4° Incontro 04/11/2015 Rev.do
D. GIUSEPPE GRECO
“La
Cappella di S. Nicola in Oppido Lucano”
Cappella di San Nicola
Volendo passare in rassegna le Chiese e le cappelle
esistenti in Oppido nei secoli scorsi, non
possiamo non riferire anche della Chiesa di S. Nicola. Mi affretto però a dire che scrivo
queste righe con vivo rincrescimento.
Pietro Borraro e la Cappella di San
Nicola
Abbiamo una autorevole relazione su questa Chiesa che si
trovava a pochi metri da quella
dell'Annunziata, scritta da Rosa Santoro Taglianetti in Studi Lucani e Meridionali, a cura di Pietro Borraro (Ed. Congedo,
1978).
La relazione è preceduta da una precisazione del
compianto P. Borraro, tanto attento alla
cultura lucana e profondamente sensibile per la ricchezza artistica della nostra terra:
“Oppido Lucano è tra le più
interessanti località della Basilicata.
Il volume "Antiche Civilta
Lucane", Editrice Congedo, Galatina, a cura di Pietro Borraro, raccoglie una serie di testimonianze e documentazioni sulla importanza di Oppido, dall'archeologia classica a quella medievale, dalla paleografia musicale ebraica alla pittura (la grotta di S.
Antuono), al folklore, al
canto popolare.
Una inedita pagina di storia
dell'arte era costituita dalla Chiesa di San Nicola. "Era", abbiamo
scritto, perché quella chiesina, seppure fatiscente, venne barbaramente abbattuta, dai soliti ignoti, in una notte di fine
giugno del 1973. Fu un gesto proditorio e vile, che privò
all'improvviso Oppido Lucano di un monumento, al quale mi
dedicai – all’epoca della mia direzione della Biblioteca
Provinciale di Potenza- allo scopo di farlo conoscere e di salvarlo.
Purtroppo di questa Chiesa nulla si
sapeva. Le uniche fotografie che rimangono sono queste che qui
pubblichiamo per illustrare una breve nota che, sulla detta
chiesina, redasse anni fa la prof. Rosa Russo Santoro Taglianetti.
Ricordo che, appena seppi della
distruzione, informai dello scempio l'allora Direzione
Generale delle Antichità e Belle Arti e la Soprintendenza ai Monumenti della Basilicata (lettera in data 11 luglio 1973) e diedi ai giornali un ampio stralcio sul significato della perdita subita dal
patrimonio artistico lucano.
Poi, come suole accadere, lentamente
gli echi si sopirono e più nessuno accennò alla Chiesa di S.
Nicola in Oppido Lucano.
A distanza di qualche anno però, affinché
rimanga traccia del distrutto monumento e non abbiano a ripetersi
gesti di tanta inciviltà, torniamo sull'argomento anche per
far conoscere l'unica testimonianza fotografica che di esso esiste,
almeno a quel che noi sappiamo”.
Come si può osservare, non v’è alcuna animosità, nessun
desiderio di indagare sui responsabili
della distruzione; troviamo in queste righe solo il dispiacere di vedere il patrimonio
artistico lucano depauperato da irresponsabilità derivante, come sempre, da ignoranza.
La testimonianza di Rosa Santoro
Taglianetti
Ritengo utile riportare quanto la dott.ssa Santoro
Taglianetti dice a riguardo della Chiesa di
San Nicola nel volume citato, anche perché non tutti hanno a disposizione tale
pubblicazione.
Oppido Lucano, che una male intesa
restaurazione toponomastica alla fine del secolo scorso riportò ad una
errata denominazione (Palmira, come ancora si legge nelle
carte di una trentina di anni fa) conta diversi
monumenti di importanza
artistica, di alcuni dei quali, come le grotte di Sant'Antuono, si è di recente occupata la critica storico-filologica.
Interessa
all'argomento del nostro studio una chiesina, attualmente fatiscente e abbandonata, che sorge alla periferia del
paesino, il quale nel suo complesso
costituisce un pregevole esempio di urbanistica caratterizzato da edifici con portali antichi finemente lavorati e
decorati. La chiesina è detta di San
Nicola e si leva con le sue scheletriche mura in un campo di granoturco.
Questo particolare mi ha fatto
pensare a quelle Chiese sperdute nella campagna dell'Armenia
sulla cui tipologia qualche anno fa si tenne a Roma una mostra, illustrata in un bel catalogo stampato dall'editore De Luca. La
nostra chiesina, per la quale sarebbe interessante un
rilievo planimetrico, misura metri 15 per metri 8 ed è
ridotta, come dicevamo, allo stato di rudere o quasi.
Il lato anteriore presenta un
ingresso mutilo la cui sagomatura rivela la forma ogivale che del
resto si ripete in un ingresso laterale adiacenteall'abside.
