domenica 26 marzo 2017

16/03/2017 - Incontro con l'Uni-Tre di Castellaneta

Giovedì 16 Marzo un gruppo di 39 iscritti dell'Uni-Tre di Castellaneta guidato dalla presidente Maria Grazia Augelli, ha fatto visita al nostro paese per ammirare alcune delle nostre ricchezze d'arte. Ad attendere il pullman dinanzi alla Casa Comunale vi erano il Comandante dei Vigili Urbani sig. Gaetano Picciani e, della nostra SAssociazione, oltre il Presidente, i soci Gaetano Palumbo, Leonardo Mancusi, Franco Scarfiello e Antonio Maria Cervellino. Puntualmente, alle ore 10,00, gli ospiti sono arrivati e dopo un saluto di benvenuto e l'invito ad un momento di ristoro al vicino bar, rifiutato però per utilizzare al meglio il poco tempo a loro disposizione, ci siamo tutti recati al nostro Convento.
Il Prof. Giuseppe Romano del loro gruppo, ha mostrato con molta competenza e chiarezza il polittico e le altre opere del pittore Antonio Stabile che adornano la Chiesa e l'organo costruito nel 1600, restaurato e perfettamente funzionante.
Siamo quindi passati ad ammirare l'affresco rappresentante l'Ultima Cena nel locale adibito a refettorio e, subito dopo, gli interessanti affreschi dei saloni retrostanti il secondo chiostro, opera del pittore Giovanni Todisco.
Il Prof. Giuseppe Romano ha spiegato il contenuto artistico delle opere e gli episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento rappresentati.
Alle sue spiegazioni ha aggiunto una nota di colore Padre Pellegrino, l'unico frate ancora presente nel nostro Convento il quale, commentando l'episodio dei giovani condannati alla fornace ardente da Nabucodonosor, ha ricordato l'opera lirica " Nabucco" di Giuseppe Verdi intonando l'aria " Va pensiero" che è stata poi cantata in coro da tutti i visitatori.
Ci siamo poi recati con il pullman degli ospiti e le nostre macchine nella Chiesa Rupestre di S. Antuono ed anche qui il Prof. Giuseppe Romano ha illustrato i meravigliosi affreschi che hanno resistito all'usura del tempo e all'uso improprio dei locali che ne fu fatto in passato. Il nostro socio Antonio Maria Cervellino ha voluto portare la sua testimonianza per l'impegno dedicato alla tutela di questo gioiello d'arte quando i locali non erano ancora stati chiusi e messi in sicurezza.
Durante le visite abbiamo segnalato agli ospiti gli altri tesori che arricchiscono il nostro paese: le due Ville Rustiche Romane e i quadri custoditi nel Cappellone della Chiesa Madre e nella Chiesetta dell'Annunziata.
Abbiamo offerto agli ospiti biscotti della tradizione locale ed una bottiglia di moscato che ha donato personalmente il socio Gaetano Palumbo.
Con la presidente Augelli ci siamo rammaricati di non aver saputo con maggiore anticipo della loro visita e di non aver potuto perciò preparare una più degna accoglienza.
Ci siamo quindi salutati, abbiamo gradito l'invito della presidente Augelli a visitare la loro cittadina ed augurato loro un buon proseguimento del viaggio che prevede, nel pomeriggio, la visita alla Cattedrale di Acerenza.

G.D.F.

