9 Incontro
30/11/2016 Prof. Francesco S. Lioi
“L’immigrazione rumena in Italia”
Nell’anno 8 dopo
Cristo Ovidio è relegato in Dacia a Tomi, sulle coste del Mar Nero o Ponto
Eusino.
1940 Vintila Horia viene
in Italia come addetto stampa dell’Ambasciata rumena, fa amicizia con Giuseppe Papini. Nel 1946
(Ceaucescu era al potere da un anno) il Tribunale del popolo di Bucarest lo
condanna ai lavori forzati in contumacia per collaborazionismo con i paesi
occidentali contro l’ordine pubblico rumeno costituito dal regime dittatoriale.
Esilio in Argentina, Spagna, Nel 1960 pubblica il romanzo Dio è nato in esilio. Attraverso la figura di Ovidio, Vintila Horia
tenta di elaborare l’angoscia dell’esilio a cui lo aveva costretto il regime
comunista in Romania. Nel 1960 il libro vinse il Premio Goncourt, che Horia
rifiutò in seguito a una campagna denigratoria orchestrata contro di lui dal
governo rumeno.
La Dacia.
Ai tempi di Ovidio, sotto
l’imperatore Augusto, i Romani erano padroni della costa della Dacia sul mar Nero e delle città che erano state
antiche colonie greche. I Daci
dell’interno, con il re Burebista, continuamente facevano incursioni sui
territori romani. Il territorio, devastato dalle legioni inviate
dall’Imperatore Traiano, fu conquistato definitivamente dai Romani nel 107 d.
C. I Daci in parte erano caduti in guerra, in parte furono fatti prigionieri
(500.000 furono portati a Roma ed in Italia) ed in parte furono spinti in zone
non occupate dai Romani e disabitate, quindi fuori dai confini
dell’Impero. L’imperatore Traiano,
sconfitto il re Decebalo, lottizzò i terreni e invitò a trasferirvisi i
provinciali ex toto orbe romano, dice
Eutropio, che conoscessero e parlassero il latino, che diventò la lingua di tutta la Dacia. Venne usata
nelle epigrafe daciche, che costituiscono i più antichi documenti scritti di
storia di questo popolo trovati in loco. Si trasferì in Dacia una gran massa di
gente dalle province occidentali di lingua latina ed latinizzate negli usi e
nei costumi romani, che portarono nella nuova provincia il sermo vulgaris, parlato dai soldati e dai nuovi colonizzatori, che
per evoluzione, senza soluzione di
continuità, ha dato luogo al rumeno di oggi. Così il latino, non il greco, come
potevasi verificare in una provincia orientale dell’impero, fu la lingua usata
nella nuova provincia, più facilmente latinizzata e romanizzata anche con la
lingua.
La latinizzazione fu così profonda che la Dacia è la sede
di uno dei dialetti neolatini. La romanizzazione inoltre fu favorita da Traiano
con la fondazione di nuove città, pur rimanendo SARMIZETEGUSA, l’antica
capitale dei Daci, la metropolis della
Dacia.
Oggi la Romania è una
repubblica di 238.391 kmq e 22.327.000 ab.
(stima 2000) con 94 ab/kmq. La capitale è Bucarest con 2.339.156 ab. La povertà
è molto diffusa e riguarda circa la metà della popolazione. Il basso costo
della manodopera attira molte imprese straniere di piccole e medie dimensioni,
in modo particolare dalla Germania e dall’Italia. La Romania è stata sottoposta
alla dittatura di Nicolae Ceaucescu dal 1965 al 21/XII/ 1989. Il Presidente
della Repubblica è eletto a suffragio diretto per 4 anni, Camera dei deputati
346, Senato 143 membri: bicameralismo perfetto. L’emigrazione dei Rumeni è
iniziata all’interno della Romania stessa dalla campagna alla città, in seguito
è uscita oltre i confini dello stato riversandosi verso i paesi occidentali,
verso l’Italia in modo particolare.
