29° Incontro - 22/05/2019 - Prof. Antonio Maria
Cervellino
"Alla scoperta dell'artista Giuseppe De
Felice” ( 1922-2015)
Il Presidente ha introdotto la serata accennando
brevemente ai movimenti artistici che si sono succeduti in Europa a partire
dall'Impressionismo e poi, nel ventesimo secolo, tra le molte altre correnti:
il Cubismo, l'Espressionismo, il Futurismo, il Neo-realismo, descritte
mostrando alcune immagini di opere, e tante altre.
Una introduzione resa necessaria per inquadrare
meglio l'opera dell'artista del quale parlerà stasera il Prof. Cervellino e
che, nella sua lunga carriera ha assorbito le esperienze di tanta arte
pittorica.
Ha preso quindi la parola il Prof. Cervellino,
artista poliedrico egli stesso, che ha ricordato l'amicizia con il pittore De
Felice fin dai loro anni giovanili ad Oppido.
Nelle passeggiate lungo la tortuosa scalinata che
conduce alle Grotte di Sant'Antuono e in altri posti caratteristici del paese,
osservavano la natura e il paesaggio, ammiravano il variare dei colori e della
luce. Argomento delle appassionate discussioni era l'Arte che poi avrebbero
coltivato per tutta la vita.
Nell'angusta vita paesana dell'epoca si sentivano
isolati e in parte guardati con sospetto. La piccola borghesia, i proprietari
terrieri, i pochi professionisti che si riunivano nel loro circolo esclusivo,
la "Casina", non accordavano il riconoscimento sociale ai due giovani
che non perseguivano il raggiungimento della laurea come unico scopo dei loro
studi, ma si attardavano in attività che non avrebbero consentito loro alcun
guadagno.
De Felice, completato gli studi presso l'Accademia
di Belle Arti di Napoli, e ritornato per pochi anni in paese inizia la sua
attività artistica eseguendo ritratti dal vero: è esposto qui quello del
vecchio contadino, non completato.
In questo periodo egli è assorbito dallo studio
del viso umano, come specchio dell'anima. Altri esempi di questo interesse sono
due quadri di cui sono esposte qui le fotografie: l’Orfano di guerra, esposto a
Napoli nella Mostra Nazionale d'Arte nel 1950 ed un altro ritratto di
contadino.
Ritorna a Napoli e poi a Milano, dove continua la
sua attività di pittore, come ritrattista ma anche sperimentando soggetti e
tecniche diverse ancora di carattere figurativo.
Per alcuni anni è alle dipendenze della
Sovrintendenza alle Antichità della Lombardia, dove è incaricato del restauro
di reperti archeologici pre-romani rinvenuti intorno a Como, esposti poi in una
mostra in questa città.
Partecipa alla sistemazione, al Castello Sforzesco
di Milano, della sezione dedicata alla scultura antica ed esegue interventi
sulla statua della Pietà Rondanini di Michelangelo. Quest'ultimo lavoro sarà
sempre motivo di orgoglio dell'artista: aver messo le mani su di un'opera del
sommo Michelangelo.
Ritornato alla pittura, abbandona l'arte
figurativa ed inizia il lungo periodo dell'astrattismo.
I suoi quadri vengono esposti alla Galleria
Vitruvio di Milano ed il critico che lo presenta, Gino Traversi, così si
esprime:"...Ora è la materia, con le sue segrete ed affascinanti
strutture, che polarizza l'interesse dell'artista. Non riteniamo trattarsi d'un
radicale atto di sfiducia verso l'uomo, bensì del desiderio di armonia, di
purezza che la materia, nella sua primordiale innocenza e nello splendore delle
apparenze formali e cromatiche, può assecondare in chi l'indaga con occhio
attento ed amorevole. Il punto di forza di questo linguaggio...è certo il
colore trattato con singolare sensibilità ed eleganza; ma non è difficile
riconoscere nella complessità di questi dipinti una ricerca spinta nell'intimo
della materia per poterla restituire quasi in un empito di religiosa aderenza
all'essere delle cose."
Nella sala è stata allestita una mostra dei quadri
dell'artista, molto ammirati dai presenti.
G.D.F.
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