venerdì 2 giugno 2017

16 incontro 08 febbraio 2017  Prof. domenico saracino
“Le antiche vie della transumanza e dei siti romani dell’Alto Bradano”
“La transumanza consisteva nello spostamento di masse armentizie dalla montagna verso la pianura e viceversa con l'alternarsi delle stagioni, seguendo in un certo modo “l'erbaggio fresco” per la nutrizione degli animali, in estate le greggi stazionavano sulle montagne nei boschi, mentre l'inverno si spostavano a bassa quota verso le pianure al riparo del freddo.
Non sappiamo quando il movimento transumante abbia avuto origine, l'indagine archeologica dimostra che la transumanza è un fenomeno antichissimo.
Alcuni convegni tenuti negli anni novanta in terra abruzzese riguardanti la transumanza hanno posto l'interesse sull'argomento, occupandosi non solo della storia, dell'attività e dei prodotti derivanti dall'attività pastorale, ma è emerso al contempo l'importanza del recupero delle lunghe vie erbose, i cosiddetti "Tratturi" che i pastori percorrevano annualmente verso l’Apulia, e spesso anche la Lucania.
“I pastori non dovevano coprire grosse distanze per il trasferimento dei loro armenti; l'estate godevano delle risorse in altura tra boschi e pascoli montani, ricchi di erbaggio fresco e sorgenti d'acqua intorno ai siti prima citati, mentre l'inverno si spostavano verso la valle Bradanica e Murgia Barese caratterizzate da clima invernale mite con abbondante erba per foraggiare gli animali”.
È proprio lungo le vie della transumanza che, per ovvie ragioni, sorgono i primi insediamenti rurali e le grandi ville romane.
“Nel periodo romano tardo repubblicano a valle del comune di Oppido L. ( a Sud-Est) sorgono due grandi ville localizzate sulle mappe come "Masseria Ciccotti e "S.Gilio".
Queste ville rivestivano un ruolo centrale nel comprensorio dell'alto Bradano; nei pressi era collocata un'altra importante Villa-fattoria, quella di località S.Pietro di Tolve. Successivamente nel periodo imperiale entro il raggio di pochi chilometri sorgono dei siti "satellite" delle villae rusticae , a testimonianza di un notevole sfruttamento del fertile territorio oltre che a zona di permanenza e attraversamento di transumanza.
Questi insediamenti produttivi erano dei grossi punti di riferimento, di raccolta e di trasformazione di prodotti cerealicoli oltre che di allevamento animale. Le ville, inoltre, erano ubicate entro un territorio che comprendeva i "Municipium" di Bantia, Acerentia (probabile municipium) ed in collegamento con Potentia, che insieme a Grumentum rappresentava il più importante centro urbano della Lucania interna. Non lontano si trovavano il sito di Festula nei pressi di Genzano, ed i siti di Civita di Tricarico e Calle, dove, oltre ad una grossa villa, era presente anche una grande fornace che forniva manufatti ceramici in quasi tutti i centri della Lucania”.
I suddetti siti sono collocati in posizione ottimale sia dal punto di vista dello sfruttamento del fertile suolo e sia strategico rispetto all'antica viabilità principale, favorita come già accennato dalla morfologia del territorio abbastanza piano, situazione non frequente per una regione montuosa come la Lucania. A differenza dell'entroterra appenninico difficile da percorrere se non a piedi o con animali da soma, la parte orientale della regione di cui stiamo trattando, si presta ad essere percorsa anche da mezzi di trasporto su ruote.
Il trasporto su ruote era condizione favorevole per le necessità durante il periodo imperiale romano, quando la rete delle vie di comunicazione divenne ben strutturata e organizzata per il transito degli eserciti e delle merci diretti verso la Capitale e la periferia dell'impero. Da documenti medievali ci viene una conferma riguardo la percorribilità con mezzi su ruota di alcuni percorsi del comprensorio; con il termine "Carrara" o "Carrera "sono indicati dei tratturi nel territorio di Genzano mentre nella descrizione dei possedimenti dell'Abadia di Banzi annotata nel documento di età normanna prima citato, troviamo "ad viam uadi Carrara" che conduce verso Gravina.
Vediamo in dettaglio le strade che interessavano il comprensorio Bradanico:
1) La strada proveniente da Avigliano —S.Nicola di Pietragalla, faceva parte di un lungo percorso che dalla Campania, attraverso Buccino -Muro Lucano - Ruoti, Avigliano- Oppido, proseguiva verso la Puglia attraverso Gravina. Per buona parte questo ricalcava il percorso delle mandrie di proprietà dei signori Orsini che tra il XVI e XVII sec. dalla montagna di Pisterola nel territorio di Muro L., prima dell'inverno venivano verso le valli dal clima più mite.
