venerdì 7 febbraio 2020

16° incontro Musica e Filosofia

                                      MUSICA e FILOSOFIA


La filosofia è musica suprema” diceva Platone, uno dei più grandi filosofi dell’Antica Grecia, nel suo “Fedone”

La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia” dichiarava Ludwig Van Beethoven molti secoli dopo. 

Sono sufficienti queste due citazioni  per cogliere quanto il legame tra Musica e Filosofia sia stato complesso e vitale nei secoli e sia ancora oggi stimolo a  nuove riflessioni.
Musica e Filosofia, discipline apparentemente distanti, sin dalle origini si sono cercate, incontrate e sovrapposte: i filosofi hanno riflettuto sulla musica e attraverso la musica, i musicisti e i musicologi  hanno cercato nei sistemi di pensiero elaborati dalla filosofia un quadro di riferimento per la propria esperienza artistica o la propria elaborazione teorica. 

 
La musica ha, nella vita di ciascuno, una funzione vitale, sia da un punto di vista sociologico, sia da un punto di vista spirituale: essere cresciuti con un certo tipo di musica, amare un certo genere musicale e non un altro, definisce il nostro orizzonte esistenziale. La musica influisce sulle modalità attraverso cui comprendiamo e “abitiamo” il mondo, soprattutto perchè, agli eventi più importanti e significativi della nostra vita, colleghiamo sempre un motivo, un pezzo,  una melodia che si sono impressi  indelebilmente nella nostra anima.

La filosofia, è stato detto, nasce dallo stupore di fronte al mondo, e come tale è un atteggiamento innato in ogni uomo, atteggiamento che riguarda tutti noi, non solo i filosofi.

La Filosofia si costituisce come disciplina nell’ antica Grecia ( culla della nostra civiltà) ed è lì che si manifestano le prime riflessioni filosofiche sulla Musica, che in Grecia comprendeva non solo l’arte dei suoni, ma anche la poesia lirica e la danza.
  I primi grandi filosofi greci ( Pitagora, Platone, Aristotele,…)  si sono interrogati sugli effetti della musica sulle persone, cercando di determinare a quale sentimento, a quale emozione,  corrispondesse ciascuna armonia.

La parola armonia è greca, ed è impiegata, ancora oggi, in musica per definire la concordia (coaptatio) fra i suoni; ma la parola “armonia”, nel linguaggio quotidiano, rimanda anche ad ordine, bellezza, proporzionalità, felicità, bontà, naturalità, semplicità, e ad ogni concetto positivo e coerente.
Questo termine ha dunque mantenuto nei secoli, e mantiene tuttora, l’ambivalenza di termine musicale e filosofico.
 I primi filosofi si dedicarono alla classificazione tra armonie buone e cattive, tra quelle utili per una positiva catarsi dalle passioni più violente e quelle invece considerate  dannose per la salute.

 Platone si occupa della Musica in numerosi dialoghi; dalle sue opere risulta chiara la sua idea di un legame stretto tra Filosofia e Musica. Il filosofo ateniese –  nella sua città ideale - identifica nella musica la palestra dell’anima, così come la ginnastica è quella del corpo.
Più in generale, Platone ha nei confronti della musica una posizione ambivalente: da un lato la considera come strumento di elevazione spirituale dell’individuo e della collettività – dall’altro la ritiene, nelle forme strumentali che considera più volgari, come un potenziale elemento di disordine, dove la sottomissione ai piaceri prevale sulla ricerca della virtù. 

Anche Aristotele ritorna sul potere catartico della musica , considerata come una vera e propria medicina dell’anima.
Nel mondo latino di età tardo-antica ( tra il III e il VI secolo d.C.) e altomedievale (tra il 500 e il mille d.C.) la musica viene ancora considerata degno oggetto di studio, ma  solo in quanto scienza delle proporzioni e  per questo viene inserita nel quadrivium  delle arti liberali,  insieme all’Aritmetica, alla Geometria e all’Astronomia, (secondo il modello di erudizione classica rielaborato in chiave cristiana da Agostino). 

 Saltando un lungo periodo, arriviamo ad un grande Filosofo del  XIX°secolo.
 Nel pensiero di Schopenhauer (1788-1860)  la musica  non solo è l’arte dell’interiorità pura e priva di materialità, ma è anche  una vera e propria
lingua, lingua che è universale e al tempo stesso intraducibile.
Schopenhauer con un celebre paradosso afferma: Se potessimo tradurre la Musica in parole,  essa sarebbe la vera filosofia!