giovedì 23 marzo 2017

22 INCONTRO 22-03-2017-SIG. CORRADO GIORDANO

“Dagli Appennini alle Ande andata e ritorno"-
Pensieri e musica di Dino Giordano”
Come di consueto il Presidente G. De Felice introduce l’argomento della serata e l’oratore con queste parole:”Questa sera abbiamo il piacere di avere con noi Corrado Giordano, nipote di “Maste Currare” e “Bundette”, suoi nonni, e del mio carissimo amico Giovanni, gente buonissima della quale io ho un meraviglioso ricordo.
Dino ci racconterà l’esperienza dell’emigrazione della sua famiglia in Cile verso la fine degli anni cinquanta e le difficoltà incontrate e poi superate.
Dino è un artista: pittore, grafico, musicista. Dopo quasi sessant’anni è voluto tornare nel suo paese d’origine dove si è subito inserito e, per il suo carattere tranquillo e socievole, ha trovato amici che lo stimano e gli vogliono bene, io tra questi. Collabora con diverse associazioni e fa parte della Corale Polifonica “Oppidi Cantores”. Stasera apprezzeremo la sua bella voce.
Con il suo intervento chiudiamo il ciclo di conferenze su alcuni aspetti delle migrazioni di popoli e dell’emigrazione, iniziato nello scorso anno sociale.
L’anno prossimo, se continueremo questa nostra bella esperienza, affronteremo altri temi.
Consentitemi ora qualche brevissima considerazione.
-Nel trattare i temi dell’emigrazione, volutamente con i miei collaboratori, non abbiamo voluto parlare di quello che accade oggi con l’arrivo in Europa -e soprattutto in Italia- di tanti disperati che scappano dalle loro terre per guerre o per fame. È un fenomeno di così vasta portata, dibattuto giustamente da giornali e televisione tutti i giorni, alimentando diverse contrastanti passioni e per la cui soluzione, come ha detto alcuni giorni fa il Presidente Gentiloni, non basterebbe nemmeno la bacchetta magica di un mago. Noi, nel nostro piccolo non avremmo potuto aggiungere nulla a tale dibattito.
Una cosa possiamo però fare: ricordarci che anche noi italiani siamo stati popolo di emigranti e non dimenticare la “Pietà” per tanta inaudita sofferenza cui stiamo assistendo. Riflettere su duemila anni di cristianesimo su cui è fondata la nostra civiltà alla base della quale c’è l’insegnamento di un “Dio” o di un “Uomo” -a seconda se siamo o no credenti- che ha proclamato l’uguaglianza fra tutti gli uomini qualunque sia il colore della loro pelle, legati dallo stesso destino”.
A questo punto il Presidente cede la parola a Corrado “Dino” che inizia a raccontare l’esperienza della sua famiglia che, come tante in quegli anni, fu costretta a prendere la via dell’emigrazione verso l’America del sud. La famiglia di Dino, chiamata da un parente, partì alla volta del Cile con un baule pieno dei pochi averi e di tante speranze. La ricerca di un lavoro non fu cosa semplice, ma il padre riuscì a trovare un’occupazione. Ben presto, però, per sopraggiunti dissapori, questo zio che li ospitava li mise alla porta e furono costretti ad alloggiarsi in un malandato albergo in una zona malfamata di Santiago. Fortunatamente vi rimasero per poco tempo, poiché il padre riuscì a trovare una nuova abitazione dove si trasferì tutta la famiglia. Dino compì gli studi medi e superiori e, dopo il diploma si iscrisse ad un corso universitario di Ingegneria meccanica che non portò a termine. Era studente universitario quando l’11 settembre del ’73 vi fu il golpe da parte di Pinochet ed egli non si trovò nell’ateneo quando irruppero i militari ad arrestare gli studenti, solo perché la sua famiglia, preventivamente avvertita da un amico, lo trattenne in casa. Nonostante tutti questi sovvertimenti, Dino segue la sua strada, quella dell’arte: partecipa a gruppi musicali di diverso genere, intraprende anche l’attività di cantante con un amico letterato che gli componeva i testi.
Ormai è diventato una persona adulta, ma la nostalgia del paese natìo non l’ha mai abbandonato: egli desidera ardentemente tornare al suo paese, ed oggi è qua, tra noi  da circa tre anni, benvoluto e stimato, come diceva nel suo intervento il nostro Presedente.
Dino ci ha raccontato la sua storia, intervallata da brevi momenti musicali durante i quali si è esibito quale cantante interpretando alcune canzoni, anche di sua composizione.
La serata è stata gradita dai presenti che gli hanno più volte tributato calorosi applausi.

D.M.

martedì 21 marzo 2017

Riceviamo da UNITRE Castellaneta e pubblichiamo.

Buongiorno, Presidente.

Invio testo e foto da noi pubblicati sulla nostra pagina Facebook "UNITRE CASTELLANETA ISTRUZIONE".