Quest'asse Tirreno-Adriatico metteva in collegamento i siti romani a partire da Volcei Buccino), Numistro (Muro L.), villa S. Giovanni di Ruoti e quindi Montrone (Oppido L.) , Villa di Mass. Ciccotti, villa di S.Gilio con possibilità di proseguire verso Egnatia sulla costa Adriatica. In una pianta del 1807 del territorio di Oppido L. disegnata da Samuele Corniola di Montepeloso (Irsina), viene denominata "Strada di Gravina sopra il ponte." In questo punto doveva esserci il "Pontis Sarraceni" citato in un documento del 1063 in cui si elencano e descrivono tutti i "tenimenti" della Badia di Banzi.
2) Il "Regio tratturo" Palmira-Monteserico —Canosa che va in direzione Nord-N.E. verso Canusium con la possibilità di intraprendere la via Appia verso Roma nei pressi di Monteserico. La strada, dopo aver attraversato Taverna Mennuni, nei pressi di Monteserico effettua una diramazione che si dirige verso la Murgia, passando per il Castello di Garagnone-Castel del Monte-Corato, Ruvo di P.-costa Adriatica.
 3) Questa strada rappresentava un altro asse Ovest-est (Tirreno-Adriatico): proveniente dalla piana del Sele, toccava i siti di Volcei, villa di S.Venere e villa di Pietrastretta (Vietri di P.), Villa di Malvaccaro (nei pressi), Potentia , Rossano di Vaglio (nei pressi), villa di S.Pietro di Tolve , villa di S. Gilio, villa di Mass. Ciccotti-Gravina di Puglia. A Partire da Potenza, era un importante percorso di transumanza'', frequentato da transumanti provenienti dalle montagne del potentino (montagne di Sellata, Rifreddo, Li Foi,) verso la valle bradanica, Gravina, Altamura o verso i pascoli di Banzi- Genzano (Monteserico).

D.M.
28 incontro 03 maggio 2017  mimmo maglione
Il Parco archeologico di Grumento e il monastero di S.M. d’Orsoleo
L’incontro odierno è stato dedicato alla presentazione del viaggio di istruzione che si effettuerà domenica 7 maggio. Il nostro socio Mimmo Maglione ha illustrato l’itinerario ed ha fornito alcune notizie relative sia al museo e parco archeologico di “Grumentum” che al monastero di S. Maria do Orsoleo.
Museo e parco archeologico
Il Museo Archeologico conserva testimonianze dei diversi insediamenti succedutisi nell’Alta Val d’Agri dall’età preistorica con particolare risalto alla storia dell’antica colonia romana di Grumentum, fondata nel 133 a.C.
Il museo è suddiviso in tre sezioni: Sezione “Preistoria”; Sezione “Preromana”; Sezione “Romana”. La Sezione Preistoria presenta i resti di grandi mammiferi vissuti nel Pleistocène, corredi funerari riferibili al IV sec. a.C, statuette votive riconducibili ad un piccolo santuario rurale di III sec. a.C.. Nella Sezione Romana sono esposti frammenti ceramici del periodo neolitico, materiali risalenti all’età del ferro e all’età arcaica, testimonianze del passaggio dal classicismo all'ellenismo. La Sezione Romana documenta i diversi aspetti della città di Grumentum: le attività produttive, commerciali e l'esercizio del culto.
Il parco archeologico racchiude i resti monumentali dell’antica città di Grumentum. Il percorso inizia con la visita alle strutture dell'acquedotto che entrava in città dal lato meridionale del pianoro e convogliava le acque captate circa 5 chilometri più a sud.
L'impianto urbano fu organizzato fin dalla fondazione della città secondo uno schema regolare di strade (tre decumani intersecati ortogonalmente da vari cardini); la pavimentazione fu rifatta nel II sec. d.C., e il decumano massimo, lungo il quale si affacciano numerosi monumenti, si conserva intatto per larghi tratti. Presso l'ingresso del parco archeologico si localizza il teatro, costruito in età giulio-claudia. Il teatro di Grumentum, come in generale il teatro romano, è costituito da tre parti, tra loro strettamente connesse a costituire un solido organismo centripeto: la cavea, l'orchestra e la scena.
Sull’area porticata dietro la scena del teatro, probabilmente utilizzata anche con funzioni di palestra, si affaccia il retro del Tempio A il cui ingresso principale era posto sul lato del decumano massimo. É probabile che fosse adibito al culto di Arpocrate, divinità egizia.
Proseguendo lungo il decumano massimo, si raggiunge l'ingresso della domus dei mosaici, uno dei complessi di maggior pregio dell'intera città, residenza di un personaggio molto importante della storia grumentina.