A partire dalla seconda metà del XIX° secolo, e ancor più nel XX° secolo, il dibattito sulla Musica non è più patrimonio esclusivo dei filosofi e anzi, compositori e critici musicali si espongono  in prima linea nel dibattito attorno alla  domanda: Può la musica esprimere emozioni e significati? 
 Oggi  la musica ha raggiunto  livelli di diffusione senza precedenti;  pensare la musica nel mondo globalizzato, pensare la musica nel contesto delle nuove tecnologie, pensare la musica nella sua interazione con altre arti,  sono solo alcuni dei sentieri che i filosofi della musica stanno percorrendo e dovranno percorrere nel prossimo futuro. 

 Nel Novecento le tradizionali questioni dell’estetica musicale non sono  più patrimonio esclusivo della speculazione dei filosofi, ma diventano oggetto d’indagine e discussione di scienziati, antropologi, sociologi e molti altri, ma un ruolo di primo piano è ormai stabilmente detenuto dai compositori. 

 Negli ultimi decenni, la cosiddetta New Musicology  ha ricordato l’impronta fondamentale che la biografia dell’autore ha sulle scelte che danno forma alla sua opera,  considerando la Musica capace di esprimere significati attraverso l’interazione con il contesto storico e culturale di chi produce musica e di chi la ascolta.  
…e qui ci colleghiamo direttamente al tema della serata ed al pensiero del nostro filosofo-musicista…

Quando ho proposto “Musica e Filosofia” come tematica della nostra serata, ho avuto una reazione entusiastica da parte delle amiche e degli amici che frequentano L’UNITRE; questa reazione positiva è dovuta al tema particolarmente affascinante, ma è dovuta anche al nostro relatore, che molti già conoscono come professionista competente e come oratore particolarmente accattivante.

Rocco Mentissi è intervenuto nella doppia veste di Filosofo e Musicista.
Egli è Docente di Filosofia in una della scuole più prestigiose della nostra regione, il Liceo Classico di Potenza, ma è anche una eccellenza della Musica lucana.
E’ Maestro compositore, apprezzato anche fuori dai confini regionali.
Ha tenuto numerosi concerti per pianoforte in diverse sedi:  dal Teatro Stabile a Potenza, al Conservatorio Duni di Matera, fino al Palacongressi  Oltremare e al Maschio Angioino a Napoli, al Teatro San Carlo di Modena  e ad altre prestigiose location nel resto d’Italia.
Dirige anche la banda musicale di Tolve, fondata dal Padre, anch’egli musicista.
Nel  2018, al culmine di un lungo percorso musicale, ed a 4 anni di distanza dal suo primo album che si intitola “TraMe”, viene la pubblicazione di “PAIS”, composizione musicale in cui, a detta dello stesso Autore, l’ingrediente principale è la Lucanità,  l’essere lucano.
“Il musicista, dice Rocco, è tutt’uno con la terra d’origine, ne è la manifestazione, assorbe il paesaggio con i suoi ritmi e colori e li traduce in suoni e note. Senza radici non cresce nulla, ma le radici sono tristi senza fiori. Il passato da solo non basta, bisogna tendere al futuro e all’innovazione;  le tradizioni, dunque,  vanno ripensate e riscritte”.
L’album “PAIS” è un  progetto che parte dal passato, ma che si rivolge al futuro.
“PAIS “ in greco, la lingua dei primi filosofi, significa “fanciullo”; nel nostro dialetto, invece, “PAIS” indica il paese. Due dimensioni che si intrecciano: quella cronologica (con le tre età della vita) e quella spaziale ( con il paese, i luoghi di vita); il fanciullo simboleggia l’uomo del futuro,  il paese è simbolo di una città in evoluzione, un borgo che nasce, cresce e si espande, diventando una realtà sempre più ampia, sia dal punto di vista urbanistico, che demografico e sociale.
La fanciullezza, che il nostro pianista racconta con la sua musica, è la metafora di una vita che sboccia, non solo quella dell’uomo, ma anche quella dei nostri piccoli paesi, come Tolve, come Oppido…

In conclusione di serata Rocco ci ha declamato “La pioggia nel pineto”, una delle liriche più conosciute e più apprezzate di Gabriele D’Annunzio, un componimento poetico che rende l’idea di una composizione sinfonica.  Il linguaggio poetico traduce in parole i suoni della natura descrivendo con particolare maestrìa i suoni prodotti dalla pioggia, dagli alberi, dagli animali, attraverso  l’utilizzo di parole che rendono l’idea di musicalità e di sonoro: vengono riprodotti i suoni che rimandano  allo scroscio della pioggia, al canto delle cicale, al verso della rana nel momento stesso in cui smette di piovere.
E con le immagini evocative della poesia si conclude una serata ricca di suggestioni e spunti di riflessione, su cui potremo tornare a discutere.

                                                                                  M.R.C.

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