Il 16 Marzo gli/le Alunni/e dei corsi di Italiano,Capolavori dell’Arte,Fotografia e Pittura dell’UNITRE-Castellaneta hanno potuto ammirare gli affreschi del Convento di Sant’Antonio e della Grotta di Sant’Antuono di Oppido Lucano, già oggetto delle lezioni del prof. Giuseppe Romano, docente de ‘I capolavori dell’Arte’. Ad Oppido sono stati accolti con grande disponibilità e cortesia dal comandante della Polizia Urbana e da amici dell’Unitre di Oppido. I castellanetani sono rimasti stupiti dalla bellezza degli affreschi,che consigliano a tutti di andare a vedere (sono oggetto di studio anche da parte di docenti dell’Università di Torino): particolarmente vividi e stupefacenti quelli della grotta. Di seguito il gruppo si è recato ad Acerenza, dove è stato guidato da un rappresentante dell’efficiente Pro Loco nella visita al Duomo,magnifico, che racchiude una cripta stupenda ,ancora una volta, per i suoi affreschi. Il pranzo presso il ristorante ‘Al Duomo’ è stato degno completamento di una giornata di autentico godimento. Didascalie: Alunni UNITRE-Castellaneta Con Pro loco Acerenza; prof.Romano spiega affreschi grotta S.Antuono; Tommaso, Vito, Prof.Romano e Comandante P.U. di Oppido; quattro esempi degli affreschi Convento S. Antonio; esterno absidale Duomo Acerenza;

Ricambio sinceramente i cordiali saluti.

Grazia Augelli (Presid. UNITRE-Castellaneta)
L’articolo completo è pubblicato su facebook dal nostro giornalista, docente presso UNITRE di Castellaneta.

D. M.

lunedì 20 marzo 2017



21 INCONTRO 15 MARZO 2017 PROF. FRANCESCO S. LIOI

“Quali consigli può dare un padre a un figlio?”
Quale modo migliore per prepararci alla festa del papà se non quello di ricordare il rispetto e la riconoscenza di un figlio verso il proprio padre?
Ancora meglio se questo figlio è un illustre personaggio del passato: Quinto Orazio Flacco; di questo poeta e dei suoi rapporti col proprio genitore ci ha parlato il nostro associato Francesco Saverio Lioi, già docente di Latino e Greco presso il Liceo Classico di Potenza.
Orazio era nato a Venosa, il padre era un liberto, cioè uno schiavo liberato, di notevoli capacità tanto da essere riuscito ad ottenere l'incarico di esattore e di aver raggiunto una buona situazione economica e possedere casa e campi.
Notò subito le doti di intelligenza e amore per lo studio di suo figlio e lo iscrisse, ancora ragazzo, alla scuola di Venosa, frequentata dai figli dei maggiorenti, civili e militari, della cittadina. Compiuti 11 anni il padre lo condusse a Roma per continuare gli studi, consentendogli poi di recarsi ad Atene dove frequentò scuole che oggi potremmo definire di livello universitario. Dopo una breve esperienza militare nell'esercito di Bruto tornò a Roma, dove visse dedicandosi agli studi, alla poesia, intessendo rapporti con altri intellettuali, beneficiando della protezione e dell'amicizia dell'illustre uomo politico Mecenate.
In tutta la sua vita si dimostrò riconoscente verso suo padre che ritenne il suo vero maestro. Gli aveva insegnato di osservare le manchevolezze e i vizi altrui come “deterrente” per migliorare se stesso.
Il Prof. Lioi ha letto alcuni passi dalle opere di Orazio, nelle quali cita, lodandolo, suo padre, molto belli e che vale la pena di trascrivere almeno in parte:
“Se la mia indole è intaccata solo da pochi difetti veniali ed è retta nel resto...se nessuno può rimproverarmi con ragione avidità o gretteria o vita dissipata nei bordelli... e se sono ben voluto dagli amici, il merito fu tutto del padre mio”.
Ma il padre fa di più: si trasferisce a Roma perché il figlio possa frequentare le scuole migliori e formarsi così una cultura che non avesse nulla da invidiare alle classi più elevate.
“...poi mi accompagnava di persona, pedagogo impeccabile, da un maestro all'altro. In breve: egli seppe mantenermi pieno di ritegno, che è il più alto grado di virtù, lontano da ogni atto e anche da ogni figura meno che decorosa... Finché io abbia l'uso della ragione, non mi sognerò di vergognarmi di un padre come questo, e quindi non me ne scuserò come fanno i più, dicendo che non è colpa loro se non hanno genitori di nascita libera e illustre”.
Con queste letture tratte da opere scritte 2.000 anni fa dal nostro conterraneo Orazio, e che meriterebbero di essere meditate dai giovani di oggi che vivono, spesso, legami familiari molto labili, si è chiusa una bella serata.