Non distante dalla domus dei mosaici si trova il Tempio B, dal culto non identificato. 
Proseguendo, si raggiungono le cosiddette Terme repubblicane, che in realtà furono in funzione fino al V sec. d.C., delle quali sono visibili l'apodyterium (spogliatoio), il frigidarium circolare, il tepidarium e il calidarium, con i sedili in muratura, e con il pavimento mosaicato che poggia sulle suspensurae che permettevano la diffusione del calore.
Percorrendo il decumano massimo si raggiunge il Foro che rappresenta una componente fondamentale della città romana: è infatti il fulcro della vita pubblica, un’ampia piazza aperta sulla quale si affacciano i principali edifici amministrativi, religiosi e commerciali.
Il Foro di Grumentum è di forma rettangolare: sui lati brevi, si affacciano, l'uno di fronte all'altro, il Tempio C probabilmente dedicato al culto imperiale e il Tempio D, o Capitolium dedicato alla triade e sede del Senato.
Poche decine di metri a sud sono perfettamente conservate le cosiddette Terme imperiali: lo straordinario complesso, uno dei meglio conservati al mondo, è del tipo "a schiera", orientato rispetto alla rete stradale urbana, e consta di 15 ambienti: l'ingresso principale si affacciava sul decumano inferiore, e, attraverso un corridoio, si accedeva alle latrine e al frigidarium, dove si è conservato uno splendido mosaico a tessere bianche, nere, grigie, blu scuro, turchese e verde con i motivi ittici di Scilla e dei Giganti.
Infine, seguendo l'itinerario, si raggiunge l'anfiteatro ubicato in posizione periferica rispetto all'abitato antico, lungo il limite nord-orientale del perimetro urbano, per gestire al meglio il notevole afflusso di pubblico che doveva accorrere durante le giornate di giochi, dagli abitati di tutta la valle.

Complesso monastico di S. Maria di Orsoleo
L'antico complesso monumentale di S. Maria d'Orsoleo, posto nel territorio di S. Arcangelo su una altura a cavallo tra il fiume Agri e il Sinni, domina i paesi della Valle dell'Agri.
Vi sono diverse ipotesi sulle origini del nome, ma la spiegazione più congrua per il nome Orsoleo sembra quella che lo fa derivare dalla lingua greco-bizantina.  Secondo questa ipotesi, dunque, il vocabolo Orsoleo si spiega con un etimologia basata sulle parole ouros (per metatesi urso o uros, che significa "guardiano, difesa, protettore) e leo (forma obliqua di leos che vuol dire popolo), quindi “Protettore del popolo”.
Documenti conservati nella Badia di Cava attestano che i fratellastri Daniele, miles, e Zaccaria, prete, sono proprietari di alcune terre nella valle detta Ursolei. Esse confinano con un appezzamento di terreno, dove c’è una cripta “sculta”, cioè una grotta artificiale scavata nella roccia dai monaci italo - greci. Nel 1192 i due acquistano la collina e, presso la grotta, erigono una chiesa la cui costruzione si protrae fino al 1200. Intorno ad essa sorgono delle abitazioni.
Il monastero risale al XV secolo quando nel 1474 il conte Eligio II della Marra, principe di Stigliano e conte di Aliano, per ringraziare la Madonna del suo aiuto durante la lotta contro il drago, e per rinnovarne l’antico culto e la devozione inglobò nel complesso monastico edificato a sue spese la vecchia cappella di S. Maria, costruita dai fratelli Daniele e Zaccaria nel 1192, mettendolo a disposizione dei Padri Francescani osservanti, i quali s’insediano nel 1474.
Il Monastero fu ingrandito e decorato dal successore nipote di Eligio, Antonio Carafa Della Marra. Le volte e le pareti del portico sono state affrescate dal Todisco, il quale ha firmato il suo lavoro nella grande scena della “Adorazione dei Magi” sulla parete meridionale al pian terreno.
Successivamente il Convento di Orsoleo diventa il più importante della Basilicata perché sede illustre di studi filosofici e teologici del Ministro Provinciale per la regione. Diventa anche uno dei più ricchi. La crescita rigogliosa del convento fu interrotta dalle dure leggi eversive post-unitarie che portarono alla soppressione di tutti gli Ordini e le congregazioni religiose. (1866)
La proprietà si sminuzza. L’intero complesso, dopo essere passato di mano in mano, nel 1987 viene acquistato dalla Regione Basilicata che lo tiene per lungo tempo inutilizzato.
Ultimamente il complesso monumentale è stato oggetto di una vasta opera di restauro, che ha restituito al convento il suo antico splendore. Oggi è sede di un museo multimediale che, percorrendo i luoghi del monastero, porta il visitatore a rivivere la storia che abbiamo sin qui raccontato.
