giovedì 4 maggio 2023

L'ingegnoso hidalgo Don Chisciotte della Mancia

 XXVIII° incontro - 3 maggio 2023 - prof.ssa Marisa Baccelliere

EL INGENISO HIDALGO DON QUIJOTE DE LA MANCHA

 Don Chisciotte della Mancia è considerato non solo come la più influente opera del Siglo de Oro, ma un capolavoro della letteratura mondiale nella quale si può considerare il primo romanzo moderno. Vi si incontrano, bizzarramente mescolati, sia elementi del genere picaresco sia del romanzo epico-cavalleresco, nello stile del Amadís de Gaula o L’orlando furioso. I due protagonisti, Don Chisciotte e Sancio Panza, sono tra i più celebrati personaggi della letteratura di tutti i tempi. Con oltre 500 milioni di copie, è il romanzo più venduto della storia. 

 Consta di 2 Parti: 

la prima pubblicata nel 1605: le prime due uscite di Don Chisciotte

la seconda nel 1615: terza ed ultima uscita 

Motivazioni

Il primo fine del romanzo (parte prima), dichiarato esplicitamente nel Prologo dallo stesso Cervantes, è quello di ridicolizzare i libri di cavalleria e di satireggiare il mondo medievale, tramite il "folle" personaggio di don Chisciotte; 

in Spagna, la letteratura cavalleresca, importata dalla Francia, aveva avuto nel Cinquecento grande successo, dando luogo al fenomeno dei "lettori impazziti".

Cervantes vuole inoltre mettere in ridicolo la letteratura cavalleresca per fini personali. Infatti, egli fu soldato, combatté nella battaglia di Lepanto e fu un eroe reale (ovvero impegnato in battaglie reali in difesa della Cristianità), ma trascorse gli ultimi anni della sua vita in povertà (leggenda vuole che Cervantes trascorse gli ultimi suoi anni di vita in carcere), non solo non premiato per il suo valore, ma addirittura dimenticato da tutti.

Il primo volume fu pubblicato quando l'autore aveva 57 anni. Il successo fu tale che Alonso Fernández de Avellaneda, pseudonimo di un autore fino ad oggi sconosciuto, pubblicò la continuazione nel 1614. Cervantes, disgustato da questo sequel, decise di scrivere un'altra avventura del Don Quijote nella quale lo fa rinsavire e morire 

Prima parte 

La prima parte del romanzo è preceduta da un prologo tra l'arguto e il serio, nel quale l'autore si scusa per lo stile semplice e per la narrazione esile e "priva di citazioni".

Essa si apre con una spiegazione da parte dell'autore sul racconto che sta per farci: la vicenda non è frutto della sua immaginazione ma un resoconto contenuto in un manoscritto in arabo aljamiado dello storico Cide Hamete Benengeli, da lui ritrovato e fatto tradurre. Da questo topos parte poi la narrazione vera e propria.  

In un anonimo paese della Mancia vive Alonso Quijana/Quijada/Quesada, un hidalgo appassionato lettore di romanzi cavallereschi. Tale passione si trasforma col tempo in una vera ossessione, e giunto alla soglia dei cinquant'anni egli decide di rinnovare le gesta dei cavalieri erranti, nell'intento di aiutare i deboli e sconfiggere i prepotenti. 

Il primo capitolo tratta delle condizioni, dell'indole e delle abitudini del nobiluomo di campagna

 Incipit

“In un luogo della Mancia, il cui nome non voglio ricordare, non molto tempo fa viveva un hidalgo di quelli che hanno lance nella rastrelliera, scudi antichi, magro ronzino e cane da caccia […] Aveva in casa una governante che superava i 40 e una nipote che non arrivava ai 20” e un domestico factotum” 

Non si conosce di preciso il nome: “si dice che si chiamasse Quijada o Quesada, ma più probabilmente si chiamava Quejana”.

“Il nostro nobiluomo sfiorava l’età di 50 anni; forte di corporatura, asciutto di corpo, e di viso; si alzava di buon mattino, ed era amico della caccia [...] Negli intervalli di tempo nei quali era in ozio (ch'eran la maggior parte dell'anno), si applicava alla lettura dei libri di cavalleria con tanto gusto e tanta passione che dimenticò quasi del tutto l'esercizio della caccia ed anche l'amministrazione dei suoi beni”

Quindi la passione per la letteratura cavalleresca si trasforma a un tratto in una forma di delirio; Alonso decide quindi di farsi cavaliere errante e di andarsene armato a cavallo in giro per il mondo, facendo piazza pulita di tutte le ingiustizie, le prepotenze e i soprusi. Immagina come proprio futuro premio la corona di Imperatore di Trebisonda e così inizia a mettere in atto il suo progetto.

