sabato 2 aprile 2016

18° INCONTRO –24 MARZO 2016- Prof. Rocco BASILIO
Dante: Divina Commedia, Inferno, Canto 26°
Lettura e commento

Il prof. Rocco Basilio ha letto e commentato il 26° canto dell’Inferno dantesco, appassionando l’uditorio che ha seguito con la massima concentrazione. Siamo nell’ottava bolgia, nell’ottavo cerchio dell’Inferno che è dedicato aifraudolenti”, le cui anime sono avvolte da una fiamma perpetua. Il canto si apre con un’invettiva di Dante contro Firenze che predice la punizione che subirà la sua città. Dante nota delle fiammelle, paragonate alle lucciole che vede il contadino che si riposa la sera d’estate: sono le anime dei peccatori, condannate al rogo eterno. Il poeta scorge una fiamma doppia e chiede spiegazioni a Virgilio: sono Ulisse e Diomede, puniti insieme per tre peccati comuni, l’inganno del cavallo di Troia, il furto del Palladio di Troia e la scoperta di Achille, travestito da donna per non andare in guerra. Ma Ulisse si trova qui per scontare la sua colpa che consiste nell’aver trascinato la “compagnia picciola”, come Dante chiama i compagni di viaggio dell’eroe greco, nel suo “folle volo” cioè aver attraversato le colonne d'Ercole, limite invalicabile dell'uomo. La colpa di questi dannati è legata alla conoscenza e, soprattutto, all’uso della parola per tessere inganni per cui il loro peccato è di natura intellettuale, di superbia intellettuale. Ulisse e Diomede scontano, infatti, la colpa per una serie di imbrogli che avevano ordito attraverso un uso sapiente del linguaggio. Ulisse racconta così la sua ultima avventura, che non è tramandata dalla tradizione classica dell'Odissea (che Dante non conosceva direttamente), ma da una tradizione secondaria medievale.
Il Prof. Basilio pone un parallelismo tra il viaggio di Ulisse, che con i suoi compagni si dirige sulla "picciola nave" verso la montagna del Purgatorio e il viaggio di Dante, che si sta recando proprio al Purgatorio. In particolare Virgilio spiega che le anime dei condannati, in questo caso, sono avvolte all’interno di una fiamma e che questa fiamma interrogata da Virgilio, in realtà, ha due anime, due corpi che simboleggiano i corpi di Ulisse e Diomede. Dante, desideroso di parlare con i due antichi eroi greci, insiste per cinque volte con Virgilio che gli promette di rivolgere loro egli stesso delle domande, purché taccia. Virgilio si pone, quindi, da interprete tra Dante e le due figure epiche.
La fiamma più grande, Ulisse, si muove e dal fuoco cominciano a uscire delle parole. Ulisse inizia il racconto sui suoi ultimi anni di vita: una volta tornato in patria, l’eroe fu preso dal desiderio di compiere un nuovo viaggio; si rimette quindi in mare con i suoi compagni fino a giungere alle Colonne d’Ercole (l'attuale stretto di Gibilterra), dove era posto il limite invalicabile delle terre conosciute. Ulisse, convinti i compagni con un appassionato discorso, supera le Colonne. Dopo mesi di viaggio l’eroe e il suo seguito giungono in vista di un’isola, che si capirà poi essere la montagna del Purgatorio.

quando n'apparve una montagna,
bruna per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.

Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com' altrui piacque,

infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

Il numeroso pubblico presente ha seguito con interesse la narrazione delle vicende ed alla fine ha ringraziato l'oratore con un caloroso applauso.
D.M.

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