martedì 11 settembre 2018

20° incontro - 21/03/2018 – PROF. F. S. LIOI

Un grido lungo 200 anni: terra ai contadini”— 2a parte
“Il 1900: il grido continua”
Il Prof. Lioi ha tenuto la seconda conferenza sulle vicissitudini che hanno caratterizzato oltre due secoli di lotte da parte dei contadini finalizzate all’ottenimento dei terreni che, dopo la feudalità, dovevano essere assegnati ai contadini. Ma, come abbiamo potuto ascoltare nel corso della prima relazione tenuta il 10 gennaio scorso, le cose, almeno fino alla fine dell’ottocento non andarono proprio come sperato. Questa sera il prof. Lioi ci ha raccontato quanto accaduto successivamente.
Dopo cinquant’anni dall’Unità d’Italia lo Stato accentratore e l’oppressione economica del Nord condannano ancora una volta il Mezzogiorno al sottosviluppo e accrescono il divario fra le due cosiddette Italie. In Basilicata predomina ancora la ricca borghesia agraria, padrona della terra e usurpatrice di terre demaniali che mal coltiva o non coltiva affatto. Esiste anche la piccola borghesia, quella dei servizi, dei professionisti e dei piccoli possidenti. Borghesia agraria e borghesia sociale, con intento fortemente conservatore, da buoni amici si dividono i compiti: i latifondisti si fanno eleggere per il Parlamento nazionale e la piccola borghesia sociale opera nei consigli comunali e provinciali. Ai ceti subalterni, contadini e braccianti, viene negato ogni diritto, sono sfruttati ed immiseriti dal potere economico e da quello politico.
Nel 1902 Ettore Ciccotti, di Potenza, socialista, pur appartenendo alla borghesia agraria, (la famiglia possedeva a Oppido la masseria detta Ciccotti), portò alla Camera dei deputati, la questione della Basilicata.
Dopo ripetuti dibattiti parlamentari, Giuseppe Zanardelli, presidente del Consiglio dei Ministri, decise di visitare la regione. La trovò senza strade, senza boschi, senza case coloniche, immense distese incolte bruciate dal sole, monti brulli con centri abitati appollaiati sulle loro cime in preda alle frane, e da per tutto un silenzio che gravava come un incubo, anche e specialmente là dove in altri tempi erano fiorite ricche città.
La legge che fu promulgata in seguito a questo viaggio ebbe un dibattito parlamentare travagliato e difficile. Il Governo, pur intervenendo per la prima volta a favore di una regione del Sud, intendeva mantenere inalterato il divario tra il Nord e il Sud. La somma prevista dalla legge da spendere in venti anni era inferiore alle tasse che nello stesso periodo la regione avrebbe pagato: furono costruite alcune strade, le ferrovie ofantine e qualche edificio pubblico, senza risolvere il problema della regione, che fu conosciuta, almeno di nome, da tanti parlamentari.
Francesco Saverio Nitti e Ettore Ciccotti non votarono la legge perché la ritennero insufficiente per risolvere i problemi della provincia, non basta, essi dissero, riconoscere uno stato di fatto, ma occorre portare definitivamente la provincia sulla linea delle altre. Ciccotti provocatoriamente in un suo discorso alla Camera disse: «abbandonate questa Provincia a se stessa, ma con le sue risorse, pur così scarse come sono, fate che i suoi milioni, con cui contribuisce per tasse ed imposte, rimangono ad essa e che provveda da sé alla propria rigenerazione!» La legge fu ritenuta valida e votata dagli altri parlamentari lucani. Non vi furono risultati concreti e si scatenò una massiccia emigrazione che privò la Lucania della forza lavoro dei giovani e tante giovani mogli dei loro mariti. La Grande Guerra del 1915-18 priva la Basilicata di 7479 giovani. Dei 2191, che ritornano nei loro paesi, molti sono mutilati ed invalidi, gli altri,  non trovano lavoro: tutto come prima. I galantuomini tengono ancora stretta nelle loro mani la proprietà agraria e le Amministrazioni locali, perpetrando arbitri e soprusi, sono sempre dalla parte del più forte.
Cosa succede a Oppido?
Si innalza per la terza volta, di nuovo, il grido: terra ai contadini. Ad Oppido era stata fondata dall’arciprete don Antonio Locantore una cooperativa di lavoro per ottenere della terra da lavorare nel latifondo del Trigneto, proprietà dei conti Lehon che vivevano a Parigi. Ai contadini che occupano i terreni, si oppongono i grossi agrari, i quali sorretti dalle forze dell’ordine, fanno valere i loro diritti sulla loro proprietà privata. Nelle zone coltivabili, si sperimenta la colonizzazione con famiglie marchigiane o umbre, ma dopo due anni la colonizzazione con mezzadri di altre regioni fallì per la mancanza di infrastrutture.
Era opinione comune che la Basilicata avesse grandi potenzialità non sfruttate per incapacità imprenditoriale dei suoi abitanti, ma che potesse assicurare condizioni di vita migliori alla propria popolazione e potrà anche albergare stabilmente gente di altre regioni a patto di conseguire la messa in valore di quelle parti del suo vasto territorio che più si prestano ad un’agricoltura intensiva.
La Basilicata fu divisa in 18 zone agricole in funzione delle possibilità di immigrazione e del miglioramento fondiario dei terreni. Palmira-Oppido fu inserita nella seconda zona che comprendeva anche i comuni di Acerenza, Tolve e San Chirico Nuovo. Furono, inoltre, istituite Cattedre Ambulanti di Agricoltura che si proponevano anche di avviare la trasformazione agraria di alcune zone della Basilicata, chiamando coloni da altre regioni. Il resoconto finale di questi esperimenti fu di un generale fallimento. Alcune famiglie però sono rimaste nelle nostre zone.