Questa è delimitata nell'interno da
un'ampia archeggiatura anch'essa finemente goticizzante che reca poco al di
sotto del centro una monofora nella tipica struttura che ricorre
nell'architettura civile e militare del medio evo; basti pensare ai castelli di Melfi e di Lagopesole, dove questo tipo
di finestra a feritoia è
comune.
Esternamente la monofora
si presenta sagomata con pietre ben squadrate che rivelano
una particolare cura da parte dei costruttori. Anche gli spigoli
dell'edificio sono lavorati a mano e la muratura esterna, anche se nella tipica maniera delle costruzioni agresti, segue una
linea architettonica ben precisa.
La chiesina è priva di soffitto e
quindi esposta alle continue aggressioni degli agenti atmosferici.
Naturalmente non vi è nessun elemento
epigrafico che consenta di fare ipotesi sulla datazione, né esistono
documenti nella Parrocchia di Oppido Lucano che facciano
riferimento a questa Chiesa. (Ve ne sono
però nell'Archivio della
Curia, come subito dirò) Né riferimenti
si trovano nella monografia di Francesco Giannone,
recentemente ristampata in anastatica ad iniziativa della
Biblioteca Provinciale di Potenza. (vi fu anche una ristampa ad opera della Cassa Rurale
ed Artigiana)
In mancanza di fonti e di notizie che
comunque riguardino questa Chiesa, detta ancora oggi dal popolo,
di San Nicola, formuliamo alcuni giudizi sulla base dell'attuale
condizione dell'edificio.
L'interesse del soprintendente Mario
Zampino
Risulta che già qualche anno fa l’allora
soprintendente ai monumenti, architetto Mario Zampino, prese
interesse a questa Chiesa e ne previde il restauro a non lungo
termine.
Ciò testimonia l'interesse e
l'importanza di questo monumento del quale finora non si e mai
parlato e che per la prima volta viene qui presentato in una documentazione fotografica nell'insieme e nei particolari.
A nostro avviso questa Chiesa di San
Nicola rientra nel repertorio dei monumenti e documenti
artistici ai quali ha fatto di recente riferimento it Borraro in uno studio contenuto negli atti del convegno su "Dante e la
Cultura Sveva" tenuto qualche anno fa a Melfi...
Vale a dire che questa chiesina di
San Nicola e uno di quegli esempi [rari] che si
incontrano in Basilicata e testimoniano di un ritardo nella normale cronologia degli stili.
Testimonianza di un gotico ritardato
In Lucania il medio evo, in un certo
senso, giunge in ritardo rispetto alle altre regioni d'Italia.
I motivi di questo
ritardo sono geografici innanzitutto, ma anche storici. La teoria di Borraro si fonda proprio su questa particolare vicenda subita e sofferta dalla Lucania che, da una fase di splendore e di
supremazia quale godette all'epoca della
monarchia normanno-sveva, passa ad una paurosa ed inarrestabile
decadenza seguita appunto al tramonto della dinastia sveva.
I pregnanti motivi
artistici e letterari che informarono quel tempo, con l'avvento degli Angioini, si dispersero ed emigrarono altrove. Si pensi agli esempi di Venosa e di
Acerenza, alla fioritura dell'architettura civile e militare
in Lucania, ai monumenti pittorici oggi spersi come membra "disiecta"
e non si potrà non lamentare il triste destino che ha sconvolto
la vita e la storia di questa regione, in rapporto alla quale non senza motivo si e parlato di assenza di una linea evolutiva
ed armonica nello sviluppo artistico.
E' piuttosto da dire quindi, che le
vicende storiche e sociali hanno vulnerato e confuso la traiettoria
del pensiero operando un catastrofico sisma in senso traslato
alla cui incidenza ed influenza occorre riportare lo stato di desolante abbandono, di abbrutimento e di dispersione del patrimonio artistico lucano.
Ora la Chiesa di San Nicola, la cui
tipologia chiaramente ripete la iconografia gotica, e un esempio, di
cui esistono altre ripetizioni, del ritardo con il quale viene
recepita nella regione l'ondata di ritorno di motivi artistici successiva alla fase, che potremmo definire della diaspora sveva.
Da quanto siamo venuti fin qui
dicendo consegue che la datazione di questa Chiesa non va
stabilita secondo i consueti parametri cronologici, propri delle successioni
stilistiche nella storia dell'arte, validi per le altre regioni, ma indicata con un ritardo di forse più di un secolo rispetto a quelle.
Questa struttura architettonica,
quindi, che altrove fa pensare ad una fioritura trecentesca,
qui bisogna collocarla con un salto di oltre un secolo rispetto alla normale cronologia.
Un discorso coerente e completo nella
migliore maniera possibile non ancora è stato condotto in rapporto
all'arte lucana intesa come omogeneo sviluppo degli indirizzi
e delle correnti.
Quando un discorso del genere sarà
impostato, la tematica alla quale abbiamo testè
accennato sarà un fatto suffragato da abbondanti esemplificazioni.
