giovedì 31 dicembre 2015





IL PRESIDENTE 
ED 
IL CONSIGLIO DIRETTIVO

AUGURANO 
AD ISCRITTI
 E 
SIMPATIZZANTI 

UN SERENO ANNO NUOVO

lunedì 28 dicembre 2015

11° INCONTRO-21/12/2015- SERATA AUGURALE E PROIEZIONE DI VIDEO.

Per le festività natalizie e per lo scambio degli auguri fra gli associati, è stata programmata la serata augurale che ha avuto il seguente svolgimento:
PROIEZIONE DEL VIDEO " STORIA DEL PRESEPE IN IMMAGINI"DI P. ADELMO MONACO.
E' la storia del Presepe dal 1200 ad oggi: realizzato per la prima volta da S.Francesco nel 1223 presso Greccio, la nascita di Gesù ha ispirato nel corso dei secoli molti artisti, che hanno raffigurato in dipinti o con sculture singoli personaggi legati alla Natività o rappresentazioni dell'Avvenimento con scenografie di alto valore artistico. Si  ricordano, fra gli altri artisti, Giotto, Arnolfo di Cambio, Botticelli, i Della Robbia, Benozzo Gozzoli e Altobello Persio, i cui Presepi soino conservati a Matera e a Tursi.Lo sviluppo dei Presepi scolpiti si ebbe nel'700 quando si formarono le grandi tradizioni presepistiche: napoletana, genovese, bolognese, siciliana. In tutti i Presepi c'è naturalmente la Grotta della Natività, con gli Angeli e i pastori che rappresentano il Bene, che si oppone la Male rappresentato dall'osteria con i gaudenti. beoni e giocatori di carte. Non manca mai il corteo dei Magi e, soprattutto nei Presepi napoletani, lo zampognaro, gli artigiani di vari mestieri, i venditori, il bue e l'asinello, le pecore e altre figure inventate dalla fantasia popolare come la zingara Stefania ed il pastorello sognante Benino. Sono mostrati infine alcuni Presepi realizzati di recente dal materano Francesco Artese. Il video si chiude con un forte richiamo al sentimento religioso che deve ispirare la visione del Presepe, che è il ricordo della nascita di Gesù e con le parole:" Siamo con i pastori e con i Magi alla Grotta, o con Erode alla strage degli Innocenti?"
PROIEZIONE DEL VIDEO "RICORDI D'INFANZIA...OPPIDO LUCANO" DI DONATO LANCELLOTTI.
L'autore, oppidano residente a Roma. ha ripreso vari scorci del paese, soprattutto del centro storico, con immagini sempre molto belle in particolare quelle del paese ricoperto di neve. Ha ripreso,le Chiese con i dipinti più interessanti, gli oggetti esposti nel Museo Etnografico, il mercato, la Sagra della pasta a mano e alcune altre feste popolari.
Le immagini, sempre suggestive, sono accompagnate dalla musica composta ed eseguita dallo stesso Donato Lancellotti.
E'SEGUITO POI UN MOMENTO DI SOCIALIZZAZIONE e di festa durante il quale sono stati consumati dolciumi in parte offerti spontaneamente dalle socie: le sorelle Lucia e Rosina Langellotti, da Carmela De Bonis, Maria Donata Viola e Anna Cervellino e si è brindato con Verdeca offerto da Teodosio Bevilacqua e con moscato 
offerto dai fratelli Gaetano e Angelo Palumbo.

La bella serata si è chiusa con lo scambio degli auguri e con la promessa di rivedersi tutti alla ripresa degli incontri dopo le festività.

sabato 19 dicembre 2015

Lunedì 21/12/2015

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale



SERATA AUGURALE


         PROGRAMMA

         -Proiezione video:

¨  STORIA DEL PRESEPIO IN IMMAGINI di P. Adelmo MONACO

¨  RICORDI D’INFANZIA di Donato LANCELLOTTI


a seguire

¨  CERIMONIA DI CONSEGNA DELLE TESSERE PER L’A.A. 2015-2016


 e per finire


AUGURI IN DOLCI E BOLLICINE




Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.


venerdì 18 dicembre 2015

10° INCONTRO 16/12/2015 Prof. F. S. LIOI
“Le migrazioni nell’Italia del V sec. A.C.”

Ver sacrum: Le migrazioni dei popoli nell’Italia antica.