G.D.F.

sabato 18 marzo 2017


Mercoledì  22 marzo 2017

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale



”Dagli Appennini alle Ande
andata e ritorno”

Pensieri e musica
di
Dino Giordano

















Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.




















lunedì 13 marzo 2017

20 INCONTRO 8 MARZO 2017 RAG. GIUSEPPE DE FELICE
 “Ricordo di donne della storia di Oppido”
Il Presidente della nostra sezione, Giuseppe De Felice, ha tenuto una esauriente conferenza parlando della donna nel nostro paese.
Il primo documento scritto in cui viene nominato Oppido, il nostro paese, è quello rinvenuto casualmente in Egitto, al Cairo, conosciuto come La Cronaca di Giovanni Abdia ed è stato scritto in ebraico nel primo ventennio del 1.100 quindi 900 anni fa. Fu tradotto in italiano da P. Angelo Lancellotti, ora ne leggeremo le prime righe:
“ Drochus sposò una donna di nome Maria; e concepì Maria e diede alla luce a Drochus suo marito due figli nello stesso giorno: il primo nel modo normale per le donne di dare alla luce i loro figli, e lo chiamarono Rogier; il secondo con grandi  sofferenze lo generò sua madre e lo chiamò Johannes, cioè Giuan. E crebbero i ragazzi; e diventò Rogier uomo amante della spada e delle guerre, Johannes, invece, uomo amante della dottrina e della sapienza nei libri,”
Quindi nel primo documento storico del nostro paese viene citata una donna, Maria, sposa del feudatario normanno Drochus, la quale come nota giustamente P. Angelo, certamente era del luogo, come lo stesso nome – Maria- sta ad indicare. Il suo parto felice ha dato a noi Oppidani l’orgoglio di avere il primo cittadino illustre, convertito dal  Cristianesimo alla Religione Ebraica, viaggiatore instancabile in Egitto e nel Medio Oriente, musicista, e che per primo in quelle terre diffuse la trascrizione delle note musicali.
Con un salto di quasi 4 secoli incontriamo un’altra figura femminile che oggi, per quel che accade nelle vicende del nostro Convento, assume particolare rilievo e attualità, Caterina Zurlo, figlia del conte e poi Santo Martire Francesco Zurlo. Leggiamo, dalla storia del Convento scritta a quattro mani da Mario Brienza e Francesco Saverio Lioi:
Il fondatore fu un Martire e un Santo, San Francesco Zurlo….Egli già aveva iniziato i lavori e tutto predisposto per la fondazione del Convento, quando fu mandato dal suo Re Ferdinando I di Aragona nel 1480 in soccorso alla città di Otranto assediata dai Turchi”
Questi purtroppo ebbero la meglio e Francesco Zurlo e gli altri 800 difensori  della città, non volendo abiurare alla loro fede cristiana, furono tutti massacrati.
“ Chiesa e Convento poi furono ultimati dalla figlia ed erede del Martire, Caterina Zurlo la quale,  come è ricordato in tutte le cronache francescane fece scolpire sull’architrave della porta di ingresso al Convento l’anno 1482. … Caterina Zurlo succede al padre Francesco….e nel 1484 andò sposa a Mario Orsini, Conte di Pacentro e la stirpe degli Orsini tenne la signoria di Oppido fino ai principi del secolo 18° e si mantenne sempre affezionata al Convento ed alla Chiesa di Santa Maria di Gesù in cui vollero essere seppelliti.”
Facciamo un altro salto di altri 4 secoli e leggiamo mezza pagina dalla Storia di Oppido di Francesco Giannone in cui è raccontata la violenza perpetrata su 11 donne che lavoravano in campagna da una banda di briganti guidati da 'Ncionciolo e Crocco, il 29 giugno 1864. 'Ncionciolo si vendicò di un suo nemico personale poiché fra le 11 donne violentate, vi era la di lui moglie.
A questo punto viene invitato il socio novantacinquenne Donato Mancuso a raccontare l’episodio che aveva causato l’inimicizia tra 'Ncionciolo e il marito della povera donna, episodio che egli aveva ascoltato da ragazzo e che volentieri racconta ai presenti.