Le spinte eversive contro la borghesia agraria durante il ventennio fascista erano una costante in tutte le regioni d’Italia, non solo in Basilicata. I fanti che avevano combattuto nelle trincee durante la guerra provenivano quasi tutti dal ceto contadino, era naturale dunque che questi, ritornati a casa, chiedessero un fazzoletto di terra per sfamare la famiglia, ma questa era nelle mani della borghesia latifondistica, che osteggiava con risolutezza una simile richiesta. Il governo fascista si trovò di fronte all’esigenza di garantire la pace sociale nelle campagne e di neutralizzare le spinte eversive contro la borghesia agraria, che era la sua maggiore sostenitrice.
Dopo varie proposte di legge il problema di una più equa distribuzione della terra fu risolto con la legge Mussolini del 1928, secondo la quale il latifondo non doveva essere frazionato. Dalle nostre parti ci fu la creazione del grosso latifondo di Calle gestito da una famiglia di piemontesi: l’azienda Turati di oltre 5000 ettari che fu smembrata dalla riforma agraria.
La seconda guerra mondiale diede lavoro ai giovani lucani schierandoli nei campi di battaglia, da dove molti non tornarono a casa. I reduci trovarono la situazione economica delle loro famiglie aggravata e quella degli agrari ancor più consolidata. Si impose per la quarta volta l’imperativo grido, quello scritto sui muri dai nostri padri: terra ai contadini.
I problemi maggiori da risolvere nel dopo guerra nel mondo rurale sono:
1 – la conduzione dei terreni a mezzadrie nell’Italia centrale;
2 – la persistenza del latifondo nel Mezzogiorno.
Nella seconda metà degli anni ’40, nell’immediato dopoguerra, quando si vedevano le scritte in rosso sui muri: terra ai contadini, frequenti sono le agitazioni e le proteste da parte del bracciantato agricolo, guidato dal sindacato comunista. Si adottava il sistema dell’occupazione collettiva delle terre incolte. A Oppido ci furono occupazioni di terreni incolti, tenuti a pascolo, nelle proprietà del Lancieri, i quali mandarono notte tempo i loro foresi con i trattori ad arare i terreni occupati e i contadini furono costretti ad un passo indietro, ma il loro capo, Antonio Papà, non depose le armi e la lotta continuò aspra.
Fu il Governo De Gasperi prima con il lodo e poi con la Riforma Agraria a combattere il latifondo improduttivo e ad estendere la piccola proprietà contadina. La Riforma Agraria, almeno dalle nostre parti, partorirà il classico topolino, cioè sarà un fallimento totale (Borgo Taccone dimostra ciò a chiare lettere).
Fino agli anni 50 la struttura della famiglia rimane stabile con il rispetto dell’autorità e dei ruoli. L’emigrazione dalla campagna nella città germina modifiche strutturali e relazionali. Inizialmente l’emigrazione mirava con le rimesse ad acquistare terreni o a costruirsi una casa, rimaneva costante il legame con la parentela e con il paese, in seguito la finalità dell’emigrazione subisce un cambiamento: essa non è più finalizzata al rientro in paese d’origine, né all’accrescimento della proprietà, ma al cambiamento della propria personale condizione di vita, nell’ottica di un miglioramento che attiene al lavoro, alla propria qualifica professionale, al proprio livello di istruzione: questo significa fare il biglietto senza ritorno.
Il timido tentativo di industrializzazione che si tentò di attuare nelle quasi prive di infrastrutture località del Mezzogiorno non risolvette né la disoccupazione né l’emigrazione.
La industrializzazione realizzata nel Meridione negli anni ‘60/70 del secolo scorso è stata definita senza sviluppo e con espressioni come cattedrali nel deserto perché si vedeva e si vede ancora il Sud vocato solo all’agricoltura e al turismo, e naturalmente all’emigrazione: alle industrie del Nord serviva mano d’opera a basso costo, che poteva venire solo dal Sud. Il turismo doveva servire come mercato dei prodotti del nord, al quale ritornava il denaro che i turisti spendevano. I poli industriali creati in Basilicata per la maggior parte sono falliti, vedi polo di Ferrandina, di Tito, e dove sono rimasti hanno innalzato sì il reddito ed il numero di occupati, ma hanno creato anche problemi ambientali, per una gestione mal condotta e per la scarsa applicazione delle norme di sicurezza. Lo Stato è stato latitante lasciando il Sud privo delle infrastrutture necessarie per una crescita razionale.
Il Nord ha avuto sempre necessità di mano d’opera, che, a buon mercato, ha trovato al Sud, e i meridionali, invece di prendere il piroscafo a Napoli per le Americhe, hanno preso il treno del sole o della speranza per il Nord Italia o per il Nord Europa.
Tentativi falliti di industrializzazione, resistenza della tradizione, degrado del territorio, povertà e arretratezza della popolazione, una certa letteratura che trovava nell’immobilismo la sua linfa vitale determinarono la causa dello stato di arretratezza dei lucani.
Il miracolo economico degli anni ’60 che portò l’Italia fra le grandi nazioni europee, ebbe come base il serbatoio di mano d’opera a buon mercato costituito della gente del sud, pronta a trasferirsi al nord, abbandonando case e terreni assegnati dalla Riforma agraria. Tra i due censimenti del 1951 e del 1971 dal Sud emigrarono verso il Nord 4 milioni di persone.
Quattro milioni di persone che hanno indubbiamente contribuito in maniera determinante allo sviluppo del Nord ed all’esodo ed al depauperamento del Sud.