Se diamo uno sguardo ad una cartina dell’Italia del V sec. a. Cristo, si nota un susseguirsi di nomi di popoli.  Man mano che l’occhio scende verso il sud della cartina vede una quantità ed una varietà molto più variegate di nomi al centro Italia che al sud. Partendo dall’Umbria moderna e seguendo la dorsale appenninica, leggiamo sulla cartina una sequenza di popoli di origine indoeuropea: Umbri, Latini, Sabini dai quali ebbero origine, con il rito della Primavera Sacra, Volsci, Piceni, Sabini, Marsi, Frentani, Sanniti, Lucani, ecc.
Questo è conseguenza di continue migrazioni di gente di uno stesso popolo che, di tribù in tribù, lasciava la terra d’origine in cerca di nuove terre, di nuovi pascoli, di una maggiore possibilità di vita. Perché avveniva questo? Quale era il popolo che ha dato origine a questo fenomeno, che ha accompagnato la storia d’Italia nel suo farsi e che ancora continua? L’Italia è stata sempre una terra di emigrazione e di immigrazione, ma anche di movimenti interni di gente che si è mossa a fasi alterne dal sud al nord e dal nord al sud. I primi trasferimenti di popoli all’interno dell’Italia sono avvenuti da nord al sud, verso un clima più temperato che offriva migliori condizioni a popoli che vivevano ancora in tende o capanne e che avevano nella transumanza dei greggi la loro ricchezza.
Questa sera vogliamo analizzare con parole semplici le migrazioni avvenute sul suolo italico nel V sec. a. Cristo, quando ancora i Lucani non esistevano e i territori che occuperanno erano abitati dagli Enotri, i quali lungo le coste avevano subito la pressione dei Greci, venuti d’oltremare in cerca di terreni pianeggianti e fertili. “ Nulla vi è di più bello, di più desiderabile, di più amabile, quale è il luogo intorno alle correnti del Siri” aveva detto, Archiloco, un poeta greco del VI sec. avanti Cristo. Nel V sec. a. C. la tradizione storica data le invasioni migratorie degli osco-umbri nel resto della penisola italica, dal nord verso il sud, verso il territorio degli Enotri, resti superstiti fra Sele e Bradano delle tribù indoeuropee, dice Giacomo Devoto. “Enotri”: che cosa significasse il termine, noi non sappiamo, dice sempre Giacomo Devoto. Stiamo parlando di avvenimenti accaduti trecento anni dopo di quando la vita si svolgeva sul Montrone, di cui è testimonianza la necropoli.
Gli storici non hanno ancora trovato un accordo sull’origine degli antichi popoli italici, Etruschi compresi. Secondo alcuni son venuti da oltre le Alpi popoli in cerca di nuove terre e migliori condizioni climatiche: sarebbero questi i primi italici. Potrebbero essere venuti con una continua, lenta penetrazione migratoria da Est, attraverso l’Adriatico, invadendo valli e pascoli e campi. Questi popoli, dice Silvio Ferri, per dimora stabile scelsero la cima delle montagne dell’odierna Basilicata, come per difendersi meglio; sono sempre rimasti lì; noi ce li troviamo nel I millennio a. C. e corrispondono ancora, su per giù, alle cittadine odierne. (Silvio Ferri, Antiche civiltà lucane, p. 39). Migrazioni, sempre movimenti di popoli in cerca di migliori condizioni di vita. Anche gli Osco-umbri sarebbero giunti in Italia in cerca di sole e di pascoli, ma dal Nord, da dove hanno iniziato la loro marcia verso il Sud. Costoro, secondo altri insigni storici, sarebbero autoctoni, si sarebbero mossi in Italia, sempre dal Nord al Sud, lungo la dorsale appenninica,   e avrebbero dato origine a tutti i popoli che, prima della conquista romana, abitavano la penisola italica dal Piceno al Bruzio. Questi popoli, condizionati dalla natura dei luoghi e da questa fissati in nuovi tipi etnici, avevano come patrimonio ed  elementi comuni portanti  la lingua osca, parlata fino al primo secolo avanti Cristo, quando è stata soppiantata dal latino, l’arte e il diritto. Di costoro l’archeologia ha fatto conoscere avanzi di vita materiale, di abitazioni e di tombe, di ceramica domestica e di armi. Tutto questo formava una koinè culturale di tradizione italica e protolatina. La cultura formava una forte comunità, divisa però in tante piccole entità tribali federate. La formazione di tante piccole federazioni era favorita dalla conformazione del territorio, dalle difficoltà di comunicazioni e dalla scarsezza di zone pianeggianti. Gli Osco-Umbri nella loro evoluzione storica hanno occupato territori sempre più meridionali ed in maniera sempre più rapida, per la fecondità della stirpe, che ha dato luogo ad una continua divisione di persone con il ver sacrum, (primavera sacra) per la ricerca di nuove terre, sia per la pastorizia che richiedeva sempre nuovi ed estesi pascoli, sia per la formazione di nuove tribù, non avendo queste genti ancora un’idea di uno stato unitario: piccolo territorio, piccolo gruppo di persone retto da un capo tribù e grande facilità di staccarsi dal gruppo per andare a fondare una nuova comunità.    
La penetrazione di questi popoli di pastori verso il sud, che la storiografia chiama italici, seguiva le valli dei fiumi, che dalle cime dell’Appennino scendono verso il mare. Le valli, infatti, offrivano condizioni migliori per la transumanza secondo le esigenze stagionali dei greggi. La transumanza dai monti verso le pianure, e viceversa, ha segnato nel tempo quelle vie naturali che vanno sotto il nome di tratturi.