Come prima cosa ripulisce e rimette in sesto una vecchia armatura appartenuta ai suoi avi.

Poi si reca dal suo ronzino che gli sembra, anche se malconcio, persino superiore al leggendario Bucefalo di Alessandro Magno o Babieca del Cid Campeador e decide di chiamarlo Ronzinante, ovvero "primo fra tutti i ronzini del mondo"(4 giorni);

In seguito pensa di scegliere il proprio nome, e dopo averci pensato 8 giorni, opta per "Don Chisciotte della Mancia", un nome che pone in evidenza il suo lignaggio e onora la sua terra natale. Così come aveva fatto Amadís de Gaula. 

Ma si rende conto che manca ancora qualcosa: una dama a cui dedicare le sue imprese. La scelta ricade su una giovane contadina di cui era stato innamorato in gioventù, cui muta il nome di Aldonza Lorenzo in quello più prezioso di Dulcinea del Toboso (nombre músico, peregrino y significativo) e parte alla ventura. 

EPISODI

Osteria

Fatti tutti questi preparativi e preoccupato per i danni che può procurare al mondo tardando a partire, don Chisciotte si mette presto in viaggio. Cammin facendo si chiede come fare a battersi per nobili cause se nessuno lo aveva armato cavaliere. Il problema è risolto a fine giornata quando egli, giunto in un "nobile castello" (in realtà un'umile osteria) sottopone la questione al "castellano" (l'oste). Questi, resosi conto della pazzia del suo cliente, finge di essere un grande signore e con l'aiuto di due donzelle (che sono in realtà delle prostitute) lo arma cavaliere. All'alba, don Chisciotte lascia l'osteria felice e contento.

Andresillo

All'alba soddisfatto riparte e lungo il cammino impedisce a un contadino di frustare il pecoraio Andresillo, legato a un albero, che però, allontanatosi Don Chisciotte, prenderà una doppia razione di bastonate; 

Mercanti 

Don Chisciotte incontra un gruppo di Toledo che si reca a comprare seta a Murcia e, certo che siano cavalieri erranti, grida loro di fermarsi e di dichiarare che in tutto il mondo nessuna era più bella dell'Imperatrice della Castiglia-La Mancia, Dulcinea del Toboso. I mercanti si fanno gioco di lui e ne nasce una rissa in cui don Chisciotte, caduto malamente da cavallo, viene bastonato di santa ragione da uno stalliere. 

Ritorno a casa e seconda uscita

Stremato, è raccolto da un contadino che a dorso d'un mulo lo riporta al paese, dove la nipote e la governante erano in pensiero per la sua assenza. Il curato del paese e il barbiere, fattagli una visita, si rendono conto del suo stato e decidono di bruciargli tutti i libri di cavalleria nella speranza che guarisca. Ma don Chisciotte non guarisce e dopo quindici giorni convince Sancio Panza, un contadino del paese, di buon carattere ma non troppo "sveglio", ad andare con lui in veste di scudiero, promettendogli di farlo governatore se avessero conquistato un'isola. Nella notte, fatte le provviste, partono: Sancho sul suo asinello e don Chisciotte in sella al suo ronzino per le vie del mondo.

«Viaggiava Sancio Panza sopra il suo asino come un patriarca, colle bisacce in groppa e la borraccia all'arcione, e con un gran desiderio di diventare governatore dell'isola che il padrone gli aveva promesso.»

Mulini a vento

Sono da poco in cammino quando si vedono all'orizzonte trenta o quaranta mulini a vento, che don Chisciotte scambia per smisurati giganti coi quali vuole subito battagliare. Malgrado gli ammonimenti di Sancio egli si slancia a galoppo contro il primo mulino a vento, cadendo a terra e rimanendo piuttosto malconcio.