Il convento
Il convento contiene due chiostri quadrangolari: il primo, minore, risale al 1474, il secondo, maggiore, al 1600.
Il chiostro minore, attorno a cui si sviluppa, conserva numerosi affreschi del 1500, tra cui una composizione raffigurante la Pietà del Cristo ed alcuni episodi della vita di S. Francesco.
La chiesa
La chiesa, situata ad un lato del convento, conserva un altare intagliato ed il soffitto ligneo policromo.
Il vano retrostante l'altare maggiore si sviluppa in forma quadrangolare; in esso è allineato il pregevole Coro ligneo con formelle scolpite le cui figure evocano vibranti presenze zoomorfe. Tale Coro rappresenta una delle più interessanti pagine della storia locale dell'arte dell’intaglio.
D.M.





27 incontro 26 aprile 2017 dott. michele lioi – cav. vincenzo anobile
“Croce Rossa Italiana: Storia, finalità, ruolo del volontariato”
Il dottor Lioi ha iniziato la sua relazione presentando la sezione di Croce Rossa di Oppido che conta attualmente 30 soci, alcuni dei quali abilitati al trasporto  di infermi, essendo la sezione già dotata di ambulanza. Per svolgere più adeguatamente i suoi compiti ha però necessità di ampliare la sua base sociale e da qui l'invito ai presenti perché rispondano a questa esigenza.
Ha poi tracciato una breve storia della Croce Rossa.
Il cittadino svizzero I.H.Dunant, impressionato dalla carneficina di militari e dalla disorganizzazione dei soccorsi ai feriti durante la battaglia di Solferino (24-6-1859)
crea un Comitato di soccorso ai feriti durante i conflitti, divenuto poi Comitato Internazionale della Croce Rossa. Importante fu la conferenza diplomatica convocata dal Governo Elvetico al termine della quale i rappresentanti di 12 nazioni ratificarono la 1° Convenzione di Ginevra per il miglioramento della sorte dei feriti in battaglia (22-8-1864). Il fondatore della Croce Rossa Italiana fu il medico milanese Cesare Castiglioni che accolse anche le sollecitazioni del medico Ferdinando Palasciano, dando vita al 1° Comitato Italiano (15-6-1864).
Le attività vengono poi sempre più rivolte ad assistenza umanitaria in tempo di pace, come interventi per calamità naturali o per qualsiasi altra necessità pubblica.
I paesi arabi, pur aderendo ai principi della Croce Rossa, sostituirono la croce- ritenuta segno religioso- con la Mezza Luna, che contrassegna così il loro emblema. Il movimento della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa, ormai diffuso in tutto il mondo, opera sulla base di sette principi fondamentali:
1- Umanità: prevenire e alleviare le sofferenze degli uomini, proteggere la loro vita e la salute. far rispettare la persona umana e operare per l'amicizia e la pace fra i popoli;
2- Imparzialità: soccorrere tutti gli individui senza distinzione di razza, religione, nazionalità;
3- Neutralità: non parteggiare per nessuna delle parti in causa nelle ostilità o nelle controversie in tempo di pace;
4- Indipendenza: conservare l'autonomia dal potere politico, pur rispettando le leggi dei paesi in cui si opera;
5- Volontarietà: perché è un movimento di soccorso volontario e disinteressato;
6- Unità: dovrà esserci un'unica società in ciascuno Stato;
7- Universalità: operare e collaborare insieme in tutte le Nazioni e le situazioni in cui si presta soccorso.
Ha preso quindi la parola il Cav. Anobile, Presidente del Comitato Regionale della C.R.I. che conta ormai 4.000 iscritti. Ha sostenuto la necessità del volontariato in questa Associazione che, passata nel 2014 da Ente Pubblico ad Ente privato, ha bisogno della collaborazione di tutti per perseguire le sue finalità assistenziali.
Ha in programma la costituzione di un Comitato autonomo ad Acerenza formato dalle sezioni di 12 comuni vicini, per rendere più agevole la collaborazione fra loro
e l’istituzione di corsi per preparare gli associati ai soccorsi e la formazione di gruppi di infermieri volontari. Ha poi evidenziato il piacere di aiutare le persone in difficoltà e la soddisfazione che si ricava da un atto di generosità e gratuità, invitando quindi ad iscriversi e frequentare i corsi che saranno istituiti.
E' seguita poi una manifestazione di soccorso ad una persona colpita da arresto cardiaco, durante la quale un volontario ha mostrato le prime cure: il posizionamento corretto dell’ammalato, il massaggio cardiaco e l'uso del defibrillatore, il tutto con le adeguate spiegazioni mediche del dottor Lioi.
Tutti i numerosi presenti hanno seguito con attenzione ed interesse.

G.D.F.