La facilità di  penetrazione sempre più a sud e verso i mari  fu data dal fatto che gli Italioti, cioè i Greci delle colonie greche della costa, non erano ancora penetrati nell’interno,  ma anche dalla scarsa densità demografica della dorsale appenninica e delle sue valli e dalla debole resistenza degli indigeni ai nuovi invasori.
Le ondata migratoria osco-umbra nel V, IV sec. a. C. diede origine ai popoli italici fra i quali i Sabini.  Da questi ebbero origine tutti gli altri popoli mediante il ver sacrum: (cioè, primavera sacra): una manifestazione divinatoria delle popolazioni antiche italiche basata su un’emigrazione forzata. Il rito diminuiva la pressione demografica non appena essa aumentava in un determinato territorio con il passar del tempo e favoriva la colonizzazione di zone limitrofe. Il ver sacrum spingeva i popoli di lingua osca ad inoltrarsi lungo l’Appennino, verso terre sconosciute per fondare nuovi insediamenti. Il rito della primavera sacra  veniva celebrato quando il popolo era colpito da sventure, quali una sconfitta militare o una carestia. Venivano allora consacrati alla divinità: animali e prodotti della terra, presso alcune tribù, nati e raccolti  fino al primo marzo, presso altre durante tutto l’anno in corso. Dopo un ver sacrum, i Sabini furono colpiti da una grave carestia, furono così costretti ad offrire anche i bambini nati  entro l’anno. Gli animali furono sacrificati, i bambini invece dopo una rivolta delle donne in difesa dei loro figli, non vennero sacrificati, ma vennero sacrati, cioè consacrati alla divinità, e giunti all’età adulta, dovevano emigrare verso nuove terre per alleggerire la pressione demografica e fondare una nuova comunità. Era un’emigrazione sacra, totemica, che ha dato luogo a tutti i popoli italici; il totem era un animale guida, che dava indicazioni sul viaggio, indicava la via, i luoghi in cui stabilirsi. Per i Piceni era il picchio verde, per i Sanniti il toro, per gli Irpini il lupo chiamato hirpus, per i Lucani il lupo.
Così Strabone racconta il rito della Primavera sacra presso i Sabini:
 Intorno ai Sabini c’è ancora un’altra tradizione secondo cui i Sabini , da lungo tempo in guerra contro gli Umbri, come era soliti fare anche alcuni popoli greci, avevano fatto il voto di consacrare tutto ciò che sarebbe stato prodotto nell’anno e, avendo vinto, offrirono in sacrificio una parte dei loro raccolti e consacrarono il resto agli dei. Sopravvenuta però una carestia, qualcuno disse che bisognava consacrare anche i figli. Quelli dunque fecero così e promisero ad Ares i figli nati in quell’anno; una volta che costoro divennero adulti, li fecero emigrare dal paese sotto la guida di un toro. Il toro si sdraiò, per dormire nel paese degli Opici, che allora vivevano sparsi in villaggi, essi li attaccarono, si insediarono lì e sacrificarono il toro ad Ares, che lo aveva dato ad essi come guida, secondo il responso degli indovini.
      Strabone (V, 250) fa discendere con la pratica del ver sacrum tutti i popoli italici dai Sabini. Dice Strabone: I Sabini sono una stirpe assai antica e sono autoctoni (αυτόχθονες); loro coloni sono i Picentini e i Sanniti; coloni di quest’ultimi sono i Lucani, di questi i Bruttii (V, 31). Le popolazioni italiche nacquero così, con la Primavera sacra, durante l’età del ferro della penisola italica. Un gran numero di tribù sannitiche nel corso del V sec. emigrò verso la pianura campana e verso quella terra che sarà chiamata Lucania. Il Sannio non era favorevole all’accrescimento della popolazione, così il ver sacrum non si interruppe, ma si intensificò, e si migrò sempre più a sud, verso le pianure, verso la piana del Sele da un lato e verso la valle del Bradano dall’altro. Si percorrevano, sempre sotto la guida dell’animale sacro, le valli dei fiumi: del Liri, del Volturno, del Sele, del Bradano, che offrivano strade verso il mezzogiorno di Italia. I Sanniti che emigrarono dirigendosi verso le sorgenti del Bradano presero nome Sabelli; di costoro  parla Orazio a più riprese. Li conosce per una vita di dura e severa disciplina acquisita nel lavoro agricolo e per il superstizioso attaccamento alle pratiche magiche. Parlando di Venosa il poeta dice che fu fondata in territorio sabellico, territorio questo occupato da quel ramo dei Sanniti che si diresse verso le sorgenti del Bradano. Così Orazio dice di se stesso e del territorio:
Lucanus an Apulus, anceps, / nam Venusinus arat finem sub utrumque colonus, / missus ad hoc, pulsis , vetus est ut fama Sabellis…(Lucano o Apulo non so, Perché il colono venosino ara fra i due confini, mandato là, secondo una tradizione antica, dopo la cacciata dei Sabelli, perché il nemico non sorprendesse i Romani, in un paese spopolato, fossero gli Apuli o i Lucani, tutta gente violenta, a scatenare una guerra).