Secondo fonti
ufficiali i Rumeni in Europa sono circa 2.500.000, in Italia 1.151.395, al 1
gennaio 2016. Altre fonti, però,
dicono che i rumeni all’estero per il
70% risiedono con la famiglia in Italia, dove costituiscono la più grande comunità di
stranieri residenti. Dopo di costoro vengono gli Albanesi che secondo i dati ISTAT
sono 490.483. Gli Albanesi, a parte l’emigrazione del XV secolo, hanno
incominciato a venire in Italia dal 1991, dopo la caduta della Repubblica
popolare d’Albania. Memorabili sono gli arrivi del 7 marzo 1991 a Brindisi di
27.000 albanesi da Durazzo su varie nave e lo sbarco dal Vlora del 8 agosto
1991 di 20.000 persone nel porto di
Bari. Secondo l’Eurostat al 1 gennaio
2015 l’Italia con 5. 800.000 stranieri era il quinto paese d’Europa per
popolazione straniera residente. Indubbiamente
è un il fenomeno questo che cambia molto la demografia italiana, facendola
diventare multietnica.
I Rumeni sono partiti
dalla Romania per venire in Italia e cercare fortuna che corrisponda ad un lavoro dignitoso. Lavorano
nell’edilizia, nell’assistenza domiciliare, nell’agricoltura. Se i Rumeni oggi
dovessero lasciare l’Italia, l’avvenimento non passerebbe inosservato, soprattutto
dal punto di vista economico: si calcola che verrebbero a mancare circa un milione
di euro di tasse pagate dai lavoratori rumeni. Ciononostante gli Italiani, anche
verso i Rumeni, hanno sempre paura delle rapine, degli scippi, delle
violenze. E’ la paura del diverso,
dell’immigrato. Capita spesso che nelle scuole i ragazzi italiani hanno nei
confronti dei ragazzi stranieri atteggiamenti di rifiuto, di difesa che sfocia spesso
nel razzismo: è questa la paura del diverso non solo per la pelle.
Papa Benedetto XVI durante l’Angelus di una Domenica in Piazza San Pietro è intervenuto sul
tema della sicurezza e dell’immigrazione affermando che la presenza degli
immigrati rende necessario rende necessario garantire la sicurezza dei
cittadini nei confronti dei nuovi arrivati e l’accoglienza di che arriva,
assicurando il rispetto dei diritti e dei doveri che sono alla base di ogni
convivenza. Sono questi problemi dei quali
non si è mai sentito parlare nei
confronti dei rumeni.
Il fenomeno
dell’immigrazione rumena si accentua dopo il 2002 con la liberalizzazione dei
visti turistici in Romania e dopo il 2007 ancora di più con l’ingresso della
Romania nell’Unione Europea. Dal 2001 al 2011 la comunità rumena in Italia si è
decuplicata ed è la comunità straniera più numerosa in Italia. La statistica
non tiene conto delle presenze in Italia degli zingari di etnia e di lingua rumena.
I fattori che hanno favorito questa immigrazione, secondo
gli analisti sono:
1) - geopolitici: la prossimità territoriale e la
caduta delle frontiere europee.
2) - Economici: il basso indice di sviluppo umano
in Romania e l’economicità dei trasferimenti di uomini e denaro.
3) - Culturali: la
vicinanza linguistica e culturale con facilità di comprensione dell’italiano da
parte dei rumeni e quindi facilità di integrazione.
4) - religiosi: i
rumeni sono cristiani ortodossi.
5)
Sono fattori questi che portano ad una facile integrazione.
La lingua: Il rumeno è una lingua indoeuropea del gruppo italico,
sottogruppo orientale, delle lingue romanze; è la quinta lingua neolatina per numero di popolazione parlante dopo lo
spagnolo, il portoghese, il francese, e l’italiano. E’ una lingua neolatina,
figlia quindi del latino, che ha come base il latino parlato dai legionari,
dagli agricoltori, dai mercanti e dai funzionari romani, con influenze
fonetiche delle parlate locali. “ Ha del miracoloso questa lingua neolatina ,
conservatasi, malgrado la perdita di ogni contatto col mondo romano, come
un’isola fra i marosi mugghianti di popoli di razza e lingua assolutamente
diversi”.
