sabato 24 novembre 2018

incontro - 21/11/2018– prof. f. s. lioi
“L’agricoltura ieri e oggi”
Il Prof. F. S. Lioi, continuando il discorso sull’annoso conflitto terra-contadini, perpetratosi lungo l’arco di millenni, ha tenuto un’interessante lezione sull’argomento, inquadrandolo al tempo dell’Impero Romano.
“Le terre dei popoli vinti dai Romani venivano confiscate dal Senato e diventavano AGER PUBLICUS POPULI ROMANI, che doveva essere assegnato in lotti di 30 iugeri (circa 3 ettari) ai veterani o ai coloni nel caso venisse fondata una colonia, come successe a Venosa. Questo non sempre succedeva, perché i senatori, artefici della vita politica ed economica di Roma, rivendicavano il diritto del possesso di quelle terre confiscate”.
“…Dopo le guerre puniche i senatori romani, approfittando del loro potere, riservano per se stessi i terreni più fertili e più estesi, non solo in Italia, ma anche nelle terre dei Cartaginesi in Spagna e Africa, calpestando le leggi Licinie-Sestie che vietavano di possedere un’estensione di terreno più grande di 500 iugeri, corrispondente a circa 125 ettari”.
“…Le terre dell’ager publicus dovevano essere assegnate ai veterani, ma costoro, dopo anni di guerre, si vedevano defraudati di questo diritto da coloro che si erano arricchiti durante la loro assenza… La folla dei diseredati aumentava e il malcontento minacciava tumulti. Nel II secolo avanti Cristo, perciò, esplose il problema della terra ai contadini espropriati del loro terreno, prolungando nei secoli la lotta fra patrizi e plebei.
Tiberio e Caio Gracco, durante il loro tribunato della plebe, proposero una lex agraria per migliorare le condizioni della plebe romana assegnandole dei lotti di terreno.
Con la Riforma agraria Tiberio Gracco prevedeva il possesso massimo di 500 iugeri di terra, 1000 se in famiglia vi fossero 2 figli maschi. Chi ne possedeva di più doveva cedere il superfluo allo stato perché fosse destinato a formare la piccola proprietà e dato ai reduci o ai non abbienti, in lotti di 30 iugeri.
La legge agraria di Gracco privava i senatori, latifondisti e aristocratici, della prerogativa di decidere sull’ager publicus non solo, ma li privava anche di parti consistenti dei loro possedimenti, ragion per cui il tribunus fu accusato di aspirare alla tirannide dagli stessi senatori in senato, fu arrestato e ucciso.
La riforma fu ripresa dieci anni dopo da Caio Gracco, il quale propose, fra l’altro, una lex agraria simile a quella del fratello, che però prevedeva:
- il sorteggio dei governatori delle province, - non più quindi eletti dal senato; - l’assegnazione delle terre delle province ai nulla tenenti; - la cittadinanza romana per tutti i soci, cioè gli italici; - un prezzo basso per il frumento da vendere ai poveri.
Le proposte di riforma, ovviamente, non furono accettate dai senatori, che fecero scoppiare un tumulto popolare accusando di aspirazione alla tirannide Caio Gracco il quale fu ucciso per mano di uno schiavo, affrancato, poi, in seguito al delitto.
La proprietà della terra è stata sempre la ricchezza fondamentale degli antichi Romani. Nella storia dei Romani possiamo distinguere tre periodi nell’evoluzione del possesso della terra:
Primo periodo: piccola proprietà cerealicola nei dintorni di Roma, con pascoli in terreni comuni per piccoli greggi ad uso familiare e non venale.
Periodo della monarchia e primi secoli della repubblica.
Secondo periodo: media e grande proprietà di 500 iugeri e oltre, con coltivazioni arboree, vite, oliveti, e grandi armenti in terreni incolti dell’ager publicus che diventava di proprietà.
Terzo periodo: formazione delle villae rusticae dopo le guerre puniche, con proprietà estese tanto che i proprietari non ne conoscevano i confini, non solo in Italia, ma anche nelle province oltre il Mediterraneo. Si sviluppa un’economia di tipo industriale per ottenere prodotti di grosso valore venale.
E’ questa l’epoca in cui sorgono le villae di Oppido Lucano, I sec. a. C. età imperiale fino al V sec. dopo Cristo”.
Il prof. Lioi, citando Catone e Varrone, è passato, poi, ad illustrare come venivavo definiti gli attrezzi agricoli.
Erano suddivisi in tre categorie:
1 – quelli dotati di parola  =  gli schiavi;
2 – quelli dotati di versi  = gli animali;
3 – quelli privi di voce  =  gli strumenti.
Ha poi illustrato i lavori che venivano svolti nei campi:
-                      ArareIterareTertiare, cioè si doveva arare, ripassare, arare per la terza volta.
I lavori da fare nei seminati:
Runcatio, estirpazione con le mani delle erbe infestanti;
Sarculatio, estirpazione con un arnese chiamato sarculum;
Messio, mietitura;
Tritura, trebbiatura nell’AREA, aia (in dialetto ariə);
Ventilabrum, vaglio, ventilazione. (in dialetto vəntulà).
L’oratore ha accennato, poi, alCarmen lustrum o Lustrale, una preghiera che il Pontifex maximus recitava a Roma ogni cinque anni e il pater familias ogni anno, con una processione attorno al suo campo, affinché il dio Marte impedisse, ricacciasse e allontanasse dalle proprie terre i mali visti e nascosti, la desolazione e le devastazioni, le calamità naturali e salvasse le messi, gli oliveti e i vigneti…
Questo antico rito propiziatorio, nella società cristiana antica e moderna, ha avuto la sua continuazione fra il popolo chiedendo a Dio le stesse cose che chiedeva il pater familias al dio pagano.
Fu un papa a sostituire il dio pagano con il Dio Cristiano. Il rito cristiano prende il nome di Rogazione, dal verbo latino rogare che significa chiedere qualcosa a qualcuno. Le rogazioni, che si celebrano 40 giorni dopo Pasqua e prima dell’Ascensione, nel Cristianesimo sono preghiere di penitenza e processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni”.

D.M.

Nessun commento:

Posta un commento