I migranti che giunsero nelle terre che in seguito saranno dette lucane, naturalmente, si imbatterono nelle nuove terre con genti autoctone preesistenti, genti italiche o anche preitaliche di origine preindoeuropea, che avevano una loro civiltà e un loro modo di vivere. Vennero a contatto con gli Enotri (coltivatori della vite) che Ecateo considera indigeni.  Con queste genti i nuovi arrivati si fusero, pur avendo su di esse il sopravvento. L’ondata migratoria osca verso il Sud, dal Sannio, diede origine ai Campani, ai Lucani, dai quali in seguito ebbero origine i Bruzi. Le genti del Sannio, dice Luigi Pareti nella Storia di Roma, scesero come un alluvione in tutte le terre circostanti, verso ovest con i Campani, verso Sud con i Lucani. I Lucani, quindi, erano oschi di stirpe sannitica, occuparono le terre a sud del Sele verso il Tirreno e del Bradano verso lo Jonio. Sempre con il rito della Primavera sacra essi si sono sparsi per tutto il territorio su una superficie di 14.500 kilometri quadrati, nella seconda metà del IV sec. a. C.
Dirigendosi verso vari punti della regione fondarono, stando a quanto dice Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia III, 98, le tribù: Atinati, Bantini, Eburini Grumentini, Numestrani, Potentini, Sontini, Sirini, Tergiliani, Ursentini, Volcentani.
Uno storico greco, lo pseudo Scilace dice di conoscere in tutta l’Italia meridionale, a sud dei Sanniti e dei Iapigi, una sola regione: la Lucania, abitata dai Lucani, discendenti dei Sanniti, i quali sciamarono verso le sorgenti del Sele e del Bradano, formando la federazione dei Lucani su una superficie di 14.500 Km quadrati, secondo calcoli moderni..
Rimane per la storia nebuloso il rapporto che i nuovi arrivati,  i Lucani, ebbero con gli Enotri, popolo preesistente, con il quale si fusero non sappiamo se per conquista o pacificamente. Gli storici antichi, invece, ci parlano dei rapporti conflittuali con le colonie greche della costa. I Lucani conquistarono alla fine del V sec. a. C. Posidonia, che chiamarono Pastom, Paestum in seguito per i Romani, e tutte le altre città della costa tirrenica, esclusa Velia. Opposero una forte resistenza ai Romani, i quali alla fine li asservirono al loro potere. L’epitaffio di Cornrelio Scipione Barbato dice: subigit omne Loucanam opsidesque abducit. (sottomise tutta la Lucania e ne trasse ostaggi).
 I Sanniti scesi verso il Tirreno, furono costretti ancora una volta ad emigrare.  Le colonie greche di Posidonia e di Elea avevano in precedenza spinti verso l’interno gli indigeni della costa, che dal promontorio di Punta Licosa denominarono Lucani, cioè gli abitanti del promontorio, e l’interno chiamarono Lucania. I nuovi arrivati, cioè i Sanniti, furono anch’essi denominati Lukanoi, costoro a loro volta conquistarono la costa trasformando la greca Posidonia nella italica Pesto, negli usi e nei costumi diffondendo la lingua osca. Se la conquista dei territori interni avvenne pacificamente per la scarsità demografica del territorio e la decadenza degli insediamenti demici dei quali rimangono le necropoli, i Lucani furono costretti a combattere con le città greche della costa, che alla fine conquistarono e lucanizzarono. Aristosseno, scrittore tarantino, dice che Posidonia, essendo greca di origine, si imbarbarì mutando la lingua e le istituzioni. La lingua è fattore di civiltà e l’osco, lingua portata dai Lucani nelle terre da essi conquistate, perdurò anche con la romanizzazione, come dimostra la tavola bantina, trovata qui a Oppido, nel 1793: un tavola di leggi scritta in latino ed in oasco..
Gli osco-sanniti prima di penetrare in Lucania non conoscevano la scrittura; l’appresero quando erano già in Lucania dai greci della costa e l’applicarono alla loro lingua: l’osco. Da Strabone sappiamo che i Lucani erano retti democraticamente, con magistrature cittadine, come risulta anche dalla Tavola Bantina. . In caso di guerra nominavano un magistrato che come capo di tutti i dodici popoli da cui era formata la federazione lucana. Nella guerra sociale contro Roma il capo lucano era Caio Lamponio. Le zone lucane vicine agli influssi greci di Metaponto e di Paestum raggiunsero un livello superiore di civiltà e di ricchezza. Il commercio e la transumanza dei greggi cercava di colmare la sperequazione fra l’interno montuoso e le zone pianeggianti della costa.
Non mancano anche migrazioni dal sud verso il nord della penisola, come quella di quella tribù che aveva come guida il vitello: la tribù di nomò Italoi, Itali, nome che col tempo salì fino al Po e diede l’etnico a tutti gli abitanti della penisola.
Ma chi erano questi Lucani e come vivevano nel quotidiano?
Uno scrittore greco del II sec. dopo Cristo, Claudio Eliano,  riporta in una sua opera una legge dei Lucani (τις νόμος Λευκανϖν) che diceva: Dice una legge dei Lucani che, se al calar del sole giunge uno straniero e volesse fermarsi nella casa di uno, questi non mandi via l’uomo, lo deve ospitare, se non, a me sembra che debba pagare la pena per non averlo ospitato a Giove ospitale.
Λέγει τις νόμος Λευκανϖν, άν λίου δύντος  αφίκται ξένος καί θελήσ ς  στέγν τινός, δ μή δέξηται τν  νδρα
Giustino, uno scrittore latino del I sec. d. Cristo,  invece ci riporta qualcosa sull’educazione dei giovani Lucani.
Dice Giustino:
 I Lucani solevano allevare i loro figli come gli Spartani; giunti a pubertà, li tenevano tra i pastori nei boschi, senza alcun aiuto servile, né vesti da rivestirsi o da dormirci, in modo da assuefarli alla vita dura e parca, senza gli usi delle città. Mangiavano cacciagione e bevevano latte od acqua, e si indurivano nei lavori bellici. Erano soliti aggirarsi a predare i campi dei vicini in gruppo di 50, ma poi aumentati di numero, e attratti dalla preda, in gruppi maggiori infestavano i paesi.