In
Italia - La distribuzione dei Rumeni in
Italia ha una maggiore concentrazione nell’Italia del nord e nell’Italia
centrale in modo particolare a Roma, con
: Lazio 196.000; Lombardia 138.000; Piemonte 137.000; Veneto 102.000, Roma
72.462; Torino 51. 918, Milano 12.146.
L’80% dei Rumeni in Italia è in
possesso del diploma di scuola superiore, mentre il 10% ha una laurea.
Il flusso migratorio rumeno verso
l’Italia è stato il più consistente dopo il cosiddetto allargamento ad est
della Germania ed ha avuto un grosso impatto sul mercato del lavoro e sui
sistemi assistenziali sanitari e previdenziali italiani. I Rumeni in Italia
esercitano categorie di lavori molto variegati: esercitano per il :
52% lavori poco
qualificati; 22% lavori qualificati; 4.5%
sono dirigenti ed imprenditori; 23%
lavorano in edilizia; 22% cura alla
persona, badanti; 5% lavorano in
agricoltura; 7.5% lavora negli
alberghi.
Sono tutti lavoratori a norma e che pagano regolarmente le
tasse, per cui la previdenza sociale non subisce particolari ripercussioni
finanziarie, perché finanziato a contribuzione e le prestazioni previdenziali
erogate sono finanziate con contributi a carico dei lavoratori e dei loro
datori di lavoro. Ciononostante il migrante, anche rumeno, pur integrato e con
un posto di lavoro, è stato usato come mezzo di produzione sradicato dal
proprio paese e spinto ad allontanarsi dal paese di origine e utilizzato come
forza lavoro mobile in tutti i settori.
La caratteristica
dell’emigrazione rumena in Italia è, negli anni successivi all’abolizione dei
visti con il trattato di Schengen nel 2002, è data dall’essere sempre più di
tipo circolare, in specie se i partenti provengono da aree rurali rumene. Tra
le tendenze più significative è la conversione del pendolarismo nel circuito
rurale –urbano rumeno in migrazione internazionale rumena temporanea. Si lavora
in Italia per un certo periodo, poi si ritorna in Romania con i risparmi che si
sono messi da parte. Più o meno come hanno fatto molti oppidani con
l’emigrazione in Germania.
Alcuni villaggi rumeni
hanno caratteristiche di trans nazionalità proprio per il numero elevato di
residenti che fanno la spola fra l’Italia e la Romania: il pendolarismo
dell’emigrazione; specie fra le
badanti. Lo spostamento delle forze lavoro oggi per impieghi in paesi
esteri occidentali dai paesi dell’est, e quindi dalla Romania verso l’Italia, è
sempre più gestita dalle agenzie di collocamento
e di intermediazione sia private che statali. La normativa italiana prevede
il rispetto da parte delle agenzie con sede in altro stato membro, della
disciplina dettata per le agenzie nel Decreto legge n. 276/2003 L’articolo
prevede il diritto del lavoratore
interinale “ a condizioni di base di lavoro e d’occupazione complessivamente
non inferiore a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a
parità di mansioni svolte” insieme con l’applicazione delle discipline in
materia di responsabilità solidale per l’adempimento degli obblighi retributivi
e previdenziali. Il Lavoro dei rumeni in
Italia comporta grosse rimesse di denaro italiano e questo costituisce una
grossa spinta per la economia rumena. Vi
è però anche il traffico di persone, lo sfruttamento, soprattutto di donne, è
il fiorente mercato della prostituzione, anche questo operato da agenzie che
promettono un collocamento lavorativo all’estero a giovani donne, destinandole
ad un lavoro remunerativo, ma sulla strada. Tra le accuse che spesso vengono
fatte ai rumeni vi è quella di essere ladri, ma spesso sono loro stessi ad
accusare i loro connazionali dei furti che commettono. Nell’ottobre del 2014
dei rumeni che stavano rubando a Padova furono messi in fuga da poliziotti rumeni
dell’Ambasciata rumena in Italia (Consolato). Il console di Trieste si è
espresso così: “Non vogliamo che pochi
delinquenti danneggino la vita di migliaia di donne e di uomini rumeni che qui
da voi lavorano onestamente . Non posso accettare che alcuni miei connazionali
non rispettino le leggi italiane. In Romania chi fa un furto o una rapina, va
in carcere subito e ci resta a lungo”.
