28° INCONTRO –06 maggio 2016- Ins. Domenico MAGLIONE
“La migrazione intellettuale”
Il movimento migratorio in Europa e
in Italia
Il relatore D. Maglione inizia la sua relazione
facendo un riferimento alle grandi migrazioni internazionali che raggiungono il
picco più alto alla fine del XIX e l'inizio del XX secolo, quando milioni di
persone si sono spostate dai loro paesi di origine ad un altro in cerca di un
lavoro e di un futuro per loro e le loro famiglie. La maggior parte di queste
migrazioni, per decenni, ha riguardato solo i lavoratori più poveri ed i
livelli più bassi della società. La
migrazione d’elite ha interessato solo una piccolissima minoranza. Indica i
fattori che le hanno determinate, come le crisi economiche, o le crisi
politiche e le direzioni dei flussi migratori, prevalentemente verso gli Stati
Uniti, dove si dirigono diversi milioni di europei, in cerca di miglior
fortuna.
Dopo aver fatto riferimento ai flussi migratori all’interno
dei paesi europei, passa a parlare del tema della “migrazione intellettuale”,
ovvero la “migrazione di persone
altamente qualificate che, formatesi in un paese, si trasferiscono e lavorano
in un altro”, generalmente in seguito all’offerta di condizioni migliori di
paga o di vita.
Questo tipo di
migrazione ha una storia relativamente breve e riguarda, in particolare,
lavoratori altamente qualificati, come i ricercatori. I lavoratori migranti
qualificati sono oggi principalmente i medici e il personale medico
qualificato, gli specialisti informatici, gli ingegneri; accanto a questi gli
studenti, neo laureati, imprenditori e, naturalmente, i ricercatori. L’interesse
suscitato dal tema delle migrazioni intellettuali è legato ad alcune
particolarità di tali migrazioni, che le rendono rilevanti, da un punto
di vista economico, nel processo di crescita di un paese, e dal punto di
vista antropologico e sociologico, nella trasmissione delle idee e nella
trasformazione delle culture e delle identità etniche. Tema, questo, le cui
radici risalgono all’origine della storia umana; basti pensare che la diffusione
dell’uomo sulla terra è avvenuta per migrazione, e così la diffusione della
lingua e del patrimonio genetico di ciascun gruppo umano. Da sempre lo scambio di idee, di esperienze, è stato
l’humus della cultura e della scienza, ma il dibattito sui pro e i contro della
mobilità intellettuale si è ampliato quando ci si è resi conto che la mobilità
è diventata spesso la fuga dei cervelli e la direzione dei flussi è
divenuta a senso unico: dalle zone più deboli verso i paesi più forti, da paesi
in via di sviluppo a paesi sviluppati. I paesi meno sviluppati formavano a proprie spese il personale che,
invece di aiutare la crescita economica domestica, favoriva quella dei paesi di
destinazione.
Es: tra il
1985 ed il 1990 sono espatriati non meno di 60.000 medici, docenti universitari
ed ingegneri africani: un numero enorme rispetto al totale di queste categorie
in Africa.
Vi sono motivazioni
profonde che sottendono a questo fenomeno e possono essere motivazioni di
stimolo o di freno, di carattere generale o individuale. Quando le migrazioni intellettuali hanno un carattere di circolarità,
per cui le uscite da un paese sono compensate dall’entrata di persone altamente
istruite, il fenomeno può essere letto in termini di valore aggiunto per la
crescita economica e sociale di una collettività. La visione cambia quando il
saldo tra espatri e ingressi è negativo. È questa la situazione che sembra
caratterizzare il nostro Paese. Il quadro italiano si discosta da quello
delle economie più avanzate perché mostra una minore disponibilità di posti
di lavoro ad alta qualificazione e ridotti rendimenti economici per le persone
ad elevato investimento in capitale umano. Motivi questi che rendono poco
appetibile l’ingresso di “intellettuali” nel nostro paese e che spingono tanti
giovani italiani a cercare altrove le opportunità di realizzare le proprie
aspirazioni.
D.M.
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