18° INCONTRO –24 MARZO 2016- Prof. Rocco BASILIO
Dante:
Divina Commedia, Inferno, Canto 26°
Lettura
e commento
Il prof. Rocco Basilio ha letto e commentato il 26°
canto dell’Inferno dantesco, appassionando l’uditorio che ha seguito con la
massima concentrazione. Siamo nell’ottava bolgia, nell’ottavo cerchio
dell’Inferno che è dedicato ai “fraudolenti”, le cui anime sono
avvolte da una fiamma perpetua. Il canto si apre con un’invettiva di Dante contro Firenze che
predice la
punizione che subirà la sua città. Dante nota delle fiammelle,
paragonate alle lucciole che vede il contadino che si riposa la sera d’estate:
sono le anime dei peccatori, condannate al rogo eterno. Il poeta scorge una
fiamma doppia e chiede spiegazioni a Virgilio: sono Ulisse e Diomede,
puniti insieme per tre peccati comuni, l’inganno del cavallo di Troia,
il furto
del Palladio di Troia e la scoperta di Achille,
travestito da donna per non andare in guerra. Ma Ulisse si trova qui per
scontare la sua colpa che consiste nell’aver trascinato la “compagnia picciola”, come Dante chiama i
compagni di viaggio dell’eroe greco, nel suo “folle volo” cioè aver
attraversato le colonne d'Ercole, limite invalicabile dell'uomo. La colpa di
questi dannati è legata alla conoscenza e, soprattutto, all’uso della parola
per tessere inganni per cui il loro peccato è di natura intellettuale, di
superbia intellettuale. Ulisse e Diomede scontano, infatti, la colpa per una
serie di imbrogli che avevano ordito attraverso un uso sapiente del linguaggio.
Ulisse racconta così la sua ultima avventura, che non è tramandata dalla
tradizione classica dell'Odissea (che Dante non conosceva direttamente), ma da
una tradizione secondaria medievale.
Il Prof. Basilio pone un parallelismo tra il
viaggio di Ulisse, che con i suoi compagni si dirige sulla "picciola nave" verso la montagna del Purgatorio e il
viaggio di Dante, che si sta recando proprio al Purgatorio. In particolare Virgilio spiega
che le anime dei condannati, in questo caso, sono avvolte all’interno di una
fiamma e che questa fiamma interrogata da Virgilio, in realtà, ha due anime,
due corpi che simboleggiano i corpi di Ulisse e Diomede. Dante, desideroso di
parlare con i due antichi eroi greci, insiste per cinque volte con Virgilio che
gli promette di rivolgere loro egli stesso delle domande, purché taccia. Virgilio
si pone, quindi, da interprete tra Dante e le due figure epiche.
La fiamma più grande, Ulisse, si muove e dal fuoco
cominciano a uscire delle parole. Ulisse inizia il racconto sui suoi ultimi
anni di vita: una volta tornato in patria, l’eroe fu preso dal desiderio di
compiere un
nuovo viaggio; si rimette quindi in mare con i suoi compagni
fino a giungere alle Colonne d’Ercole (l'attuale stretto di
Gibilterra), dove era posto il limite invalicabile delle terre conosciute.
Ulisse, convinti i compagni con un appassionato discorso, supera le
Colonne. Dopo mesi di viaggio l’eroe e il suo seguito giungono in vista di un’isola,
che si capirà poi essere la montagna del Purgatorio.
quando
n'apparve una montagna,
bruna per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto
veduta non avëa alcuna.
Noi ci
allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la
nova terra un turbo nacque
e
percosse del legno il primo canto.
Tre volte
il fé girar con tutte l'acque;
a la
quarta levar la poppa in suso
e la
prora ire in giù, com' altrui piacque,
infin che
'l mar fu sovra noi richiuso».
Il numeroso pubblico presente ha seguito con interesse la narrazione delle vicende ed alla fine ha ringraziato l'oratore con un caloroso applauso.
D.M.
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