Sintesi a cura di D.M.

giovedì 6 settembre 2018

30° Incontro – 07-08-2018-
“ Visita guidata al Convento di Oppido”
con la guida del Prof. Francesco S. Lioi
Iniziativa proposta dalla nostra Associazione ed inserita tra le attività culturali dell'estate, coordinate dall'Amministrazione Comunale.
Ci siamo ritrovati nel piazzale antistante il Convento in un bel gruppo di cui facevano parte alcuni cittadini di Pietragalla e persone venute ad Oppido per trascorrere le vacanze.
Prima di entrare nell'edificio il Prof. Lioi ha tracciato una breve storia del Convento, dalla sua fondazione a cura della famiglia Zurlo sul finire del 15° secolo.
Siamo quindi entrati nelle sale affrescate dal Todisco ed il Prof. Lioi ha spiegato i vari episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento rappresentati, soffermandosi sia sull'aspetto artistico che su quello religioso degli affreschi.
Siamo poi passati nella Chiesa arricchita da un polittico e da altre opere del pittore cinquecentesco Antonio Stabile, pure illustrate con competenza e chiarezza dal Prof. Lioi.
Infine il Prof. Antonio Maria Cervellino ha mostrato un'opera in bronzo da lui realizzata e che rappresenta un miracolo di Sant'Antonio, molto apprezzata dai presenti.

G.D.F.
29° Incontro -26-07- 2018 MAR. CIRO D’AMICO
"Truffe agli anziani: i consigli dell'Arma dei Carabinieri"
Serata molto interessante organizzata dalla nostra Associazione in collaborazione con l’Amministrazione Comunale ed il Comandante della locale Stazione dell'Arma dei Carabinieri.
L’iniziativa è stata inserita tra le attività culturali e ricreative organizzate per l’estate e l’incontro si è tenuto nella sala consiliare del Comune.
Dopo una breve presentazione del Sindaco, Avv. Antonietta Fidanza, ha preso la parola il Maresciallo Ciro D’Amico il quale ha elencato e spiegato le truffe che più di frequente vengono messe in atto a danno degli anziani, ma anche di cittadini meno anziani. Attività delinquenziali che si concludono sempre con tentativi di truffa e conseguente richiesta di danaro o di preziosi.
Ha consigliato di non prestare ascolto e soprattutto di non fare entrare in casa persone sconosciute.
Ha assicurato la vicinanza ed il pronto intervento che va sempre richiesto all’Arma che va tenuta informata di qualsiasi movimento sospetto di persone estranee al nostro ambiente.
Al termine alcuni presenti sono intervenuti animando un dibattito vivace e cordiale che ha dimostrato il rapporto di piena fiducia tra la nostra popolazione e l’Arma dei Carabinieri.

G.D.F.