La serata si è conclusa con domande e curiosità rivolte all’oratore e con un applauso finale.

giovedì 17 dicembre 2015


5° INCONTRO –11/11/2015 –DOTT. E. TABANO
Campagna di vaccinazione – Farmaci equivalenti” 
La vaccinazione antinfluenzale rappresenta un mezzo efficace e sicuro per prevenire la malattia e le sue complicanze”
-Definizione generale di vaccino:
L'immunità di un soggetto nei confronti di un agente patogeno può essere indotta artificialmente mediante immunizzazione attiva (vaccinazione).
La vaccinazione prevede la somministrazione, per via parenterale (cioè con un'iniezione) o per via orale, di una preparazione antigenica che può essere rappresentata microrganismo (batterio, virus) verso cui si vuole protezione, da sue frazioni immunogene (ovvero proteine che provocano una risposta di difesa da parte del soggetto) o da sue tossine (per esempio la vaccinazione contro il tetano).
Esistono due tipi di vaccini: “i vaccini vivi attenutati” e “i vaccini inattivati”.
I primi hanno un potere virale diminuito/attenuato e scatenano una risposta immunitaria molto blanda che non provoca la malattia.
I secondi hanno un potere virale nullo e scatenano una risposta immunitaria piu’ contenuta rispetto ai primi.