Caprai

In mezzo a queste avventure, Chisciotte e Sancio vengono ospitati da alcuni caprai e durante la cena il cavaliere incanta gli ospiti con un racconto sull'età dell'oro e ascolta la storia della tragica morte, per amore, di Crisostomo rifiutato da Marcela. 

Dama vizcaina

I due riprendono la strada e incontrano una comitiva costituita da due frati dell'ordine di San Benedetto, un cocchio con dentro una dama biscaglina diretta a Siviglia, quattro persone a cavallo di scorta e due mulattieri a piedi. Don Chisciotte scambia i due frati per degli incantatori e la dama per una principessa rapita e ordina loro di liberarla. Seguono altre zuffe.

Osteria di campagna

Ripreso il cammino i due arrivano a una osteria di campagna, che don Chisciotte nuovamente scambia per un castello, prendendo altresì le sguattere per delle principesse. 

Gregge

In seguito don Chisciotte incontra un gregge di pecore e montoni che gli paiono eserciti nemici arabi, i quali sottomisero la Spagna al loro dominio dal 711 al 1492, Vedendolo menare colpi agli animali con la lancia in resta, i pastori gli gridano di fermarsi; poiché questo non serve, per poco non lo ammazzano: «cominciarono a salutargli l'udito con pietre grosse come il pugno»

da questo scontro don Chisciotte perde due denti e da questo momento Sancio lo designerà come "Il Cavaliere dalla Trista Figura".

Corteo funebre

Un'altra volta capita a don Chisciotte e a Sancio di assistere a un funerale notturno; 

il cavaliere, credendo che il catafalco sia la barella di un cavaliere ferito o morto, decide di far giustizia assalendo uno dei vestiti a lutto. Gli altri, disarmati, si spaventano e scappano. Questa volta Sancio ammira veramente il valore del suo padrone e, quando il caduto si rialza, dice:

“Se mai quei signori volessero sapere chi è stato il valoroso che li ha ridotti a quel modo, vossignoria dirà che è il famoso Don Chisciotte della Mancia, il quale con altro nome si chiama il Cavaliere dalla Trista Figura” 

Barbiere

Le avventure di don Chisciotte proseguono con l'assalto a un barbiere che si recava a prestare i suoi servizi e al quale don Chisciotte toglie la catinella di rame che scambia per l'elmo di Mambrino;

Galeotti 

Spinto da un astratto spirito di giustizia il cavaliere libera alcuni prigionieri mentre vengono condotti sulle galere del re e quando vuole che prestino omaggio a Dulcinea viene preso a pietrate. 

Sierra Morena

Su consiglio di Sancio, che teme le reazioni della giustizia in seguito a questa avventura, si ritira nella Sierra Morena. Qui incontra il giovane Cardenio, folle d'amore per Lucinda che gli preferisce Fernando, che per lei ha abbandonato Dorotea. Le vicende sentimentali di queste due coppie s'intrecciano ora con quelle di Don Chisciotte, che deciso a fare penitenza nei boschi, come Amadís de Gaula, si aggira nudo tra gli alberi. 

Rimanda Sancio al paese affinché riferisca alla donzella le sue sofferenze d'amore. 

Quando il curato e il barbiere vengono a sapere da Sancio le ultime novità, riescono con un espediente a ricondurre a casa il penitente. (Dorotea finge di essere la Principessa Micomicona e chiede aiuto al cavaliere contro un gigante che minaccia il suo regno. Don Chisciotte non esita e in una locanda affronta degli otri di vino scambiati per il terribile gigante). 

La prima parte del romanzo termina con quattro sonetti in memoria del valoroso don Chisciotte, di Dulcinea, di Ronzinante e di Sancio, seguiti da due epitaffi conclusivi, a dimostrazione che Cervantes non pensava allora di pubblicare la seconda parte del Don Chisciotte.


Parte Seconda (pubblicata nel 1615) 

La seconda parte inizia con un "Prologo" al lettore, nel quale Cervantes allude al secondo Don Chisciotte, un  apocrifo scritto da un autore (probabilmente Lope de Vega) con lo pseudonimo di Alonso Fernández de Avellaneda e pubblicato nel 1614, e alle discussioni che ne erano seguite, e promette di esaurire, con questa seconda parte, tutte le avventure dell'hidalgo fino alla morte e alla sepoltura. 

