lunedì 14 marzo 2016

19° INCONTRO –02 marzo 2016 Prof. Giuseppe DE BONIS
“I Longobardi: il secondo popolo germanico in Italia”

         Il Prof. Giuseppe De Bonis ha tenuto una relazione sui  Longobardi, il secondo popolo germanico disceso in Italia.
“La vicenda storica dei Longobardi è difficile da definire per due motivi: 1. l’inizio della storia dei Longobardi è avvolta dal mistero delle loro origini e della loro lingua (forse appartenevano al gruppo dei Germani dell’Elba); 2. la loro storia si svolge in gran parte nella penisola italica in un periodo confuso, in cui l’Italia era diventato un territorio conteso da vari poteri forti e i Longobardi si trovarono schiacciati da una serie di eventi che portarono alla loro scomparsa.
I Longobardi, provenienti dalla Pannonia (tra Austria e Ungheria), giunsero in Italia nel 568, guidati da re Alboino, al termine della dominazione degli Ostrogoti di Teoderico, in un momento in cui l’Italia era contesa tra Occidente e Oriente, era sede della Chiesa di Roma, di ciò che rimaneva dell’Impero romano d’Occidente e dell’Impero romano d’Oriente ed era già stremata da guerre e pestilenze. L’immagine dei Longobardi come distruttori e invasori dipende da quanto ci è riferito da voci autorevoli come quella di papa Gregorio Magno: “nel 568, giunsero i Longobardi feroci, che abbattevano uomini come il mietitore le spighe, che cambiarono il volto dell'Italia […] Non so quello che capita altrove, ma in Italia la fine del mondo è tutt'altro che prossima: è già avvenuta”  (Dialogi, II.27 e III.38).
L’invasione dell’Italia non fu subitanea, né completa: i Longobardi furono contrastati dai Bizantini e riuscirono a impadronirsi solo del nord (Friuli, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia) e della Toscana. Nel sud formarono i ducati di Spoleto e Benevento, separati da un ‘corridoio’ bizantino che univa il Lazio alla Romagna.
Nella fase iniziale, la migrazione in Italia dei Longobardi si configurò come un’operazione militare più che come un progetto politico, ma poiché i corpi dell’esercito corrispondevano a nuclei tribali, le farae (questo è il nome degli avamposti militari e abitativi dei Longobardi), indirizzati alla conquista di punti strategici, essi divennero il punto di partenza per colonizzazioni stabili. Nel corso degli anni, tali avamposti militari divennero ducati e parte integrante di un vero e proprio Regno Longobardo, che dovette sempre misurarsi con la Chiesa di Roma, con Bisanzio e con i Franchi, difensori del papa.
Dopo i governi di Alboino, Autari, Agilulfo, nel VII secolo, sotto re Rotari, i Longobardi conquistarono la Liguria e stabilirono la capitale del regno a Pavia. A Rotari si deve il noto Edictum Rothari (643), una raccolta delle leggi della tradizione germanica scritta completamente in latino, frutto dell’influenza culturale romano-latina sui Longobardi. Tale documento raccoglie numerose parole germaniche latinizzate, come gastaldi, faida e altre, che sono entrate nel lessico italiano.
Il dominio longobardo in Italia durò due secoli, fino a quando Carlo Magno con la conquista di Pavia (744) pose fine al regno longobardo, guidato, negli ultimi anni, da alcune sfortunate scelte politiche degli ultimi due re longobardi, Liutprando e Desiderio.
Le fonti più autorevoli che narrano la storia e descrivono le tradizioni dei Longobardi sono la Historia Langobardorum di Paolo Diacono e l’Edictum Rothari, entrambi in latino. Nonostante questo popolo germanico sia scomparso molto presto dalla storia d’Italia senza lasciare documenti diretti della propria lingua, l’Italia e alcuni dialetti italiani conservano alcune tracce linguistiche della presenza longobarda. Parole come ‘fara’ (gruppo migrante) e ‘sala’ (corte, fattoria) in nomi di luoghi come ‘Fara Sabina’ e ‘Sala Consilina’, termini giuridici come ‘guidrigildo’, ‘faida’, termini comuni come ‘zaffo’ (tappo per le botti), ‘panca’, ‘milza’, ‘chiascione’ (da ‘plaio’) sono tutti di origine longobarda e sono prova della loro presenza in Italia”.
La serata si è conclusa con domande e curiosità rivolte all’oratore e con un applauso finale.
G. D. B.


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