Sappiamo che è imminente l’uscita di un libro sul brigante 'Ncionciolo  scritto dai nostri amici Professori Vincenzo Guglielmucci e Michele Marotta, non so come essi hanno trattato questa triste vicenda, vorrei solo ricordare che alcuni briganti che ora sono esaltati come vendicatori di torti subiti e legalisti difensori della causa borbonica, altri non erano che crudeli e sanguinari banditi.
Dopo l’unità d’Italia, svanito il sogno che il nuovo ordine avrebbe portato benessere e riscatto dalla miseria, molti furono costretti ad emigrare in America, con conseguente disgregazione di tante famiglie e donne rimaste sole ad allevare una prole spesso numerosa, coltivare il misero pezzetto di terreno – se lo possedevano- o andare a lavorare a giornata.
Non si rassegnò a questo triste destino Felicia Muscio, della quale ha scritto la storia Vito Marone. In anteprima venne a raccontarla a noi qui un anno fa. Felicia Muscio è assurta a simbolo della caparbia volontà di ricostruire la sua famiglia all'altro capo del mondo; intraprese un viaggio memorabile e sfidando e superando ogni ostacolo, con la figlia Maria Rosa di appena 3 anni, riuscì a raggiungere il marito in Cile, a Iquique. Era l’anno 1894. Nel Museo dell’emigrazione nel Castello di Lagopesole, la sua figura e la sua epica impresa, sono ampiamente ricordate e raffigurate. Non mi dilungherò a parlarne, perché sono certo che tutti ne abbiamo conoscenza e ricordo.
Così come non mi dilungherò a parlare della tragedia di Capialvo, che lo stesso Vito Marone ha raccontato in un bel volumetto  che volle presentare a noi qui ancora una volta in anteprima il 7 dicembre scorso. Indirizzammo allora al Sindaco una lettera per chiedere l’apposizione di una targa o di una stele commemorativa in prossimità del luogo in cui avvenne la tragedia.
La prima guerra mondiale , che costò la vita a 77 nostri paesani, poi l’epidemia di spagnola e ancora una volta miseria, il cui peso grava spesso sulle donne, alcune vedove di guerra o congiunte di caduti costrette, ora più di prima, ai pesanti lavori di campagna. A chi affidare i piccoli se non c’erano i vecchi di famiglia o del vicinato non più in grado di lavorare?
C’è ad Oppido finalmente un Parroco molto buono, Don Antonio Locantore, del quale leggo da “Oltre la memoria” di Don Giuseppe Greco, il ricordo delle opere di carità verso i piccoli figli dei combattenti, particolarmente gli orfanelli, che raccoglieva in casa, puliva e dava loro da mangiare. E’ stata anche letta qualche strofa della storia di Locantore  composta da Teresa Calabrese che descrive questi gesti di bontà del Parroco don Antonio
Questa lettura mi induce a parlare di Teresa Calabrese sposata ad un Iunnissi e della famiglia conosciuta ad Oppido come “ lu Bersagliere”. Era analfabeta, e dettò a scrivani che si prestavano,  due storie che io ritengo molto interessanti: una sulla Madonna di Belvedere e l’altra sull’Arciprete Locantore, prima ricordato, nostro Parroco per molti anni perseguitato dai fascisti di Oppido e la cui vicenda oltre gli storici locali prima fra tutti don Giuseppe Greco, che ne venne a parlare qui a noi, ha interessato molti studiosi di livello nazionale. La Storia di Locantore dettata da Teresa Calabrese, fu stampata nel 1923 in Brasile per interessamento del figlio Canio ed ebbe una seconda edizione nel 1926. Ne sono state lette le ultime strofe nelle quali  la poetessa si presenta in modo molto intimo e suggestivo.
Ma com’era la vita delle nostre nonne e madri contadine?
Leggiamo dal  libro di Michele Stefanile “ Vita e verità sul proletariato del mezzogiorno qualche passo dal Capitolo XV intitolato “ La donna”. Stefanile ricorda le non facili condizioni di vita delle donne, fino agli anni 50 del secolo scorso, costrette a lavorare in campagna dalla più tenera età, spesso presso terzi, per guadagnare un misero salario. Erano poi costrette ai lavori domestici: accudire ai figli, cucire e rattoppare, impastare e cuocere il pane e questi lavori erano svolti o la mattina presto o la sera al rientro da una faticosa giornata. Lavare la biancheria era un vero problema; prima della costruzione dell’acquedotto che portò l’acqua in paese, bisognava recarsi presso fontane o corsi d’acqua ubicate lontano dal paese, portando in testa pesanti ceste di panni.
