lunedì 20 marzo 2017



21 INCONTRO 15 MARZO 2017 PROF. FRANCESCO S. LIOI

“Quali consigli può dare un padre a un figlio?”
Quale modo migliore per prepararci alla festa del papà se non quello di ricordare il rispetto e la riconoscenza di un figlio verso il proprio padre?
Ancora meglio se questo figlio è un illustre personaggio del passato: Quinto Orazio Flacco; di questo poeta e dei suoi rapporti col proprio genitore ci ha parlato il nostro associato Francesco Saverio Lioi, già docente di Latino e Greco presso il Liceo Classico di Potenza.
Orazio era nato a Venosa, il padre era un liberto, cioè uno schiavo liberato, di notevoli capacità tanto da essere riuscito ad ottenere l'incarico di esattore e di aver raggiunto una buona situazione economica e possedere casa e campi.
Notò subito le doti di intelligenza e amore per lo studio di suo figlio e lo iscrisse, ancora ragazzo, alla scuola di Venosa, frequentata dai figli dei maggiorenti, civili e militari, della cittadina. Compiuti 11 anni il padre lo condusse a Roma per continuare gli studi, consentendogli poi di recarsi ad Atene dove frequentò scuole che oggi potremmo definire di livello universitario. Dopo una breve esperienza militare nell'esercito di Bruto tornò a Roma, dove visse dedicandosi agli studi, alla poesia, intessendo rapporti con altri intellettuali, beneficiando della protezione e dell'amicizia dell'illustre uomo politico Mecenate.
In tutta la sua vita si dimostrò riconoscente verso suo padre che ritenne il suo vero maestro. Gli aveva insegnato di osservare le manchevolezze e i vizi altrui come “deterrente” per migliorare se stesso.
Il Prof. Lioi ha letto alcuni passi dalle opere di Orazio, nelle quali cita, lodandolo, suo padre, molto belli e che vale la pena di trascrivere almeno in parte:
“Se la mia indole è intaccata solo da pochi difetti veniali ed è retta nel resto...se nessuno può rimproverarmi con ragione avidità o gretteria o vita dissipata nei bordelli... e se sono ben voluto dagli amici, il merito fu tutto del padre mio”.
Ma il padre fa di più: si trasferisce a Roma perché il figlio possa frequentare le scuole migliori e formarsi così una cultura che non avesse nulla da invidiare alle classi più elevate.
“...poi mi accompagnava di persona, pedagogo impeccabile, da un maestro all'altro. In breve: egli seppe mantenermi pieno di ritegno, che è il più alto grado di virtù, lontano da ogni atto e anche da ogni figura meno che decorosa... Finché io abbia l'uso della ragione, non mi sognerò di vergognarmi di un padre come questo, e quindi non me ne scuserò come fanno i più, dicendo che non è colpa loro se non hanno genitori di nascita libera e illustre”.
Con queste letture tratte da opere scritte 2.000 anni fa dal nostro conterraneo Orazio, e che meriterebbero di essere meditate dai giovani di oggi che vivono, spesso, legami familiari molto labili, si è chiusa una bella serata.

G.D.F.

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