6° incontro - 21/11/2018– prof. f. s. lioi
“L’agricoltura ieri e oggi”
Il Prof. F. S. Lioi, continuando il discorso sull’annoso
conflitto terra-contadini, perpetratosi lungo l’arco di millenni, ha tenuto
un’interessante lezione sull’argomento, inquadrandolo al tempo dell’Impero
Romano.
“Le terre dei popoli vinti dai Romani venivano confiscate dal
Senato e diventavano AGER PUBLICUS
POPULI ROMANI, che doveva essere assegnato in lotti di 30 iugeri (circa
3 ettari) ai veterani o ai coloni nel caso venisse fondata una colonia, come
successe a Venosa. Questo non sempre succedeva, perché i senatori, artefici
della vita politica ed economica di Roma, rivendicavano il diritto del possesso
di quelle terre confiscate”.
“…Dopo le guerre puniche i senatori romani, approfittando del
loro potere, riservano per se stessi i terreni più fertili e più estesi, non
solo in Italia, ma anche nelle terre dei Cartaginesi in Spagna e Africa,
calpestando le leggi Licinie-Sestie che vietavano di possedere un’estensione di
terreno più grande di 500 iugeri, corrispondente a circa 125 ettari”.
“…Le terre dell’ager
publicus dovevano essere assegnate ai veterani, ma costoro, dopo anni di
guerre, si vedevano defraudati di questo diritto da coloro che si erano
arricchiti durante la loro assenza… La folla dei diseredati aumentava e il
malcontento minacciava tumulti. Nel II secolo avanti Cristo, perciò, esplose il
problema della terra ai contadini espropriati del loro terreno, prolungando nei
secoli la lotta fra patrizi e plebei.
Tiberio e Caio Gracco, durante il loro tribunato della plebe,
proposero una lex agraria per
migliorare le condizioni della plebe romana assegnandole dei lotti di terreno.
Con la Riforma agraria Tiberio Gracco prevedeva il possesso
massimo di 500 iugeri di terra, 1000 se in famiglia vi fossero 2 figli maschi.
Chi ne possedeva di più doveva cedere il superfluo allo stato perché fosse
destinato a formare la piccola proprietà e dato ai reduci o ai non abbienti, in
lotti di 30 iugeri.
La legge agraria di Gracco privava i senatori, latifondisti e
aristocratici, della prerogativa di decidere sull’ager publicus non solo,
ma li privava anche di parti consistenti dei loro possedimenti, ragion per cui il
tribunus fu accusato di aspirare alla
tirannide dagli stessi senatori in senato, fu arrestato e ucciso.
La riforma fu ripresa dieci anni dopo da Caio Gracco, il quale
propose, fra l’altro, una lex agraria
simile a quella del fratello, che però
prevedeva:
- il sorteggio dei
governatori delle province, - non più quindi eletti dal senato; - l’assegnazione delle terre delle province ai
nulla tenenti; - la cittadinanza
romana per tutti i soci, cioè gli italici; - un prezzo basso per il frumento da vendere ai poveri.
Le proposte di riforma, ovviamente, non furono accettate dai
senatori, che fecero scoppiare un tumulto popolare accusando di aspirazione
alla tirannide Caio Gracco il quale fu ucciso per mano di uno schiavo,
affrancato, poi, in seguito al delitto.
La proprietà della terra è stata sempre la ricchezza fondamentale
degli antichi Romani. Nella storia dei Romani possiamo distinguere tre periodi
nell’evoluzione del possesso della terra:
Primo periodo: piccola proprietà cerealicola nei dintorni di Roma, con
pascoli in terreni comuni per piccoli greggi ad uso familiare e non venale.
Periodo della monarchia e primi secoli della repubblica.
Secondo periodo: media e grande proprietà di 500 iugeri e oltre, con coltivazioni
arboree, vite, oliveti, e grandi armenti in terreni incolti dell’ager publicus che diventava di
proprietà.
Terzo periodo: formazione delle villae
rusticae dopo le guerre puniche, con proprietà estese tanto che i
proprietari non ne conoscevano i confini, non solo in Italia, ma anche nelle
province oltre il Mediterraneo. Si sviluppa un’economia di tipo industriale per
ottenere prodotti di grosso valore venale.
E’ questa l’epoca in cui sorgono le villae di Oppido Lucano, I
sec. a. C. età imperiale fino al V sec. dopo Cristo”.
Il prof. Lioi, citando Catone e Varrone, è passato, poi, ad
illustrare come venivavo definiti gli attrezzi agricoli.
Erano suddivisi in tre categorie:
1 – quelli dotati di parola
= gli schiavi;
2 – quelli dotati di versi
= gli animali;
3 – quelli privi di voce
= gli strumenti.
Ha poi illustrato i lavori che venivano svolti nei campi:
-
Arare,
Iterare, Tertiare,
cioè si doveva arare, ripassare, arare per la terza volta.
I lavori da fare nei seminati:
Runcatio, estirpazione con le mani delle erbe infestanti;
Sarculatio, estirpazione con un arnese chiamato sarculum;
Messio, mietitura;
Tritura, trebbiatura nell’AREA, aia (in dialetto ariə);
Ventilabrum, vaglio, ventilazione. (in dialetto vəntulà).
L’oratore ha accennato, poi, al “Carmen lustrum o Lustrale, una preghiera che il Pontifex maximus recitava a Roma ogni
cinque anni e il pater familias ogni
anno, con una processione attorno al suo campo, affinché il dio Marte
impedisse, ricacciasse e allontanasse dalle proprie terre i mali visti e
nascosti, la desolazione e le devastazioni, le calamità naturali e salvasse le
messi, gli oliveti e i vigneti…
Questo antico rito propiziatorio, nella società cristiana antica
e moderna, ha avuto la sua continuazione fra il popolo chiedendo a Dio le
stesse cose che chiedeva il pater
familias al dio pagano.
Fu un papa a sostituire il dio pagano con il Dio Cristiano. Il
rito cristiano prende il nome di Rogazione, dal verbo latino rogare che significa chiedere qualcosa a
qualcuno. Le rogazioni, che si celebrano 40 giorni dopo Pasqua e prima
dell’Ascensione, nel Cristianesimo sono preghiere di penitenza e processioni
propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni”.
D.M.