E veniamo ad oggi per ricordare tre nostre illustri concittadine viventi:
Elisa Lissi Caronna  archeologa, nata a Torino, cittadina onoraria di Oppido,  moglie di Gerardo Caronna. Raccontava che, la prima volta venuta ad Oppido, era andata ad immergere i suoi piedi nel Bradano, nelle acque attraverso le quali i Greci erano penetrati in Lucania portando la loro civiltà. Aveva acquistato e arredato una casa qui in Via San Michele, dove spesso ritornava. Diresse 4 memorabili campagne di scavo sul Montrone; io ero affascinato dalla sua umanità, aveva entusiasmato i contadini divenuti sotto la sua guida delicati esperti scavatori, felici quando riportavano alla luce mura, oggetti in terracotta e, una volta, il piccolo tesoretto di monete e monili. Ci ha regalato un libro “ Oppido Lucano 1963” che è un canto di amore per Oppido di cui ha elencato le ricchezze archeologiche e artistiche, ma anche ritratti di gente umile che lo abitavano: Rocco il sagrestano, Rosina Savone, Maria Donata Lioi, Teresa Iunnissi ed altri. E’ suo desiderio di essere sepolta ad Oppido, vicino all’amato marito Gerardo, noi ci auguriamo e le auguriamo il più tardi possibile.
Riusciremo ad accogliere i reperti archeologici da lei posseduti e che ha promesso di lasciare a noi, se ci impegneremo a custodirli e valorizzarli? Non abbiamo intanto perduto quelli che l’altra nostra illustre concittadina Vera Armignacco, che dovremmo conoscere meglio, aveva pure a noi destinato?
Lucia Abbasciano, nipote del nostro illustre concittadino Generale dell’aeronautica Vincenzo Lioi e cognata del nostro associato Prof. Rocco Basilio. E’ pittrice di grande originalità, sensibilità e delicatezza. Nei suoi quadri è viva la presenza della sua terra natale, rappresentata con paesaggi di un realismo magico, che sfuma nel sogno e nella poesia. I colori vivi e le linee dorate incantano chi li guarda. A Milano, dove risiede, partecipa a mostre importanti riscuotendo successo e buone critiche.
Tiziana Lioi, figlia del nostro associato Cecchino, tenne qui a noi una memorabile lezione di Lingua Cinese, della quale è una appassionata studiosa. Ha trascorso 3 anni in Cina dove ha insegnato Italiano a Nanchino e Pechino e dove ha seguito corsi di perfezionamento in Cinese. Ora insegna Cinese presso l’Università Internazionale di Roma e si sposta frequentemente tra Roma e Pechino. Venerdì scorso sul settimanale Sette del Corriere della sera è stata pubblicata una segnalazione del suo ultimo libro, “ Viaggio in Cina 1907/1908” che racconta del viaggio in Cina dello scienziato italiano Giovanni Vacca. Questo libro, già presentato a Potenza, sarà presentato anche ad Oppido presso la sede dell’Associazione Culturale “ Respirare Sinapsi” qui di fronte, a richiesta dei numerosi amici oppidani di Tiziana. Siamo quindi tutti invitati a partecipare. Tiziana in precedenza aveva pubblicato altri libri e cioè: Introduzione alla scrittura cinese, che è una guida per lo studio della lingua cinese; La traduzione, con introduzione e note, di 4 racconti dal cinese; la tesi di dottorato su uno scrittore cinese pubblicata a Taiwan; articoli pubblicati su periodici specialistici uno dei quali tradotto in spagnolo.
Molte altre ragazze di Oppido ormai sparse in questo nostro mondo globalizzato portano i tesori delle loro conoscenze e abilità: voglio citare per tutte Donatella Picciano, mediatrice culturale in Germania.
La relazione è stata molto apprezzata dai presenti che hanno tributato al Presidente un caloroso applauso.