Il desiderio di avventure di Don Chisciotte è rimasto immutato, ma c’è una sostanziale differenza: i protagonisti dell’opera hanno letto – nella finzione del testo – il romanzo su Don Chisciotte e quindi ne conoscono la follia. Da vittima della realtà, che non lascia spazio all’immaginazione, l’errante cavaliere diventa quindi anche vittima della malignità degli esseri umani, pronti a prendersi gioco di lui non appena se ne presenta l’occasione. 


Don Chisciotte è curato dalla sua vecchia governante e dalla nipote ma non guarisce e un giorno, all'insaputa di tutti, insieme al suo fido Sancio, prende la via per il Toboso perché don Chisciotte desidera, prima di partire per altre avventure, avere la benedizione della sua Dulcinea. Ma è molto difficile scovare questa luminosa bellezza, simbolo di tutte le perfezioni, perché il paese è tutto vicoli e casette e non si vede nemmeno un castello o una torre.

Sancio, che ha ormai capito quali sono i capovolgimenti operati dalla fantasia nel cervello di don Chisciotte, consiglia il padrone di ritirarsi nel bosco per evitare guai con gli abitanti, si offre per trovare la bellissima e si reca in paese. Al ritorno dice al padrone che tra non molto vedrà avanzare la principessa vestita in gran pompa seguita da due damigelle.

Più avanti egli incontra il Cavaliere degli Specchi che lo sfida a duello con la condizione che, chi avesse perso il duello, sarebbe stato alle condizioni del vincitore; per un imprevisto don Chisciotte vince il duello. Questo cavaliere non è altro che uno studente di Salamanca, un certo Sansone Carrasco amico di don Chisciotte, che ricorre a quel trucco nella speranza di vincere il duello per ricondurlo al villaggio, ma non ci riesce.

Un giorno incontrano il duca e la duchessa di Aragona che, avendo letto la prima parte delle avventure del Fantastico Nobiluomo don Chisciotte della Mancia, desiderano conoscere il cavaliere e ospitarlo, con Sancio, nel loro castello. I due accettano e il duca e la duchessa si divertono a prenderli in giro inscenando in un bosco una mascherata con maghi, demoni, donzelle e altri personaggi.

In seguito imbastiscono il dramma della contessa Trifaldi e delle sue dodici pulzelle che hanno il volto barbuto per un incantesimo del mago Malabruno.

Don Chisciotte dovrà affrontare il mago nel suo paese cavalcando Clavilegno, un cavallo alato che in realtà è fatto di legno ed è carico di mortaretti, cosicché, quando Chisciotte e Sancio lo cavalcano bendati, il duca dà fuoco alle polveri e i due, dopo aver fatto un gran salto in aria, cadono sull'erba. L'incantesimo è rotto. Più tardi il duca nomina Sancio governatore dell'isola di Barattaria, ma la vita è troppo complicata per il semplice scudiero che se ne ritorna dal suo padrone.

I due lasciano il castello alla volta di Barcellona e lungo la strada incontrano Sansone Carrasco, lo studente di Salamanca, che travestito da Cavaliere della Bianca Luna, lo sfida a confessare che la sua dama è più bella di Dulcinea. Il Cavaliere dei Leoni rimane allibito da tanta arroganza e accetta la sfida con il patto che chi avesse perso si sarebbe consegnato nelle mani del vincitore. Così avvenne che don Chisciotte, vinto da Carrasco, che aveva usato ancora una volta un trucco, si consegna nelle sue mani e viene finalmente ricondotto a casa. Una volta al villaggio, forse per l'abbattimento di essere stato vinto o per destino, viene colto da una improvvisa febbre che lo tiene a letto per sei giorni. Malgrado la visita degli amici, il cavaliere si sente molto triste e, dopo un lungo sonno si sveglia rinsavito e, sentendo ormai vicina la fine, rinnega le sue imprese e fa testamento col nome di Alonso Quijano detto "il Buono".

Dopo qualche giorno, tra i pianti degli amici e soprattutto di Sancio, muore.

Per la sua sepoltura furono composti molti epitaffi tra i quali quello di Sansone Carrasco:

Giace qui l'hidalgo forte

che i più forti superò,

e che pure nella morte

la sua vita trionfò.

Fu del mondo, ad ogni tratto,

lo spavento e la paura;

fu per lui la gran ventura

morir savio e viver matto.

                                                                                               Marisa Baccelliere

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