Qui accenniamo semplicemente, per
analogia, al discorso sull'arte pittorica a proposito della quale gli
affreschi già citati di Sant'Antuono, che ordinariamente altrove si
daterebbero per la tipologia al secolo XIII, sono stati invece datati dalla Medea alla fine del secolo XIV.
Problemi che poneva la detta cappella
In conclusione ci sembra di poter
dire, a proposito della Chiesa di San Nicola di Oppido, che
essa pone alcuni problemi: in primo luogo quello di datazione secondo la impostazione da noi seguita; in secondo luogo quello della catalogazione di casi analoghi; in terzo luogo il problema di interpretazione estetica al fine di schematizzare un profilo dell’architettura
romano-gotica nella Lucania storica, punto di partenza
per un'ulteriore indagine che consenta di censire
quanto avanza di una fioritura artistica medioevale, che sembra
irrimediabilmente condannata all'oblio e alla distruzione.
Le ultime sembrano parole profetiche, purtroppo nello
stile di Cassandra.
Notizie sulla cappella
La Chiesa di S. Nicola, sicuramente officiata e in buono
stato non sappiamo fino a quando, era
sicuramente cadente alla meta del 1600.
Accurate Visite Pastorali non citano mai questa Chiesa
fino al 1728. In tale data si parla di una
cappella di S. Nicola, diruta. Non doveva avere nessuna rendita, perche il Vicario Foraneo,
incaricato a fare la Visita a questa Chiesa, ordina il sequestro del beneficio di S. Gilio per curare
la riparazione della Chiesa di S. Nicola. Si trattava, come facilmente
si può comprendere, di impedire il deterioramento della cappella anziché di rimetterla in sesto per poter celebrare la S. Messa. Queste disposizioni
dovettero essere eseguite, perché la troveremo officiata dopo non molti anni.
Successivamente, nel 1731, la cappella viene chiamata San
Nicola del Bosco mentre nel 1734 è
chiamata San Nicola di Mira ed aveva un beneficio; don Carlo Blasco di Rossano ne era
beneficiario. Non aveva l'occorrente per la celebrazione: 1'Arcivescovo ordinò di sequestrare il
beneficio per provvedere al necessario per la
celebrazione entro sei mesi.
Solo quattro anni più tardi, nel 1738, la cappella si trovava completamente sistemata, anzi rifatta
in quel medesimo anno dall’Ill.mo Mons. Di Simone da Benevento che ne era beneficiario. In
tale data viene chiamata cappella di S.
Nicola detta del Bosco, grancia di S. Gilio: la cappella possedeva una Croce di legno con Crocifisso per
l’altare, due candelieri usati,
indorati, tre tovaglie per detto altare, un calice con coppa e sottocoppa d’argento indorato,
pianete di vario colore, un messale usato ed altro necessario per la celebrazione: tanto affermava D.
Benedetto Colangelo che ne era Cappellano.
Nel 1742 era ancora beneficiario Mons. Nicola De Simone,
mentre era procuratore D. Carmine
Lancellotti. La cappella non era ben curata né provvista del necessario per la celebrazione. Si provvide
subito al tutto, tanto che due anni dopo, mentre era rettore D. Domenico Nicolò
e procuratore D. Carmenio (sic) Lancellotti, avendo notato che quanto ordinato precedentemente era stato attuato
integralmente, Mons. Lanfranchi e i Convisitatori fecero grandi lodi.
Anche nel 1748 la cappella era ben tenuta con
l'occorrente per potervi celebrare.
Questa cappella non era l'unica in Oppido dedicata a S.
Nicola: nel 1728 abbiamo traccia di
un'altra cappella dedicata a S. Nicola e precisamente nel luogo detto La Torre, [come si vede,
era in campagna] restaurata e dotata con i proventi della Famiglia Marchione di Genzano. In tale
data la cappella si trovava in discrete condizioni
di manutenzione; solo occorreva arredare meglio l'altare e sistemare altre cose di poco conto.
Pochissimi anni dopo, nel 1731, si parla di una cappella di S.
Nicola nella difesa del Trignito
della Famiglia Marchione. Nel 1754 la cappella apparteneva
all’eccellentissimo Vescovo di San Gervasio: il tutto era in condizioni di decenza e ben sistemato
e, perciò, degno di lode. In quell’anno, essendo la Sede vacante, il Vicario Capitolare, al quale
spettò il compito di effettuare
la Visita ad Oppido, incaricò il Vicario Foraneo D. Lorenzo Nigro e D. Lorenzo Nicolò di visitare le
cappelle.
Nelle successive Visite Pastorali non si fa più cenno a
questa cappella. Ancor oggi è possibile
vedere, percorrendo la superstrada in direzione Oppido, il piccolo campanile che
nei tempi passati alloggiava una sola campana, unico segno della cappella ivi esistente.