lunedì 28 ottobre 2019

2° Incontro - 16/10/2019 - Antonio CALABRESE " Sciame arra Fentane"

2° Incontro - 16/10/2019 - Antonio CALABRESE
" Sciame arra Fentane"

" Sciame arra fentane" ha voluto intitolare la sua breve relazione il nostro socio Antonio Calabrese, per evidenziare come nel passato, quando ancora non vi era l'acquedotto pubblico, il lavoro per approvvigionarsi di acqua era tra i più gravosi, soprattutto per le donne.
L'introduzione alla relazione di Antonio è stata svolta dal Prof. Vincenzo Guglielmucci, che ha ricordato la fatica dei nostri antenati per il duro lavoro nei campi ed i disagi per la scarsità di acqua, soprattutto nelle campagne durante gli estenuanti lavori nei  mesi estivi; qualche volta, esaurite le scorte portate dal paese, si ricorreva a malsane pozzanghere di acqua piovana.
A Genzano fu di grande sollievo la Fontana  Cavallina costruita con il concorso popolare, in un'area alla periferia del paese prima adibita ad immondezzaio. Oltre ad aver svolto l'importante compito di rifornire di acqua il paese, è attualmente luogo di socializzazione e se ne ammira la bellezza architettonica.
Vincenzo ha raccontato poi come egli si reca spesso sul Monte Belvedere ( che non a caso ha questo bel nome) e si incanta ad ammirare il meraviglioso paesaggio della vallata che degrada fino alla pianura, con le varie contrade dell'agro di Oppido, confinanti con quelle di Genzano, di Irsina e di Tolve. 
Volgendo lo sguardo alle spalle, il paesaggio è completamente diverso, con l'ampia corona delle colline.
E' questo lo scenario nel quale si consumavano le opere e i giorni, le esistenze di uomini e donne, i nostri antenati.
Prende quindi la parola Antonio: egli inizia ricordando come la giornata per i contadini iniziava prima dell'alba. Dovevano trovarsi sul pezzo di terra da lavorare appena fatto giorno; spesso ci si recava a piedi portando la zappa o altri attrezzi da lavoro ed il magro pasto per tutta la giornata,
Pochi erano i fortunati possessori di un mulo o di un asino.
Quando l'appezzamento da lavorare era troppo lontano dal paese, si pernottava in campagna e si riposava in un pagliaio o altro locale di fortuna. La provvista di cibo doveva essere sufficiente per il tempo di permanenza in campagna ed essere difeso dai topi e da altri animali.
Si dissodava il terreno già dal mese successivo alla mietitura, si seminava poi con la speranza di ottenere un buon raccolto e che le avversità atmosferiche non vanificassero le loro fatiche. Non sempre era una buona annata e allora bisognava presentarsi dal signorotto padrone del terreno per supplicarlo di rinviare all'anno successivo il pagamento del fitti; richiesta che difficilmente veniva accolta, Si prospettava allora una invernata difficile per tutta la famiglia.
Per molti la soluzione era l'emigrazione verso le Americhe.
Antonio ha dedicato molta parte della sua relazione al problema dell'approvvigionamento di acqua per uso alimentare, per il lavaggio dei panni, per abbeverare il bestiame.
Intorno al paese vi erano tre fontane di buona acqua sorgiva: la Fontana Vecchia, la fontana di Pezzèdde e la fontana di La Mèdeche. Qui le donne dovevano recarsi per attingere l'acqua portandosi " sicchije, varricchije,cicene e fiasche" e mettendosi in fila se altre erano arrivate prima. Si andava soprattutto di sera, dopo una giornata di estenuante lavoro o la mattina presto prima dell'inizio di altre gravose incombenze. La stanchezza, l'urgenza di fare presto, la noia dell'attesa, erano causa di frequenti litigi e qualche volta al passaggio alle vie di fatto e con possibile rottura dei recipienti.
Le due relazioni sono state seguite con molto interesse dai numerosi presenti.
                                                                                                                                    G.D.F.






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