-Cosa sono i vaccini anti-influenzali e cos’è l’influenza:
I vaccini antinfluenzali contengono virus inattivati o parti di questi, che nell’arco di circa due settimane dall’iniezione sono in grado di stimolare la produzione di anticorpi specifici contro gli antigeni virali dell’influenza.
Il vaccino antinfluenzale è uno speciale preparato che protegge dal virus dell'influenza.
 Il vaccino dovrebbe essere somministrato tra metà ottobre e fine dicembre.
Sebbene la protezione, fornita dal preparato, non sia totale, la vaccinazione antinfluenzale rappresenta una delle risorse più efficaci contro l'influenza.

-Gli obiettivi della campagna vaccinale contro l’influenza sono:
a) riduzione del rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte
b) riduzione dei costi sociali connessi con morbosità e mortalità
-Il vaccino antinfluenzale è consigliato a:
Salvo particolari eccezioni, possono vaccinarsi contro l'influenza tutti gli individui dai 6 mesi d'età in su.
In particolare, il medico consiglia caldamente il vaccino antinfluenzale alle seguenti categorie di persone:
·         Donne incinte, perché il virus influenzale potrebbe trasmettersi al feto e complicare la gravidanza.
· Bambini e adolescenti, perché possiedono delle difese immunitarie "fragili" e trascorrono molto tempo in ambienti affollati (asili, scuole ecc), dove il virus si trasmette con velocità e facilità.
·         Anziani, a causa di una fisiologica riduzione delle difese immunitarie.
·  Tutti quelli che soffrono di particolari disturbi di salute o sono patologicamente immunodepressi; in queste persone, il virus dell'influenza potrebbe scatenare gravi complicazioni. Nella tabella seguente, sono riportate le condizioni patologiche, in presenza delle quali si consiglia il vaccino.

-Vaccini disponibili per la stagione invernale 2015-2016
L’Aifa fornisce l’elenco ufficiale dei vaccini
La stagione dell’influenza è in anticipo e dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, arriva l’elenco ufficiale dei vaccini con l’avvio, da metà ottobre a fine dicembre, della nuova campagna di immunizzazione.
Si tratta degli antigeni virali efficaci la serie di ceppi isolati per l’autunno 2015-2016: il californiano H1n1, lo svizzero H3n2, il thailandese B-Yamagata e australiano B/Victoria/2/87.
Il relatore ha poi parlato dei farmaci equivalenti, detti anche medicinali generici, fornendo alcune informazioni che riassumiamo di seguito.

MEDICINALE GENERICO
Art. 10, comma 5 D. Lgs. 219/2006
“Un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità.”

Gli equivalenti farmaceutici non necessariamente sono bioequivalenti.
Due equivalenti farmaceutici le cui velocità ed entità di assorbimento non differiscono statisticamente quando essi sono somministrati alla stessa dose e in condizioni sperimentali simili son o definiti bioequivalenti.

Non vi è ragione scientifica per ipotizzare diversa efficacia o sicurezza se il generico viene prodotto in modo tale da garantire che il profilo farmacocinetico (bioequivalenza) e qualità siano perfettamente sovrapponibili a quello del branded. (Aust Prescr. 2007; 30:41-3)Poiché di solito i farmaci generici costano meno dei farmaci branded, molte persone credono erroneamente che i generici siano inferiori rispetto ai branded.


La serata si è conclusa con apprezzamenti ed applausi.

lunedì 14 dicembre 2015

Mercoledì 16 Dicembre

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale

il Prof.  F.S. Lioi

terrà la seguente conferenza:

“Le migrazioni nell’Italia del V sec. A.C.”






Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.

domenica 6 dicembre 2015

Mercoledì 09 dicembre 2015

ore 18.30

Biblioteca Comunale


“Fare il punto”

La poesia di D. Gaetano De Rosa

Relatore: Dott. Sergio Americano






Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.