Una parola sulla religione: i rumeni sono cristiani
ortodossi e questo favorisce molto l’integrazione. Esiste in Italia l’Eparchia
della Chiesa ortodossa rumena che ha giurisdizione su tutto il territorio
italiano, ha sede a Roma, ove vi è anche la sede della diocesi rumena d’Italia.
La presenza dei rumeni di rito ortodosso
in Italia è molto cresciuta con la forte immigrazione ed è la comunità ortodossa più numerosa in Italia.,
con 70 parrocchie.
Se vi è una fuga di cervelli dall’Italia verso altri paesi,
vi è anche una fuga di cervelli dai paesi dei migranti verso l’Italia. Tanti
giovani studenti che vengono a studiare in Italia non ritornano ai loro paesi,
ma rimangono in Italia mettendovi a disposizione la loro cultura e la loro
intelligenza. Non possiamo in questa sede non parlare di un grande rumeno che
tanto ha dato alla nostra regione, anche a Oppido, nel campo dell’archeologia,
sto parlando di DINU
ADAMESTEANU, Toporu 1913, Policoro 2004. Il rumeno più conosciuto e apprezzato
della Basilicata. Quinto di 10 figli
di un prete ortodosso, svolse la professione di archeologo prima in Romania.
Nel 1939 si trasferisce in Italia come bibliotecario dell’Accademia rumena in
Italia a Roma. Perché emigrato in Italia perse la cittadinanza rumena
diventando apolide. Si laurea a Roma con Gaetano De Santis. Nel campo profughi
di Bagnoli conosce l’archeologo Mario Napoli. Introduce in Italia la
prospettiva aerea e dirige la Aereofototeca del Ministero della P.I. E’ il
promotore dell’applicazione dell’aereo fotografia e prospezione delle aree
della ricerca archeologica, diventata lo strumento fondamentale per la tutela
del territorio, individua anche in Lucania, aree di interferenza tra le aree
archeologiche e i piani di costruzioni di grandi opere. Nel 1964, dopo una
lunga attività archeologica in Sicilia a Gela e Siracusa, Mario Napoli lo
chiama in Lucania con la nomina di Sovrintendente archeologico della
Basilicata, risiede a Potenza e promuove la ricerca, lo studio, la
salvaguardia, i valori e gli scavi di Metaponto, Policoro, Matera, Heraclea, e affida, nel 1966, alla nostra concittadina
Lisa Caronna Lissi le esplorazioni e la
direzione degli scavi del Montrone. Nel 1970 con Pietro Borraro organizza il
convegno di Archeologia e Storia dell’arte a Oppido. Nel 1975 ha il Premio
Basilicata per la saggistica per l’opera Basilicata antica. Storia e monumenti,
Di Mauro ed. Cava. Il 30 ottobre del
1980 riceve la Medaglia d’oro come benemerito della Scuola, della cultura e
dell’Arte dal Ministero della Pubblica Istruzione, nell’86 il Premio Una vita per la Lucania.Ha insegnato
Antichità italiche all’Università di Lecce. Ha fondato i Musei nazionali di
Metaponto, Policoro e Melfi, gli è dedicati il Museo nazionale di Potenza.
Muore a Policoro, dove abitava, il 20 maggio 2005.
I ROM in lingua romanì detti anche zingari o gitani, hanno
avuto origine dal nord dell’India, il romanì, la lingua dei rom, deriva dal
sanscrito. I ROM non vanno confusi con i rumeni. Un documento del 1390 attesta
l’arrivo di un gruppo di nomadi in Italia a
Penne d’Abruzzo: il primo nucleo di Rom in Italia.
F. S. L.