Mercoledì 15 marzo  2017

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale


Il Prof. Francesco S. Lioi

terrà la seguente conferenza:


“Quali consigli può dare un padre a un figlio?”


















Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.

lunedì 6 marzo 2017



Mercoledì 8 marzo  2017

alle ore 18.30

presso la Biblioteca Comunale


“Ricordo di donne della storia di Oppido

A cura del Presidente G. De Felice

a seguire


“La festa della donna tra emancipazione e contraddizione”


Relazione del Prof. F. Scarfiello













Gli iscritti e tutte le persone interessate sono invitati.








giovedì 2 marzo 2017

19 incontro 01 marzo 2017 Prof LUCIO CORVINO
“La tradizione dell’Arpa a Viggiano:passato, presente e futuro”
con la partecipazione dei maestri manuel zito e daniela ippolito

In attesa dell’inizio della relazione i maestri Daniela Ippolito e Manuel Zito hanno eseguito alcuni brani vocali e strumentali, tra cui il “Cupa-cupa” di S. Mauro Forte.
Dopo la presentazione da parte del Presidente G. De Felice, inizia la sua esposizione il Prof. Lucio Corvino, docente di lettere presso il Liceo artistico coreutico e musicale di Potenza, parlando della tradizione dell’arpa a Viggiano.
L’arpa è uno strumento della tradizione viggianese che ad un certo punto scompare e diventa difficile da trovare. Notizie si evincono da riferimenti ad un’arpa della fine dell’800, ma l’arpa viggianese la troviamo presente in documenti storici ed in alcuni presepi napoletani del ‘700. Suonatori provenienti da Viggiano si recavano a Napoli con il fedele strumento nel periodo natalizio e si fermavano fino a carnevale improvvisando suonate davanti alle chiese o nelle piazze, chiedendo un obolo per la loro esecuzione. Non erano musicisti professionisti, ma per lo più si trattava di contadini che rientravano a casa in primavera per riprendere il lavoro nelle campagne.
L’arpa originale era diversa da quella che conosciamo oggi, era molto più piccola e simile al liuto; era uno strumento semplice, diatonico, che aveva la funzione di accompagnare il canto o altri strumenti quali il violino, la viola, il flauto. Un ragazzino portava il ritmo battendo una bottiglia.
Assai strano era il fatto che arpisti viggianesi erano conosciuti in molte parti del mondo, ma sconosciuti a Viggiano. L’uso di questo strumento viene attestato anche a Roma e più tardi anche nel nord, insieme con altri strumenti come la ghironda.
Con la grande emigrazione gli arpisti raggiungono i più disparati paesi del mondo, la Francia, l’Inghilterra, la Russia, l’Egitto e persino l’Australia. Suonare l’arpa era diventato un mestiere. Nelle grandi città i musicanti di Viggiano vengono in contatto con persone influenti, ricche, acculturate e politicamente importanti, sicché attraverso questi suonatori si diffondono anche le idee politiche dell’epoca. Gli arpisti viggianesi negli Stati Uniti trovano lavoro per sonorizzare i films nelle sale, ma con l’avvento del sonoro rimangono disoccupati. Molti rientrano a Viggiano, alcuni continuano a suonare fino agli anni 50, ma non riescono a trasmettere la passione per l’arpa alle giovani generazioni, anche perché è evidente che nessuno si è arricchito. Le arpe vengono quindi abbandonate se non proprio bruciate.
La serata si è conclusa con le note melodiose delle arpe dei maestri Manuel Zito e Daniela Ippolito che ha eseguito anche alcuni brani vocali.

D.M.