emozioni più forti del suo animo e dei suoi sentimenti.
Questi temi sono sempre affiancati sempre dalla ricerca continua di una redenzione che egli non riesce a trovare nella droga ma neanche nella religione.
La ricerca di una soluzione finale si scontra con l’impossibilità di un punto di arrivo sicuro tramite la droga.
L’unica luce può essere vista in ritorno alla musica country ed ai temi trattano di emozioni semplici e immediate, tramite un linguaggio semplice e sincero (come annunciato in All along the watchtower).
Ciò che unisce l’intera produzione musicale e letteraria di Dylan è la ricerca della REDENZIONE

Nei primi album REDENZIONE dalle disuguaglianze sociali e dalle ingiustizie e liberazione dalle guerre.
Negli album rock REDENZIONE  dell’anima e dello spirito attraverso le droghe.
Successivamente REDENZIONE  dell’anima attraverso la religione e REDENZIONE dalle ingiustizie sociali senza la pretesa di riuscire a cambiare il mondo. Dylan stesso affermerà che il ruolo di personaggio pubblico impone di denunciare le ingiustizie per rendere consapevoli le persone, ma senza pretendere di riuscire a cambiare il corso della storia.
BLOWIN IN THE WIND
È stato il primo successo musicale di Dylan e risale al 1960.
Si tratta di una serie di domande relative alla pace, all’uguaglianza, all’indifferenza di alcune persone. Dylan si chiede per quanto tempo ancora ci dovranno essere guerre e ingiustizie. La risposta, dice lui, soffia nel vento.
E’ difficile capire questa risposta.
Dylan non ha mai svelato il senso di questa frase, non è chiaro se la risposta come il vento è invisibile e sfuggente, o se come il vento è dappertutto.
Nella prime strofa si delineano due temi importantissimi della poetica di Dylan e del contesto americano: la strada come come metafora della vita legata al camminare nel senso di vivere e fare esperienze.
La colomba bianca (di ispirazione religiosa) come simbolo della pace


THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN’
È la canzone di protesta per eccellenza, Scritta poco tempo prima dell'assassinio di John Kennedy, The Times They Are A-Changin' sarebbe arrivata a significare sempre piu' nei mesi e negli anni che seguirono.
Dylan si rivolge alla gente comune, agli scrittori, ai politici alle madri e ai padri. Questa canzone è quasi una Chiamata a seguire il cambiamento che è in atto.  Molti critici vedono in questa canzone un atteggiamento quasi da messia, Dylan chiama chi si vuole salvare, chi non vuole rimanere travolto da questo cambiamento che riguarda i diritti civili, la contrarietà alle guerre, l’emancipazione dei giovani e delle minoranze. Frase chiave di questa canzone è “non criticate ciò che non potete capire” rivolta a i genitori che criticano i figli, ma da rivolgere a chi critica il diverso di colore, di religione, di ceto sociale.


MASTERS OF WAR
Signori della guerra, più che una denuncia è una sfida ai potenti del mondo, ai politici ed a coloro che costruiscono armi. Dylan li considera vigliacchi perché scappano via quando cominciano a volare i primi proiettili, si nascono nei palazzi a contare i morti e i soldi,  li chiama GIUDA e dice che neanche GESU’ potrebbe mai perdonare il loro tradimento (al genere umano).
E’ un attacco molto diretto e crudo, Dylan guarda nelle loro menti così come riesce a guardare attraverso l’acqua dello scarico (immaginiamo cosa).
Ed infine non si augura che i signori della guerra si possano pentire o redimere… la soluzione è solo una, la loro morte.

MR TAMBOURINE MAN
Se proviamo a tradurre letteralmente la canzone, Dylan chiede ad un suonatore di strada di suonare il suo tamburello mentre sta vagando per la città. Ballando al suono del tamburello egli si perderà nei propri pensieri e nei propri sogni finchè non arriverà l’alba a dare inizio a un uovo giorno.
Le proviamo ad immaginare che il suonatore sia uno spacciatore, la canzone che deve suonare con il tamburello altro non è che la droga che gli deve vendere.
Ritorna il tema della strada “la vecchia strada vuota è troppo morta per sognare”, e poi
“le dita dei miei piedi troppo intorpidite per camminare aspettano solo i tacchi dei miei stivali per vagabondare“.

La strada come metafora della vita, il camminare come metafora del vivere e dell’esperienza.

La vecchia vita (il folk) è troppo morta per sognare,   i suoi piedi sono troppo stanchi per camminare, (rifiuto della vita reale) aspettano solo i tacchi degli stivali (la droga) per vagabondare (con la mente)

ALL ALONG THE WATCHTOWER
Tra i testi più oscuri e difficili di Dylan, la canzone sembra avere un senso solo cambiando l’orine delle strofe e leggendole nell’orine 3- 4-1-2.
Leggendola in questo senso si parte da una situazione di confusione con gente che scappa e siboli apocalittici come il “gatto selvaggio” che altro non è che il leone presente nell’apocalisse di san giovanni, 2 cowboy a cavallo, simbolo della violenza dell’America del far west ed il vento che ulula.
Intanto due carcerati, un giullare ed un ladro, parlano e si confrontano su cosa sta accadendo.
Secondo la critica i due personaggi sono le due facce di Dylan giullare i quanto cantante e ladro perché spesso (per su ammissione) ha rubato melodie popolari per farne canzoni di successo. La prigione altro non è che la mente di Dylan nella quale le due anime devono convivere.
La frase: basta parlare in maniera falsa adesso, l'ora è tarda, rivolta dal ladro al giullare viene intesa come il definitivo abbandono alla realtà virtuale che Dylan ha cercato di creare con l’uso di droghe ed un ritorno allo stile più semplice del country e delle emozioni reali.


KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR
E’ la canzone della resa. Tratta dalla colonna sonora del film Pat garret e billy the kyd, la canzone accompagna la scena in cui un vice sceriffo butta via il suo distintivo e la sua pistola con un rifiuto totale della violenza e la consapevolezza di non poter battere il male.
Allargando la visuale è la canzone in cui Dylan abbandona ogni intento di poter cambiare con la musica le sorti del mondo e della condizione umana. Il bussare alle porte del paradiso è un rifugio nella religione, è una richiesta di aiuto fatta direttamente al cielo, una ricerca di redenzione che cerca nella fede e nel pacifismo più totale un suo punto di arrivo.


Michele Palumbo